A Varsavia reso noto il comunicato della Commissione storica dell'episcopato polacco
sulla presunta collaborazione con il passato regime comunista, di sacerdoti poi diventati
vescovi
“Non più di una ventina tra gli attuali 132 vescovi polacchi, ai tempi del regime
comunista, sono stati registrati come persone contattate dai servizi di sicurezza
(Sb), e solo uno è stato registrato come agente dei servizi”. E’ quanto afferma in
un comunicato ripreso dall'Agenzia Sir, la Commissione storica dell’episcopato polacco
reso noto ieri a Varsavia dal portavoce della Conferenza episcopale mons. Jozef Kloch.
Il comunicato informa che alcuni altri sacerdoti che oggi fanno parte dell’episcopato
sono stati annoverati dagli agenti Sb come “candidati a collaboratori”, ma sottolinea
che “tale registrazione non può in alcun modo sottintendere una forma di collaborazione
con gli organi di sicurezza della Polonia comunista, in quanto era una forma di repressione”.
La Commissione che nel corso degli ultimi mesi ha analizzato gli archivi dei servizi
custoditi presso l’Istituto di memoria nazionale (Ipn), sottolinea che “il materiale
conservato e messo a disposizione della Commissione relativo ai sacerdoti poi nominati
vescovi è incompleto e disorganico. Il comunicato fa inoltre presente che “nei confronti
di altri membri dell’episcopato polacco, tuttora in vita, non vi è ragione alcuna
per parlare di una qualsiasi forma di collaborazione”. La commissione prevede di ultimare,
entro il 2007, il rapporto complessivo, riguardante tra l’altro “le premesse ideologiche
del marxismo nei confronti della religione, i meccanismi atti a eliminare la Chiesa
cattolica dalla Polonia da parte del potere politico comunista, dimostrando il ruolo
ed i comportamenti dei sacerdoti in difesa dei valori spirituali e nazionali, negli
anni 1945-1989”.(R.P.)