Oggi la conclusione a Roma dell'Incontro europeo dei docenti universitari: il commento
del cardinale Péter Erdő
Si chiude questa sera a Roma l'incontro europeo dei docenti universitari sul tema
"Un nuovo umanesimo per l'Europa", promosso dal Consiglio delle Conferenze Episcopali
d'Europa (CCEE). Ieri il Papa, incontrando i partecipanti al Convegno, aveva sottolineato
come, in un' Europa segnata attualmente da "una certa instabilità sociale e da una
diffidenza di fronte ai valori tradizionali”, la promozione di un nuovo umanesimo
richieda "una chiara comprensione di cosa significhi realmente la modernità". Ma quali
sono le condizioni indispensabili, nella relazione tra fede e scienza, per promuovere
un nuovo umanesimo? Marta Vertse, del programma ungherese della nostra emittente,
lo ha chiesto al cardinalePéter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest
e presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa:
R. –
E’ chiaro ormai che la fede e la scienza si presuppongono, hanno bisogno l’una dell’altra,
e che l’uomo come essere umano non è soltanto oggetto di una ricerca nel campo delle
scienze naturali, ma che il vero umanesimo richiede una visione completa dell’uomo
e una visione completa dei valori. I valori non sono un oggetto, come una macchina,
ma esprimono una relazione. Anche quando cerchiamo il senso delle cose, delle diverse
azioni o dei diversi comportamenti, il valore e il senso si determinano mediante una
relazione. Questo senso e questo valore provengono dalla loro relazione con Dio stesso
Creatore, che con la Sua volontà e con il Suo amore dà appunto uno scopo, una destinazione
all’universo e all’umanità. In questo contesto, l’umanesimo cresce e il quadro che
abbiamo sull’uomo è completo, alla luce della persona di Gesù Cristo, che ha mostrato
tutta la verità sull’uomo. Quindi, dalla persona di Gesù Cristo conosciamo chi siamo
noi esseri umani. Così le singole discipline e la nostra fede si integrano e l’armonia
tra le scienze e la fede può contribuire di più all’umanizzazione della vita dell’umanità
e delle singole società, specialmente qui in Europa.
D.
– Eminenza, il Santo Padre nel suo discorso ha fatto un accenno al processo di Bologna.
Le università cattoliche come possono contribuire a questo processo che comprende
tutto il continente?
R. – Prima di tutto, tutte le
aree geografiche del mondo hanno ormai un sistema comune per il riconoscimento dei
diplomi, che è un bisogno assoluto e una conseguenza della globalizzazione dell’economia
e della scienza. D’altra parte, il processo di Bologna offre un’opportunità per riflettere
sul contenuto del nostro insegnamento, sulla sua completezza. E’ risultato chiaro
anche durante i discorsi e le conferenze di queste giornate che nelle università non
basta badare alle formalità, al modo in cui si insegna, alla struttura dei crediti
e così via, ma al contenuto. Quindi, nel quadro del processo di Bologna, diviene possibile
un maggiore scambio di valori, di contenuti scientifici anche tra le università. E
sotto questo aspetto anche le università cattoliche hanno una grande opportunità per
dare il loro contributo all’insieme del pensiero europeo.