2007-06-23 15:03:51

Dopo lunghi negoziati, il Vertice UE trova l'accordo per riformare il Trattato costituzionale


Il Consiglio europeo ha trovato l’accordo sul futuro dell’Unione per una maggiore efficienza e per far ripartire il processo di allargamento. Ad annunciarlo, stamani all’alba, il cancelliere tedesco Angela Merkel, esausta ma soddisfatta dell’intesa che più volte ha rischiato di fallire per l’intransigenza della Polonia. “C’è una grande opportunità - ha detto - per avere un nuovo Trattato in vigore nel 2009” al posto dell’ormai naufragata Costituzione comunitaria. Da Bruxelles, Giovanni Del Re:RealAudioMP3


Un accordo preceduto da un lunghissimo summit più volte sul punto di fallire, soprattutto per la posizione polacca, apparsa intransigente fin quasi alla fine. Il nocciolo era il sistema della votazione, in seno al Consiglio, basato sulla doppia maggioranza, che da prima la Polonia rifiutava seccamente. Alla fine, dopo varie minacce di veto da Varsavia, grazie anche alla mediazione del presidente francese, Nicolas Sarkozy, è passata una complicata formula, che praticamente rinvia il nuovo sistema di voto al 2017. Per il resto sono mantenute le principali riforme previste dal defunto trattato costituzionale, come la presidenza fissa dell’Unione, la personalità giuridica dell’UE, il carattere vincolante della Carta dei Diritti. Inoltre, vi è un alto rappresentante per la politica estera che sarà anche vice presidente della Commissione. Molte concessioni, tuttavia, sono state fatte dalla presidenza tedesca alla Gran Bretagna. Così Londra è esentata dall’applicazione della Carta e in vari settori si guarda anche alla giustizia. In più, per accontentare l’Olanda è stato rafforzato il potere dei parlamenti nazionali, aumentando il loro potere di chiedere alla Commissione Europea una revisione di bozze e di direttive. Adesso la Conferenza intergovernativa dovrà trasformare in un vero e proprio trattato tutti questi contenuti sotto la presidenza portoghese, che inizia il primo luglio, probabilmente entro ottobre. (Da Bruxelles, per Radio Vaticana, Giovanni Del Re, AKI)

Ma si può veramente parlare di successo del summit europeo dopo l’accordo a Bruxelles, che potrebbe entrare in vigore solo tra 10 anni? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Federico Eichberg, esperto di questioni internazionali presso la Commissione del Parlamento europeo:RealAudioMP3


R. – E’ un accordo in linea con le ambizioni mostrate dalla Germania in questo semestre - ricordiamo – sia sul clima al G8, sia sulle riduzioni di emissioni legate al settore energetico ed in occasione del Consiglio di primavera. Un successo, perché rimette in moto una macchina che si era arenata dopo il referendum francese ed olandese e che, in qualche misura, sembra ricompattare le ambizioni e dare una veste istituzionale al cammino europeo.

 
D. – Chi esce vincitore da questo vertice?

 
R. – Escono vincitori i Paesi con spirito costruttivo. Ovviamente, è inclusa la presenza tedesca e ovviamente la Francia. Escono vincitori anche i dieci dell’allargamento e, successivamente, Romania e Bulgaria, perchè hanno mostrato comunque interesse a far sì che un meccanismo, segnato da limiti dopo l’allargamento, possa invece continuare a funzionare.

 
D. – Possiamo dire che l’Unione Europea si avvia veramente a diventare un super Stato, a questo punto?

 
R. – Indubbiamente, il processo di integrazione e il processo istituzionale sono due processi paralleli. Quindi, il processo integrativo andrà avanti, a mio avviso, sempre di più nell’ambito di cooperazioni rafforzate in campi specifici. Il processo istituzionale, in qualche misura, lo segue; per cui crescerà in quei campi, soprattutto a livello internazionale, in cui ci sarà più bisogno. Invece, su altri, a mio avviso, si andrà progressivamente verso un disimpegno, perché c’è stato un sovraccarico istituzionale, rispetto a quello che invece è il cammino integrativo. Non credo, quindi, che nascerà un super Stato. Nasceranno delle istituzioni forti in quei campi dove l’Unione Europea vuole essere forte; invece, si creerà un maggior decentramento a livello di Stati o, addirittura, a livello di regioni, in quei campi in cui l’Unione ha meno competenze e meno esigenze istituzionali.







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