Al via a Bruxelles il vertice dell'UE: intervista con mons. Aldo Giordano
Un vertice che dovrà segnare lo sblocco dell’impasse istituzionale in cui si trova
l’Unione Europea da almeno due anni. E’ quello che si apre oggi pomeriggio a Bruxelles,
che nelle previsioni appare come uno dei più difficili summit degli ultimi anni. Il
servizio di Giovanni Del Re: Una
cosa è chiara: il Trattato costituzionale, affondato dai referendum in Olanda e in
Francia nel 2005, è definitivamente morto. Nella proposta della presidenza tedesca
sparisce infatti il nome stesso di “Costituzione”, si ricorre al metodo tradizionale
degli emendamenti ai vecchi trattati, scompaiono i simboli come l’inno e la bandiera
che qualcuno temeva somigliassero troppo a quelli di uno Stato. Ma per il resto, la
presidenza tedesca, sostenuta dalla stragrande maggioranza degli Stati membri, cerca
di preservare almeno la sostanza della vecchia Costituzione. Così, nella sua proposta
si mantiene la presidenza fissa per due anni dell’Unione che assume finalmente personalità
giuridica; si rafforza la politica estera comune e, inoltre, Berlino e con essa quasi
tutti gli Stati membri, propone di mantenere il complicato sistema della doppia maggioranza
per i voti nel Consiglio UE, e cioè il 55 per cento degli Stati che deve corrispondere
ad almeno il 65 per cento della popolazione. Una formula complessa su cui, dopo notti
insonni, i 27 leader si erano finalmente accordati nel giugno 2004. Su questo, per
ora sta bloccando la Polonia che ha chiesto un nuovo sistema di computo, sostenuta
in questo dalla sola Repubblica Ceca. Finora, Varsavia ha minacciato il veto anche
se ieri sono giunti segnali più distensivi dal governo polacco. Del resto, problemi
giungono anche dalla Gran Bretagna, contraria alla personalità giuridica, all’estensione
del voto a maggioranza ad altre materie e soprattutto al carattere vincolante della
Carta dei diritti. E l’Olanda chiede più poteri ai parlamenti nazionali e più limitazioni
alle competenze dell’UE. Sarà, insomma, una difficile quadratura del cerchio: si preannuncia
un vertice che potrebbe prolungarsi almeno fino a sabato. (Da Bruxelles, per la Radio
Vaticana, Giovanni Del Re, AKI)
A Bruxelles il vertice europeo dovrebbe
dunque decidere come riformare il Trattato. Ma si può in realtà parlare ancora di
futuro per il Trattato costituzionale? Luca Collodi lo ha chiesto a mons.
Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali
d'Europa:
R. -
Certamente è una domanda difficile, le posizioni sono molto diversificate. C’è chi
sostiene e spera che il Trattato attuale possa essere riproposto, altri che parlano
di un Trattato riformato o di un Trattato ridotto e quindi è difficile dire quale
sarà il futuro del Trattato. E’ già interessante che si sia ripresa seriamente la
discussione. Ci sono alcuni nodi molto cruciali: uno è il nodo della seconda parte
del Trattato, la parte dedicata alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
L’Inghilterra, ad esempio, non vorrebbe che questa parte avesse un carattere vincolante,
quindi ci si domanda se questa parte resterà nel Trattato; c’è la grossa questione
di instaurare un Ministero degli Esteri per far pesare l’Europa nel campo internazionale
soprattutto; ci sono altre questioni che interessano molto i Paesi dell’Est come
la Polonia o la Repubblica Ceca, che è il peso dei voti. Ecco, oggi, il Trattato propone
delle votazioni del Parlamento europeo a doppia maggioranza e loro sono critici perché
vorrebbero dare più peso a Paesi che hanno grossa popolazione europea, come la Polonia,
e quindi questa è un’altra questione cruciale. Dal punto di vista della Chiesa, non
sembra che nell’aria ci sia l’intenzione di riprendere il dibattito sulle radici cristiane,
purtroppo. D’altra parte, positivamente, possiamo dire che riguardo l’articolo 52
che regola o auspica un rapporto stabile e trasparente tra le Istituzioni e le Chiese,
sembra che questo articolo non venga messo in discussione e questo è un aspetto positivo.
Alcuni parlano anche di un’Europa a due velocità: questo forse potrebbe dare una spinta
a fare dei passi in avanti ad alcuni Paesi come è già avvenuto con il Trattato di
Schengen, come è già avvenuto per l’euro e anche questo realisticamente forse è una
possibilità.
D. - Come Chiesa europea, voi non pensate
che il progetto di costituzione poi bocciato in Francia e in Olanda -oggi ancora oggetto
di discussioni, come lei ricordava- sia stato un progetto un po’ troppo ambizioso
e lontano dalle reali esigenze anche culturali della gente, anche nei singoli Paesi,
magari ancora attaccata a un’identità nazionale?
R.
- Adesso dobbiamo registrare la verità di quest’osservazione. Praticamente è stato
un Trattato che è passato sopra la testa degli europei e dei cittadini europei, i
popoli non si sono resi ben conto di un Trattato e di cosa significava questo. Noi
sentiamo quest’osservazione specialmente dai Paesi dell’Est, che in qualche maniera
si sono sentiti ancora troppo poco considerati nell’elaborazione di questo Trattato
e quindi per quanto riguarda la loro tradizione, i loro valori e anche la loro situazione
economica, i Paesi dell’Est sentono che l’Unione Europea conserva una certa forma
di ingiustizia nei loro confronti e non è consapevole della loro situazione né economica,
né sociale, né politica.