2007-06-21 14:41:13

Al via a Bruxelles il vertice dell'UE: intervista con mons. Aldo Giordano


Un vertice che dovrà segnare lo sblocco dell’impasse istituzionale in cui si trova l’Unione Europea da almeno due anni. E’ quello che si apre oggi pomeriggio a Bruxelles, che nelle previsioni appare come uno dei più difficili summit degli ultimi anni. Il servizio di Giovanni Del Re:RealAudioMP3
 
Una cosa è chiara: il Trattato costituzionale, affondato dai referendum in Olanda e in Francia nel 2005, è definitivamente morto. Nella proposta della presidenza tedesca sparisce infatti il nome stesso di “Costituzione”, si ricorre al metodo tradizionale degli emendamenti ai vecchi trattati, scompaiono i simboli come l’inno e la bandiera che qualcuno temeva somigliassero troppo a quelli di uno Stato. Ma per il resto, la presidenza tedesca, sostenuta dalla stragrande maggioranza degli Stati membri, cerca di preservare almeno la sostanza della vecchia Costituzione. Così, nella sua proposta si mantiene la presidenza fissa per due anni dell’Unione che assume finalmente personalità giuridica; si rafforza la politica estera comune e, inoltre, Berlino e con essa quasi tutti gli Stati membri, propone di mantenere il complicato sistema della doppia maggioranza per i voti nel Consiglio UE, e cioè il 55 per cento degli Stati che deve corrispondere ad almeno il 65 per cento della popolazione. Una formula complessa su cui, dopo notti insonni, i 27 leader si erano finalmente accordati nel giugno 2004. Su questo, per ora sta bloccando la Polonia che ha chiesto un nuovo sistema di computo, sostenuta in questo dalla sola Repubblica Ceca. Finora, Varsavia ha minacciato il veto anche se ieri sono giunti segnali più distensivi dal governo polacco. Del resto, problemi giungono anche dalla Gran Bretagna, contraria alla personalità giuridica, all’estensione del voto a maggioranza ad altre materie e soprattutto al carattere vincolante della Carta dei diritti. E l’Olanda chiede più poteri ai parlamenti nazionali e più limitazioni alle competenze dell’UE. Sarà, insomma, una difficile quadratura del cerchio: si preannuncia un vertice che potrebbe prolungarsi almeno fino a sabato. (Da Bruxelles, per la Radio Vaticana, Giovanni Del Re, AKI)

A Bruxelles il vertice europeo dovrebbe dunque decidere come riformare il Trattato. Ma si può in realtà parlare ancora di futuro per il Trattato costituzionale? Luca Collodi lo ha chiesto a mons. Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa:RealAudioMP3


R. - Certamente è una domanda difficile, le posizioni sono molto diversificate. C’è chi sostiene e spera che il Trattato attuale possa essere riproposto, altri che parlano di un Trattato riformato o di un Trattato ridotto e quindi è difficile dire quale sarà il futuro del Trattato. E’ già interessante che si sia ripresa seriamente la discussione. Ci sono alcuni nodi molto cruciali: uno è il nodo della seconda parte del Trattato, la parte dedicata alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. L’Inghilterra, ad esempio, non vorrebbe che questa parte avesse un carattere vincolante, quindi ci si domanda se questa parte resterà nel Trattato; c’è la grossa questione di instaurare un Ministero degli Esteri per far pesare l’Europa nel campo internazionale soprattutto; ci sono altre questioni che interessano molto i Paesi dell’Est come la Polonia o la Repubblica Ceca, che è il peso dei voti. Ecco, oggi, il Trattato propone delle votazioni del Parlamento europeo a doppia maggioranza e loro sono critici perché vorrebbero dare più peso a Paesi che hanno grossa popolazione europea, come la Polonia, e quindi questa è un’altra questione cruciale. Dal punto di vista della Chiesa, non sembra che nell’aria ci sia l’intenzione di riprendere il dibattito sulle radici cristiane, purtroppo. D’altra parte, positivamente, possiamo dire che riguardo l’articolo 52 che regola o auspica un rapporto stabile e trasparente tra le Istituzioni e le Chiese, sembra che questo articolo non venga messo in discussione e questo è un aspetto positivo. Alcuni parlano anche di un’Europa a due velocità: questo forse potrebbe dare una spinta a fare dei passi in avanti ad alcuni Paesi come è già avvenuto con il Trattato di Schengen, come è già avvenuto per l’euro e anche questo realisticamente forse è una possibilità.

 
D. - Come Chiesa europea, voi non pensate che il progetto di costituzione poi bocciato in Francia e in Olanda -oggi ancora oggetto di discussioni, come lei ricordava- sia stato un progetto un po’ troppo ambizioso e lontano dalle reali esigenze anche culturali della gente, anche nei singoli Paesi, magari ancora attaccata a un’identità nazionale?

 
R. - Adesso dobbiamo registrare la verità di quest’osservazione. Praticamente è stato un Trattato che è passato sopra la testa degli europei e dei cittadini europei, i popoli non si sono resi ben conto di un Trattato e di cosa significava questo. Noi sentiamo quest’osservazione specialmente dai Paesi dell’Est, che in qualche maniera si sono sentiti ancora troppo poco considerati nell’elaborazione di questo Trattato e quindi per quanto riguarda la loro tradizione, i loro valori e anche la loro situazione economica, i Paesi dell’Est sentono che l’Unione Europea conserva una certa forma di ingiustizia nei loro confronti e non è consapevole della loro situazione né economica, né sociale, né politica.







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