Situazione critica per migliaia di rifugiati in Ciad
Sempre critica la situazione nel Ciad orientale, dove oltre 150 mila persone sono
fuggite dalle loro abitazioni a causa di ripetuti e mortali assalti delle formazioni
ribelli al governo di N'Djamena e per violenze di altre formazioni armate. Raggruppati
in campi dove la sicurezza non è mai garantita, gli sfollati interni al Ciad vivono
in alloggi improvvisati, privi di cibo, acqua e accesso alle cure. La denuncia arriva
da Medici Senza Frontiere, che segnala come tale emergenza si affianchi a quella dei
200mila rifugiati giunti in Ciad dal vicino Darfur. Ce ne parla Duccio Staderini,
capo missione di Medici Senza Frontiere in Ciad, intervistato da Giada Aquilino:
R.
– I profughi del Darfur sono presenti in Ciad ormai da quasi quattro anni. Si trovano
in una situazione in cui sono assistiti, vivono in appositi campi in condizioni estreme,
con un accesso all’acqua limitato. E anche se si riesce a mantenere un livello nutrizionale
sotto controllo, non si può dire che la loro situazione sia invidiabile. Con il tempo,
poi, specialmente a livello psicologico e di salute mentale, abbiamo registrato uno
sviluppo di patologie generate da uno psico-trauma iniziale. E, proprio perché sono
trascorsi degli anni, assistiamo all’emergere di nuove realtà: per esempio, cominciamo
ad occuparci dei diabetici e di patologie croniche.
D. – Nei campi di sfollati
interni, invece, la situazione qual è?
R. – Questa popolazione si è spostata
recentemente, nell’ultimo anno e mezzo, in seguito a razzie lungo la frontiera, ma
anche per dinamiche intra-ciadiane, che si vanno a mescolare alla ribellione contro
il governo. Tali sfollati sono sparsi su territori più vasti, ai quali per noi è difficile
accedere, anche per motivi di sicurezza.
D. – Una delle emergenze più grandi
è costituita dalle epidemie…
R. – Il Ciad, che è tra i Paesi più poveri del
mondo ed è tra i più colpiti dal fenomeno della corruzione, è nella cosiddetta “cintura
della meningite”: si assiste ad epidemie cicliche annuali o biennali, che possono
essere davvero micidiali. Poi è diffuso il colera, che è la malattia dei poveri o
“delle mani sporche”. E c’è la malaria, che è anche la prima causa di mortalità del
Paese.