Il viaggio del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone, in Polonia: intervista
al porporato
Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha partecipato al VII Convegno di
Gniezno, in Polonia, sul tema “L’uomo, via dell’Europa. Come rendere il nostro mondo
più umano”, convegno che ha visto la partecipazione dei leader di oltre 250 organizzazioni
cristiane di tutta l’Europa, rappresentate da circa un migliaio di partecipanti. L’iniziativa
desiderava contribuire allo sviluppo di un attivo atteggiamento evangelico tra i leader
delle organizzazioni cristiane d’Europa, un atteggiamento aperto alle problematiche
europee e al dialogo ecumenico ed interreligioso, attento ai temi della cultura contemporanea
e alle istanze sociali e politiche. Ai nostri microfoni il porporato:
D.
– Eminenza, lei ha tenuto una relazione al Convegno di Gniezno: vorrebbe parteciparcene
il contenuto?
R. – Sono stato invitato a tenere – in certo modo – la prolusione
in questo Convegno che, come è stato giustamente detto, comprendeva rappresentanti
di molte organizzazioni cristiane e non solo cattoliche, e quindi anche con la presenza
di esponenti delle diverse confessioni religiose. Era presente anche qualche musulmano.
Io ho parlato dell’Uomo, via dell’Europa ed ho presentato una visione antropologica
tipicamente cristiana, ricordando la grande affermazione di Papa Giovanni Paolo II,
che l’uomo è la via della Chiesa, l’uomo, ogni uomo; in quanto il Figlio di Dio incarnato
si è unito ad ogni uomo. Ho parlato non solo della visione, del progetto uomo secondo
Dio, perché l’uomo e la donna sono stati creati ad immagine e somiglianza di Dio.
Nel pomeriggio del primo giorno c’è stata una bella tavola rotonda degli esponenti
delle varie confessioni cristiane proprio sull’uomo-immagine di Dio. Non dobbiamo
deturpare, non dobbiamo dimenticare questa peculiare identità della persona umana.
Ho parlato anche delle sfide che vengono contrapposte all’antropologia umana e cristiana
dal mondo moderno e soprattutto dalla scienza. Purtroppo i problemi cruciali vengono
all’inizio della vita dell’uomo e alla conclusione della vita dell’uomo e vengono
soprattutto attraverso la biogenetica, attraverso le manipolazioni genetiche, che
distruggono e che manipolano l’uomo, rendendolo non un soggetto personale e degno
del massimo rispetto e della massima stima, ma un oggetto da sperimentazione. Nella
mia relazione mi sono soffermato proprio su queste problematiche ed ho dato anche
delle indicazioni, perché la scienza moderna riprenda un contatto profondo e costante
con l’etica e con il progetto di Dio: scienza e fede, scienza ed etica.
D.
– Dopo la tappa di Gniezno, il suo viaggio è proseguito in Polonia?
R. – Sì,
ho toccato altre due città molto significative: l’una Danzica, la città dalla quale
è purtroppo incominciata l’invasione della Polonia ed è cominciata – si può dire –
la II Guerra Mondiale nel 1939; e l’altra, la piccola città di Swidnica, che è l’ultima
delle diocesi create per volontà di Giovanni Paolo II in Polonia. A Danzica ho celebrato
la Messa nella Gdansk-Zaspa, che è la grande piazza dove Giovanni Paolo II celebrò
la Messa, 20 anni fa, nel 1987 davanti ai lavoratori di Danzica. Era presente anche
Walesa, fondatore di Solidarnosc- ricordiamo che a Danzica c’è stata infatti la grande
manifestazione, l’avventura di Solidarnosc davanti ai cantieri navali. Tutti noi –
i più anziani – siamo stati testimoni di questa avventura coraggiosa degli operai
di Danzica. Sono stato a pregare proprio davanti alle tre Croci che ricordano il sacrificio
di una quarantina di operai. La svolta di Solidarnosc ha segnato la ricostruzione
direi morale del popolo polacco, chiamato a libertà, chiamato ad essere un vero popolo
e non più schiavo o dei russi o dei tedeschi, ma con una sua propria identità ed una
sua propria autonomia. Ho celebrato la Messa davanti ai rappresentanti del mondo del
lavoro ed ho tenuto un’omelia centrata proprio sul tema del lavoro, richiamando gli
insegnamenti di Giovanni Paolo II. Al Convegno a Gniezno era presente il presidente
della Repubblica polacca, mentre a Danzica era naturalmente presente Walesa, insieme
ai grandi capi di Solidarnosc. Sono stato poi a Swidnica, che è una piccola diocesi,
piccola poi relativamente perché ha circa 600 mila abitanti, dove ho incontrato soprattutto
i giovani, il mondo giovanile della regione, con grande entusiasmo, ricordando l’amore
e la missione che Giovanni Paolo II ha assegnato ai giovani, soprattutto attraverso
le Giornate mondiali della Gioventù. Ho poi celebrato nella cattedrale per tutta la
popolazione una Messa veramente partecipata e straordinaria.
D. – Eminenza,
quale Polonia si è trovato davanti? la Polonia cattolica che si stringeva a Giovanni
Paolo II o una Polonia che si va secolarizzando come sta avvenendo in tanti altri
Paesi, con particolare riguardo ai giovani a cui lei ha già accennato?
R. –
Devo dire che la Polonia che ho incontrato io nelle varie città è certamente una Polonia
credente, una Polonia caratterizzata da una forte religione popolare: quindi anche
le rappresentanze delle varie regione erano in costume, con i simboli della loro identità
locale, ma anche della loro fede religiosa e delle loro devozioni. Una popolazione
che all’unisono prega e canta: è ancora impressionante vedere la partecipazione dei
giovani e degli adulti. Devo dire che ho trovato una Polonia che non soffre l’inverno
demografico dell’Europa, di cui ha parlato Papa Benedetto XVI: era pieno di bambini
e proprio nell’ultima tappa, che ho avuto in una piccola località, ho trovato tanti
bambini ed anche una banda composta da ragazzi, che allietava i nostri incontri. Sempre
durante l’ultima tappa ho incontrato i malati, c’erano 1.500 malati e circa 4.000
persone, con una schiera di buoni samaritani che si prendono cura dei malati, dei
portatori di handicap. Moltissime quindi iniziative profondamente ispirate al precetto
evangelico della carità, che realizzano l’invito di Cristo “andate e curate gli infermi”.
Anche questo rappresenta un segno di una Polonia viva, di una Polonia piena e ricca
di fede e ricca anche di iniziative caritative. I giovani - ho incontrato anche loro
- erano presenti nei vari incontri che ho citato, ma anche a Gniezno. Giovani anche
professionalmente preparati. Nella diocesi di Swidnica, ho visto dei giovani ricchi
di entusiasmo, ho rivisto un po’ l’entusiasmo delle Giornate della Gioventù. Era il
primo incontro che la nuova diocesi faceva con i giovani e naturalmente io ho parlato
in polacco soltanto per brevi tratti: ho cercato di prepararmi ed ho cercato di imitare
il nostro Papa Benedetto XVI. Erano pieni di entusiasmo e di buona volontà anche per
la realizzazione di progetti concreti di educazione alla fede e di testimonianza cristiana.
Ho incontrato i seminaristi delle varie diocesi, con i quali ho avuto un bel dialogo.
Devo dire che i seminari sono ancora molto ricchi di vocazioni, a differenza dei nostri
seminari dell’Europa occidentale.
D. – Passiamo ora ad un altro rapporto:
Polonia ed Europa. Eminenza, possiamo parlare di una vocazione della Polonia in seno
alla Comunità Europea?
R. – Credo di sì. Anzi io credo che questi Paesi, i
Paesi dell’antico impero sovietico, i Paesi a profonda e radicata ed incancellabile
tradizione cristiana, hanno una grande vocazione nell’Europa di oggi, questa nostra
Europa che è un po’ alienata proprio dalle sue origine e non vuole tenere più conto
delle sue radici cristiane. Proprio questi Paesi mi sembra che portino un contributo
positivo, una identità cristiana dell’Europa. Ho saputo che proprio Sarkozy è volato
in Europa e vedo che anche la Francia sta cambiando orientamento e posizione anche
su questo tema. Questa è una cosa bella, perché una sana laicità può essere perfettamente
compatibile con il riconoscimento delle proprie radici, delle proprie origini cristiane
e della propria identità cristiana.