Mons. Tomasi all'ONU di Ginevra: il valore della solidarietà sia parte integrante
delle politiche lavorative, per strappare uomini e donne alla miseria e restituire
loro la dignità
“Mentre il mondo si misura con un globalizzazione che aumenta la ricchezza ma è ingiusta
nella sua distribuzione”, la solidarietà deve orientare le politiche lavorative e
formative sia nazionali che internazionali, per ridurre la crescente percentuale di
miseria che grava su molte aree del pianeta. E’ la disamina fatta dall’arcivescovo
Silvano Tomasi, rappresentante permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite di Ginevra,
intervenuto ieri alla 96.ma sessione della Conferenza internazione sul lavoro. I particolari
del suo intervento nel servizio di Alessandro De Carolis:
“Con
i circa 195 milioni di uomini e donne impossibilitati a trovare un lavoro durante
lo scorso anno, e con un miliardo e 400 mila persone che hanno un lavoro pagato non
abbastanza da consentirgli di superare la soglia della povertà di 2 dollari al giorno,
la responsabilità della comunità internazionale e dei governi è messa a dura prova
sia nel creare un ambiente economico in grado di offrire delle opportunità, sia di
favorire la disponibilità di un lavoro dignitoso”. I numeri rendono impietoso lo scenario
tracciato dall’arcivescovo Silvano Tomasi. Gran parte della tensione e dei
conflitti “che tormentano la nostra società - ha osservato il rappresentante pontificio
all’ONU di Ginevra - è radicato nella mancanza di lavoro o in impieghi che difettano
di dignitose condizioni di lavoro o in stipendi inadeguati ai bisogni dell’esistenza,
oltre che in rapporti economici ingiusti”. E queste difficoltà, ha proseguito mons.
Tomasi, si comprendo meglio se inserite in un sistema internazionale pesantemente
condizionato, fra l’altro, dall’invecchiamento della popolazione e dal “divario fra
le professionalità di cui si ha bisogno e un sistema di istruzione incapace di formare
le persone con le conoscenze idonee” alle esigenze di campi come quello economico,
tecnologico e comunicativo, che più di altri hanno fatto registrare cambiamenti decisivi.
Nell’analizzare
il quadro dei mutamenti lavorativi, mons. Tomasi ha ribadito la posizione della Santa
Sede per un sistema di politiche lavorative eque e rispettose dei diritti dei singoli
che consentano di sradicare alla base le “vecchie e nuove forme di discriminazione”
che pesano sulle fasce di lavoratori più povere. “Il lavoro, l'impresa e l'arena globale
degli investimenti finanziari, del commercio e della produzione - ha affermato fra
l’altro mons. Tomasi - dovrebbero essere radicati su uno sforzo creativo, cooperativo,
basato su norme a servizio della persona umana, di ogni uomo e donna, e della loro
uguaglianza di dignità e diritti". "È la dimensione umana di lavoro – ha asserito
- che deve essere valorizzata e protetta”, grazie al valore della solidarietà che
rimane "cruciale ed indispensabile” poiché - ha concluso il presule - il “nuovo orizzonte”
della domanda sociale è ora la persona umana, protagonista “di uno sviluppo integrale
che è il nuovo nome di pace”.