2007-06-12 14:29:04

Giornata mondiale contro il lavoro minorile: ogni anno muoiono 22 mila bambini-lavoratori


Sono oltre 218 milioni, di età compresa tra i 5 e i 14 anni, i bambini vittime dello sfruttamento economico. Il 70 per cento è impiegato nel settore agricolo e sono circa 22 mila quelli che muoiono ogni anno per il lavoro cui vengono sottoposti. E’ il drammatico bilancio dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro presentato in occasione dell’odierna Giornata mondiale contro il lavoro minorile. Al microfono di Cecilia Seppia, il direttore generale di UNICEF Italia, Roberto Salvan, riflette sulla diffusione del fenomeno nel mondo e sulla necessità di provvedimenti validi: RealAudioMP3


R. – Il lavoro minorile è diffuso prevalentemente in Asia, ma se dobbiamo guardare il bambino che lavora e non va assolutamente a scuola, la situazione è più drammatica in Africa.

 
D. – Chi lavora non studia e fatica a costruirsi un futuro. Eppure, a volte, è l’unico modo per sopravvivere, sia per i bambini che per le famiglie di appartenenza ...

 
R. – Là dove è più forte la povertà delle famiglie, maggiore è il ricorso al lavoro minorile per sostenere le famiglie stesse. In particolare, dove la crisi economica, le difficoltà ambientali e le situazioni di malattia – pensiamo soltanto cosa significhi in Africa perdere il padre a causa dell’AIDS – i bambini che vanno dai 6, 7, 8 ai 12, 13 anni sono quelli più a rischio e che probabilmente soffrono maggiormente per il fatto che devono lavorare per sostenere la famiglia. Ma gran parte dei bambini lavorano all’interno della famiglia, soprattutto nell’agricoltura. Se si riuscisse in qualche modo a garantire anche ai bambini che aiutano la propria famiglia nella coltivazione dei campi ad andare a scuola - anche una scuola di tipo informale - questo problema si risolverebbe. Altrimenti, purtroppo, la famiglia rimane all’interno di un ciclo di povertà che si perpetua anche nelle prossime generazioni.

 
D. – E per ridurre questo problema, che cosa serve concretamente?

 
R. – Servono maggiori risorse, serve maggiore informazione, aiuto e sostegno alle famiglie nelle fasce più deboli, e soprattutto è necessario intervenire all’interno delle grandi città, dove sono forti le presenze di bidonvilles, di slums, dove i diritti dei bambini vengono spesso negati e ci sono migliaia e migliaia di bambini che vivono di espedienti nelle strade e nei mercati. Servono leggi nazionali che poi vanno monitorate, e ci devono essere delle possibilità di intervento attraverso la comunità, attraverso organizzazioni non governative e altre realtà, per controllare continuamente dove sono presenti le fasce a rischio.

 
D. – Iniziative e progetti come la Banca dei bambini, che è gestita da e per i bambini stessi, possono servire a qualcosa?

 
R. – Questa esperienza è certamente positiva, perché ci sono dei 14enni, dei 15enni, che lavorano e che allo stesso tempo la sera vanno a scuola. Attraverso la banca possono vedere in modo più positivo la loro crescita, perché con questo sistema di banca-cooperativa i ragazzi vengono anche incentivati a crescere nella scala sociale e nei loro diritti.







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