2007-06-10 15:40:12

Rapito un missionario italiano del PIME nelle Filippine


Nelle Filippine oggi è stato rapito un missionario italiano del PIME, padre Giancarlo Bossi. Una banda costituita da una decina di uomini armati lo ha sequestrato verso le 9.30 di questa mattina, ora locale, nel villaggio costiero di Bulawan, nell’isola meridionale di Mindanao. Padre Giancarlo Bossi, nato ad Abbiategrasso in provincia di Milano 57 anni fa, vive nelle Filippine dal 1980 ed è parroco nella chiesa di Payao da due mesi. Secondo una radio locale il sacerdote sarebbe stato rapito dopo aver celebrato la Messa. Si tratta del terzo sacerdote italiano ad essere rapito nella zona negli ultimi dieci anni. Per saperne di più su questo sequestro Tiziana Campisi ha intervistato padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia del PIME AsiaNews: RealAudioMP3


R. – Finora non c’è stata richiesta di riscatto e nessuna rivendicazione, quindi siamo un po’ all’oscuro di tutto quello che è successo. La notizia che abbiamo è che padre Bossi si sentiva molto tranquillo. Alcune settimane fa aveva ricevuto la visita del superiore del PIME nelle Filippine ed aveva detto che la situazione era molto tranquilla. Lui è molto amato dalla popolazione perché è una persona molto generosa e quindi non si riesce a capire chi possa averlo rapito. Certo a Mindanao c’è tensione con il Moro Islamic Liberation Front, un gruppo di indipendentisti musulmani, però da diverso tempo erano scomparse violenze di questo tipo da parte di questo movimento perché il governo si era impegnato a fare alcuni passi per dialogare. E’ anche vero che questo dialogo andava un po’ per le lunghe, per cui si è pensato che il rapimento di padre Bossi fosse da attribuire a questo Fronte, con l'idea che potesse servire per dilazionare ancora di più i dialoghi di pace. Ma il Moro Islamic Liberation Front ha negato ogni coinvolgimento nella vicenda e ha dichiarato, anzi, di essere pronto ad aiutare il governo per trovare il missionario. A questo punto c’è la possibilità che siano stati dei pirati, dei malviventi, che rapendo padre Bossi vogliano un riscatto.

 
D. – In quali attività pastorali, in particolare, era impegnato padre Bossi?

 
R. – E’ una persona molto vicina ai poveri, alla gente e, oltre ad andare in giro per i vari villaggi per le celebrazioni della Messa e per il catechismo, lavorava per lo sviluppo economico di queste popolazioni.

 
D. – Secondo lei, gli ultimi eventi che si sono verificati anche in Medio Oriente potrebbero contribuire a far aumentare episodi di tal genere?

 
R. – Diciamo che un po’ in tutta l’Asia il mondo islamico fondamentalista sta alzando molto i toni e in modo sempre più disperatamente violento. Speriamo che non sia il caso di padre Bossi. La tensione certo è altissima, le Filippine si trovano in una situazione per niente tranquilla perché ci sono tensioni sociali ovunque, non solo a Mindanao con i musulmani autonomisti, ma un po’ anche in tutto il Paese.

 
D. – Come vengono visti a Mindanao i cattolici?

 
R. – I missionari cattolici a Mindanao, dove i cattolici non sono la maggioranza ma una minoranza, sono stimati, anche se talvolta sono utilizzati da alcuni gruppi come fonte di pubblicità delle loro cause nel mondo intero, perché trattandosi di missionari stranieri il loro rapimento interessa la comunità internazionale, fa più rumore, e attraverso di essi fanno sentire più la loro voce nei media. Dall’altra parte, molto spesso, questi missionari sono rapiti semplicemente per ricavare un riscatto. Questo è dovuto sia alla situazione di povertà economica enorme in cui vivono nell’isola di Mindanao molte fasce della popolazione, sia anche alla delinquenza comune.







All the contents on this site are copyrighted ©.