Rapito un missionario italiano del PIME nelle Filippine
Nelle Filippine oggi è stato rapito un missionario italiano del PIME, padre Giancarlo
Bossi. Una banda costituita da una decina di uomini armati lo ha sequestrato verso
le 9.30 di questa mattina, ora locale, nel villaggio costiero di Bulawan, nell’isola
meridionale di Mindanao. Padre Giancarlo Bossi, nato ad Abbiategrasso in provincia
di Milano 57 anni fa, vive nelle Filippine dal 1980 ed è parroco nella chiesa di Payao
da due mesi. Secondo una radio locale il sacerdote sarebbe stato rapito dopo aver
celebrato la Messa. Si tratta del terzo sacerdote italiano ad essere rapito nella
zona negli ultimi dieci anni. Per saperne di più su questo sequestro Tiziana Campisi
ha intervistato padre Bernardo Cervellera, direttore dell’agenzia del PIME
AsiaNews:
R.
– Finora non c’è stata richiesta di riscatto e nessuna rivendicazione, quindi siamo
un po’ all’oscuro di tutto quello che è successo. La notizia che abbiamo è che padre
Bossi si sentiva molto tranquillo. Alcune settimane fa aveva ricevuto la visita del
superiore del PIME nelle Filippine ed aveva detto che la situazione era molto tranquilla.
Lui è molto amato dalla popolazione perché è una persona molto generosa e quindi non
si riesce a capire chi possa averlo rapito. Certo a Mindanao c’è tensione con il Moro
Islamic Liberation Front, un gruppo di indipendentisti musulmani, però da diverso
tempo erano scomparse violenze di questo tipo da parte di questo movimento perché
il governo si era impegnato a fare alcuni passi per dialogare. E’ anche vero che questo
dialogo andava un po’ per le lunghe, per cui si è pensato che il rapimento di padre
Bossi fosse da attribuire a questo Fronte, con l'idea che potesse servire per dilazionare
ancora di più i dialoghi di pace. Ma il Moro Islamic Liberation Front ha negato ogni
coinvolgimento nella vicenda e ha dichiarato, anzi, di essere pronto ad aiutare il
governo per trovare il missionario. A questo punto c’è la possibilità che siano stati
dei pirati, dei malviventi, che rapendo padre Bossi vogliano un riscatto.
D.
– In quali attività pastorali, in particolare, era impegnato padre Bossi?
R.
– E’ una persona molto vicina ai poveri, alla gente e, oltre ad andare in giro per
i vari villaggi per le celebrazioni della Messa e per il catechismo, lavorava per
lo sviluppo economico di queste popolazioni.
D.
– Secondo lei, gli ultimi eventi che si sono verificati anche in Medio Oriente potrebbero
contribuire a far aumentare episodi di tal genere?
R.
– Diciamo che un po’ in tutta l’Asia il mondo islamico fondamentalista sta alzando
molto i toni e in modo sempre più disperatamente violento. Speriamo che non sia il
caso di padre Bossi. La tensione certo è altissima, le Filippine si trovano in una
situazione per niente tranquilla perché ci sono tensioni sociali ovunque, non solo
a Mindanao con i musulmani autonomisti, ma un po’ anche in tutto il Paese.
D.
– Come vengono visti a Mindanao i cattolici?
R.
– I missionari cattolici a Mindanao, dove i cattolici non sono la maggioranza ma una
minoranza, sono stimati, anche se talvolta sono utilizzati da alcuni gruppi come fonte
di pubblicità delle loro cause nel mondo intero, perché trattandosi di missionari
stranieri il loro rapimento interessa la comunità internazionale, fa più rumore, e
attraverso di essi fanno sentire più la loro voce nei media. Dall’altra parte, molto
spesso, questi missionari sono rapiti semplicemente per ricavare un riscatto. Questo
è dovuto sia alla situazione di povertà economica enorme in cui vivono nell’isola
di Mindanao molte fasce della popolazione, sia anche alla delinquenza comune.