Padre Rastrelli: lottare contro l'usura educando all'uso responsabile del denaro
Favorire la cultura della legalità e l’uso responsabile del denaro. Con queste intenzioni
si è chiusa ieri, l’Assemblea annuale della Consulta nazionale antiusura alla quale
hanno partecipato 27 fondazioni attive in tutta Italia. Le associazioni hanno chiesto
al governo l’accesso ai benefici di legge non solo per le imprese ma anche per le
famiglie vittime di usura dato che il fenomeno, in modo preoccupante, altera il progetto
educativo familiare. Al microfono di Benedetta Capelli, padre Massimo Rastrelli,
presidente della Consulta nazionale antiusura:
R.
– Le leggi dello Stato, l’indebitamento delle famiglie, i messaggi televisivi, il
massacrante incubo delle finanziarie stanno distruggendo l’Italia. Anzitutto bisogna
dire agli italiani che il debito è una responsabilità di chi lo fa. Noi seguiamo i
malati che si fanno curare, ne curiamo 10 mila l’anno, ma quelli che si vanno ad infettare
sono centinaia di migliaia, sono milioni. Noi siamo un Paese fortemente indebitato:
27 mila euro a persona. Nel ’94 erano 234 mila le famiglie indebitate; due anni dopo
erano 636 mila; nel Duemila erano diventate quattro milioni. Adesso si è perduto il
conto: adesso si sa che quasi tutti gli italiani sono indebitati.
D.
– Mons. Bagnasco vi ha affidato il compito di restituire speranza alle vittime dell’usura?
R.
– C’è speranza, ma le persone devono pentirsi dei debiti. Quando la gente viene qui
non dice, infatti: "ho contratto un debito", ma dice: "ho preso un prestito". Questo
è gravissimo, perché il prestito sono dei soldi che dobbiamo riavere, mentre il debito
consiste nel prendere denaro non proprio che bisogna quindi restituire. La gente non
lo capisce: nelle scuole non si insegna, nelle famiglie non si insegna. Io debbo dare
speranza e la voglio dare, Gesù la dà, ma è necessario che noi facciamo il nostro
dovere. Oggi i ragazzi delle medie hanno il telefonino e il papà deve pagare, ma non
ha i soldi. Che fa allora? A Napoli, ci sono dei ragazzi che vengono uccisi per un
telefonino. Vogliamo aprire gli occhi? Arrivano famiglie che mi chiedono un attimo
di attenzione, che mi chiedono una mano, un aiuto ed io rispondo loro “certo”. Ma
poi mi guardano e mi dicono che l’aiuto che chiedono... sono magari 70 mila euro.
C’è una politica dell’illusione, c’è una politica dell’immagine dietro la quale c’è
una realtà dolorosissima.
D. – Lottare contro l’usura
significa anche combattere fenomeni come il gioco d’azzardo, che è in crescente aumento?
R.
– Il gioco ha fatto diminuire le entrate dello Stato, ma lo Stato ha promosso il gioco,
lo Stato ha aperto 1.400 sale di scommesse, lo Stato ha aperto circa 400 sale Bingo,
ha moltiplicato a tre volte alla settimana il Lotto, ha messo il Superenalotto. Io
ho denunciato il dato che ad ogni estrazione di Superenalotto, il 10 per cento dei
giocatori cadono in miseria. Dove c’è il giocatore, non c’è il lavoratore! L’Italia
è fondata sul lavoro e non è fondata sul gioco!