La catechesi dell’udienza generale dedicata da Benedetto XVI a Cipriano, vescovo
africano del III secolo, testimone dell'unità e della misericordia della Chiesa
Nella catechesi dell’udienza generale di stamattina, Benedetto XVI aveva proposto,
come detto, la figura dell’antico vescovo di Cartagine, Cipriano, all’attenzione degli
oltre 30 mila fedeli presenti in Piazza San Pietro. Un vescovo, ha detto il Papa,
che ebbe a cuore l’unità della Chiesa e che usò compassione per accogliervi anche
chi, spaventato dalle persecuzioni anticristiane, aveva inizialmente abiurato la fede.
Il servizio di Alessandro De Carolis:
La
Chiesa è una e unita sotto la “cattedra di Pietro” e chi se ne allontana “si illude”
di farne parte. Ma ciò affermato, il perdono verso chi l’ha abbandonata e chiede di
rientrarvi è un atto cristiano per eccellenza, che parte dal cuore: cioè, quel luogo
privilegiato dell’intimità col divino, dove “l’uomo parla a Dio e Dio ascolta l’uomo”.
Fu questo, in sostanza, lo stile pastorale che informò la breve e intensa parabola
di fede del vescovo Cipriano, africano di Catagine, convertitosi al cristianesimo
a 35 anni, presto consacrato vescovo e martire appena tredici anni dopo, sotto l’imperatore
Valeriano. Cipriano, ha spiegato Benedetto XVI, non fu un teologo ma un pastore, impegnato
“strenuamente” a riportare la disciplina tra le file cristiane, scompaginate dalla
violenza della persecuzione romana. Dopo quella di Decio del 251, Cipriano dovette
affrontare la questione dei “lapsi”, cioè dei “caduti”: coloro che avevano abbandonato
la Chiesa per paura di essere giustiziati ma che ora, cessato il pericolo, chiedevano
di esserne riammessi. La comunità di Cartagine si spaccò in due fra “lassisti”, pronti
al perdono, e i “rigoristi”, che avrebbero voluto l’epurazione dei traditori. Come
se non bastasse, una grave pestilenza e una controversia tra il vescovo di Cartagine
e Papa Stefano contribuirono ad aumentare la tensione. Ebbene, in quelle “difficili
cirscostanze - ha osservato Benedetto XVI - Cipriano rivelò elette doti di governo”:
"Fu
severo, ma non inflessibile con i lapsi, accordando loro la possibilità del perdono
dopo una penitenza esemplare; davanti a Roma fu fermo nel difendere le sane tradizioni
della Chiesa africana; fu umanissimo e pervaso dal più autentico spirito evangelico
nell’esortare i cristiani all’aiuto fraterno dei pagani durante la pestilenza; seppe
tenere la giusta misura nel ricordare ai fedeli - troppo timorosi di perdere la vita
e i beni terreni - che per loro la vera vita e i veri beni non sono quelli di questo
mondo; fu irremovibile nel combattere i costumi corrotti e i peccati che devastavano
la vita morale, soprattutto l’avarizia". Nonostante le
persecuzioni o i contrasti con Roma Cipriano, ha affermato Benedetto XVI, sarà sempre
netto nell’indicare nell’unità con il Papa il vincolo supremo dell’appartenenza ecclesiale.
Egli, ha detto:
"Distingue tra Chiesa visibile,
gerarchica, e Chiesa invisibile, mistica, ma afferma con forza che la Chiesa è una
sola, fondata su Pietro. Non si stanca di ripetere che 'chi abbandona la cattedra
di Pietro, su cui è fondata la Chiesa, si illude di restare nella Chiesa' (...) Vi
è un solo Dio, un solo Cristo', ammonisce Cipriano, 'una sola è la sua Chiesa, una
sola fede, un solo popolo cristiano, stretto in salda unità dal cemento della concordia:
e non si può separare ciò che è uno per natura'”. Anche
dalla preghiera cristiana per eccellenza, il Padre Nostro, emerge il carattere concorde
e collettivo della Chiesa. Essa, nota Cipriano in una sua Orazione, è stata donata
da Cristo al plurale “affinché colui che prega non preghi unicamente per sé. La nostra
preghiera - prosegue - è pubblica e comunitaria”:
"In definitiva,
Cipriano si colloca alle origini di quella feconda tradizione teologico-spirituale
che vede nel ‘cuore’ il luogo privilegiato della preghiera. Stando alla Bibbia e ai
Padri, infatti, il cuore è l’intimo dell’uomo, il luogo dove abita Dio. Carissimi,
facciamo nostro questo 'cuore in ascolto', di cui ci parlano la Bibbia e i Padri:
ne abbiamo tanto bisogno! Solo così potremo sperimentare in pienezza che Dio è il
nostro Padre, e che la Chiesa, la santa Sposa di Cristo, è veramente la nostra Madre".
La 20.ma udienza generale dell’anno è stata conclusa da Benedetto XVI
con le catechesi in nove lingue e i suoi saluti particolari ai gruppi di pellegrini,
fra i quali i fedeli provenienti dalla località foggiana di Margherita di Savoia,
che festeggiano il 250.mo di fondazione della loro parrocchia, il “Santissimo Salvatore”.
Poco
prima che l'udienza generale iniziasse, uno squilibrato ha tentato di salire sulla
giardinetta del Papa, subito bloccato dagli uomini della scorta. L'accaduto è stato
precisato con questa nota da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa
vaticana e nostro direttore generale: “Prima dell’udienza generale, mentre il
Papa compiva il giro della Piazza per salutare i fedeli, e si trovava presso l’obelisco,
un giovane di 27 anni, di nazionalità tedesca, ha superato la transenna per avvicinarsi
alla macchina del Papa. E’ stato bloccato dalla gendarmeria vaticana e trattenuto
in stato di fermo per i dovuti accertamenti. L’interrogatorio da parte del giudice
unico dott. Marrone ha messo in luce che l’intenzione del giovane non era di attentare
alla vita del Papa ma di compiere un atto dimostrativo per attirare l’attenzione su
di sé. Manifestandosi chiari segni di squilibrio mentale, sono intervenuti i medici
psichiatri del Servizio sanitario vaticano e hanno disposto il ricovero per trattamento
obbligatorio in una struttura sanitaria specializzata protetta. Il caso è quindi da
considerarsi concluso”.