2007-06-06 14:33:48

Il cardinale Rodriguez Maradiaga nuovo presidente della Caritas Internationalis. L'Assemblea generale tratta la drammatica situazione in Somalia


E’ il cardinale honduregno Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, 65 anni, il nuovo presidente della Caritas Internationalis, eletto ieri dall’Assemblea generale dell’organismo ecclesiale, riunita in Vaticano sul tema “Testimoni di carità, artigiani di pace”. Il porporato succede al presidente uscente Denis Viènot, nella guida della confederazione delle 162 Caritas locali. Nativo della stessa diocesi che governa dal 1993, ordinato sacerdote salesiano nel 1970, specializzato in Teologia alla Pontifica Università Lateranense, oltre che diplomato in Psicologia clinica e Psicoterapia all’Università Leopold Franz di Innsbruck, Rodriguez Maradiaga, eletto vescovo nel 1978 ha ricoperto prestigiosi incarichi di docenza in Honduras, in Salvador e in Guatemala, professore di teologia morale ed ecclesiologia nell’Istituto salesiano teologico e poi rettore dell’Istituto salesiano di Filosofia nel suo Paese, nominato cardinale nel 2001, ha presieduto il Consiglio dell’episcopato latinoamericano (CELAM) ed oggi presiede la Conferenza dei vescovi honduregni.

Proseguono intanto fino al 9 giugno i lavori dell’Assemblea generale della Caritas Internationalis, una confederazione - lo ricordiamo - di 162 organismi caritativi che operano nel campo umanitario in ben 200 Nazioni, fondando sul Magistero sociale della Chiesa la propria missione di aiuto agli ‘ultimi’ nel mondo intero. Alessandro Gisotti ha intervistato Davide Bernocchi, direttore della Caritas Somalia, tra i Paesi più bisognosi nel continente africano, dove non si placano i conflitti interni: RealAudioMP3


R. – La Somalia è stata recentemente dichiarata dalle Nazioni Unite il Paese più pericoloso al mondo per gli operatori umanitari: peggio dell’Iraq, peggio del Darfur. Quindi, già questo dice di per sé la difficoltà di operare in un simile contesto. Caritas Somalia è tornata a operare direttamente nel Paese da circa un anno e mezzo; in particolare, ci siamo installati a Baidoa che è la città che ospita le istituzioni transitorie, e il nostro ha voluto essere fin dall’inizio un contributo concreto al processo di pacificazione della Somalia.

 
D. – Paolo VI, nella “Populorum progressio” sottolineava che l’altro nome della pace è “sviluppo”. Come verificate voi questa affermazione che ancora oggi, 40 anni dopo, ha una grande attualità?

 
R. – In maniera molto semplice, attraverso la mia testimonianza diretta con i nostri impiegati in Somalia. Noi, per esempio, abbiamo alcuni guardiani – perché ovviamente la sicurezza, purtroppo, va mantenuta – e questi guardiani erano dei banditi di strada, che rubavano, sparavano ... Da quando sono stati assunti da noi, quindi hanno un salario e anche delle prospettive di vita, la loro vita è completamente cambiata: hanno imparato a leggere e scrivere, adesso stanno imparando l’inglese ... possono finalmente occuparsi del proprio sviluppo personale. Quando una persona ha i mezzi per una vita degna, la violenza non è il suo pensiero, normalmente ...







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