Grande partecipazione in Iraq ai funerali del sacerdote e dei tre diaconi caldei uccisi
a Mossul. Altre due chiese attaccate a Baghdad
La violenza anticristiana registra due nuovi episodi, dopo l'eccidio di domenica scorsa
a Mossul di un sacerdote e tre suddiaconi. L'agenzia INA riferisce oggi di due chiese
attaccate nel quartiere di Dora, a Baghdad: si tratta della chiesa di St. John the
Baptist - nella zona di Hay Al-Athoriyeen, che avrebbe visto l'uccisione delle sue
guardie - e della chiesa di Saint Jacob, nella zona di Hay Al Asya, che sarebbe stata
trasformata in moschea. Ma la brutalità nell'Iraq di oggi ha molte facce, come quella
del video diffuso da gruppi armati sunniti, nel quale si annuncia la morte dei tre
marines americani rapiti il 12 maggio scorso - morte messa in dubbio dalle forze USA
- o quella della trentina di cadaveri rinvenuti nelle ultime 24 ore nella capitale
irachena.
Intanto, circa duemila persone e le massime autorità della Chiesa
in Iraq hanno partecipato ieri a Karamles, nel nord del Paese, ai i funerali del sacerdote
caldeo e dei tre sudbdiaconi morti a Mossul. Come riferisce l’agenzia AsiaNews, il
Patriarca caldeo, Emmanuel III Delli, ha ribadito la condanna per quello che ha definito
“un atto orribile contro Dio e contro l’umanità”, ringraziando Benedetto XVI per la
solidarietà espressa attraverso un telegramma a firma del cardinale segretario di
Stato, Tarcisio Bertone. Durante le esequie, la moglie di uno dei tre suddiaconi uccisi,
presente all’agguato, ha dato poi la sua testimonianza del brutale assassinio. Eliana
Astorri ha chiesto a Younis Tawfik, scrittore e giornalista iracheno sunnita,
docente di letteratura araba presso l’Università di Genova, se l'uccisione dei religiosi
sia opera di fanatici o il frutto di un preciso disegno:
R.
- Il disegno c’è, esiste, e non solo nei confronti dei cristiani iracheni, ma anche
di tutta la classe intellettuale irachena: cercare di eliminare la classe "illuminata".
Qui parliamo della comunità cristiana: da sempre, almeno in Iraq, da quando io ero
ancora ragazzino e cercavo la conoscenza, andavo alla cattedrale o nella chiesa della
mia città, Mossul, dove la comunità cristiana è abbastanza bene inserita. Questa classe
ha un legame attraverso la fede con l’Occidente, anche in campo scientifico - tra
i medici iracheni più bravi vi sono sono cristiani, e così i più bravi economisti,
ricercatori sono cristiani - e dunque ciò significa che qualcuno sta cercando di svuotare
il Paese della classe intelligente e illuminata per lasciar precipitare il Paese in
un tunnel di oscurantismo e dunque, a questo punto, è chiaro che l’opera viene portata
avanti da al Qaeda o da alcuni gruppi affiliati ad al Qaeda.
D. - Lei
è nato a Mossul. Qual è stato e qual è il rapporto, ora, tra comunità cristiane e
musulmane?
R. - Per quanto riguarda la convivenza
tra musulmani e cristiani, era eccellente perché con Saddam Hussein, pur nel suo regime,
pur nel suo partito, i cristiani erano comunque inseriti ugualmente come iracheni
di altra fede. Il problema è nato dopo la caduta del regime di Saddam, quando il Paese
è stato lasciato in preda al caos per più di un anno, quando è stato azzerato lo Stato.
Dunque, la situazione attuale è completamente diversa da quella precedente: oggi,
nel mirino ci sono i cristiani perché sono la classe che faceva da collante tra l’Iraq
e il mondo esterno, soprattutto l’Occidente, ed è quella che poi aiutava il Paese
a crescere, a guardare verso il futuro perché innanzitutto loro si consideravano “iracheni”,
poi “cristiani”.