Mons. Bertin:altri Paesi dietro l'attentato contro il premier somalo
Rischia di precipitare la situazione in Somalia dove, ieri a Mogadiscio, un attentato
suicida ha provocato sette morti, ma ha fallito il vero obiettivo, il primo ministro
somalo Ali Mohamed Gedi. L’attacco stamani è stato rivendicato dal sedicente “Movimento
dei Giovani Mujaheddin”, ma il premier Gedi punta senza mezzi termini il dito contro
al Qaeda, la rete terroristica internazionali di Osama Bin Laden. Anche stamani nuove
violenze. Almeno 4 civili sono morti e numerosi altri sono rimasti feriti a Mogadiscio,
in seguito all'ennesimo attacco contro un convoglio militare etiopico. Sulle forze
che in questo momento stanno cercando di destabilizzare la Somalia, Christoper Altieri,
ha raggiunto telefonicamente mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico a Mogadiscio:
R. - Ciò
che posso dire è che durante questi ultimi 17 anni - il periodo cioè dell’anarchia,
soprattutto nel centro-sud del Paese - ci sono stati diversi gruppi che si sono richiamati
all’islam e spesso all’islam radicale. Particolarmente in questi ultimi due anni,
elementi che spesso si ispirano al fondamentalismo hanno compiuto degli attentati
mirati ad esponenti dei vari governi di transizione, che si è sempre cercato di mettere
in piedi, o comunque persone che hanno appoggiato la nascita di un esecutivo provvisorio.
Dire, allora, che l’attentato alla vita del primo ministro sia senz’altro opera di
al Qaeda, forse è una conclusione troppo affrettata. Ciò che si può dire invece, guardando
ai vari proclami, all’ideologia cui i gruppi terroristici si rifanno, alle tecniche
militari e alle armi che utilizzano, è che certamente ci sono degli appoggi a livello
internazionale, che vanno dunque al di là del territorio della Somalia. Se questi
siano poi direttamente legati ad al Qaeda o ad altri movimenti, certamente non posso
dirlo.