Il Papa proclama quattro nuovi santi: hanno speso la loro vita nel segno dell'amore
per Cristo e per il prossimo
Domani Benedetto XVI proclamerà Santi i Beati Giorgio Preca, Simone da Lipnica, Carlo
di Sant’Andrea e Maria Eugenia di Gesù. La celebrazione si svolgerà in Piazza San
Pietro alle 10. La nostra emittente seguirà l’evento in diretta a partire dalle 9.50
con radiocronaca in italiano, tedesco, francese, spagnolo e portoghese, sulle onde
corte, sulle onde medie e in modulazione di frequenza. Ma che cosa ha caratterizzato
la vita di questi Beati? Ce lo spiega in questo servizio Tiziana Campisi:
“Salutis
omnium sitibundus”, “Assetato di salvezza per tutti”: così è stato definito Simone
da Lipnica, polacco, instancabile predicatore che amava dedicare tempo allo studio
e alla preghiera ma che non ha trascurato il prossimo. Religioso dei Frati Minori,
è vissuto nel XV secolo, quando in Polonia imperversava la peste. Insieme ai confratelli
soccorreva i malati e confortava i moribondi, amministrando i sacramenti e annunciando
la consolante Parola di Dio. Restando al fianco degli appestati venne contagiato e
nell’ora della morte non staccò i suoi occhi dalla Croce. Si deve invece alla francese
Maria Eugenia di Gesù, nel XIX secolo, la fondazione dell’Istituto delle Suore dell’Assunzione
della Beata Vergine Maria, congregazione apostolica e allo stesso tempo profondamente
contemplativa. Maria Eugenia la pensa all’indomani della Rivoluzione francese, quando,
rendendosi conto che era necessario ricostruire un mondo cristiano secondo il Vangelo,
capisce che la Chiesa deve dedicarsi all’educazione cristiana delle giovani. Vedeva
il mondo come un luogo di rivelazione di Dio e un luogo per rendergli gloria e fu
la predicazione di padre Lacordaire, nella cattedrale parigina di Notre Dame, ad indurla
a consacrare tutte le sue forze alla Chiesa. La sua figura insegna che la vera eredità
dell’umanità è collaborare alla realizzazione di cieli nuovi e di una terra nuova.
Olandese, sacerdote passionista, Carlo di Sant’Andrea, morto nel 1893, con il suo
esempio lancia un invito forte alla fedeltà a Cristo, anche a costo della propria
vita. Aveva una grande devozione per la Passione e a lui si accostavano centinaia
di persone di qualunque ceto sociale, in cerca d’aiuto nelle difficoltà e di risposte
nei momenti di dubbio e di prova. Portava sempre con sé un piccolo Crocifisso, lo
stringeva nella mano sinistra e di tanto in tanto lo contemplava, come a voler ricordare
che la Passione di Cristo non è una astrazione, né un mero avvenimento storico, ma
un evento reale e presente. L’apostolato di Giorgio Preca, sacerdote maltese, risale
invece al secolo scorso. Fondatore della Società della Dottrina Cristiana, a caratterizzare
la sua vita è stato il forte l’impulso di dedicarsi alla catechesi per i laici, per
valorizzarne anche il loro ruolo nella evangelizzazione. Ma quale carisma ha caratterizzato
la missione di padre Giorgio Preca? Giovanni Peduto lo ha chiesto
al postulatore della Causa di canonizzazione, mons. Charles Scicluna:
R.
- Nato a La Valletta, a Malta, il 12 febbraio 1880, Giorgio Preca è stato ordinato
sacerdote per la diocesi di Malta il 22 dicembre 1906. Nel 1907 ha dato inizio, con
alcuni giovani laici celibi, alla Societas Doctrinae Christianae per l’apostolato
della catechesi. Nel 1916 si iscrive come Terziario Carmelitano e nel 1957 propone
i cinque “Misteri della Luce” per il Santo Rosario. Vede la sua associazione crescere
anche in Australia e altrove. Muore piamente a Santa Venera, a Malta, il 26 luglio
1962. E’ stato beatificato a Malta da Giovanni Paolo II il 9 maggio 2001. Don Giorgio
Preca ha trovato ispirazione nell’esortazione dell’Apostolo Paolo a Timoteo: “Le cose
che hai udito da me davanti a molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali
a loro volta siano in grado di insegnare agli altri” (2 Tim 2,2). Promuove la devozione
al mistero dell’Incarnazione e propaga la venerazione delle parole “Verbum Dei caro
factum est” e il culto delle Cinque Piaghe di Nostro Signore. Le basi della sua spiritualità
sono la rettitudine d’intenzione, l’umiltà e la mansuetudine. D.
- In quale contesto è vissuto e in che maniera ha espletato la sua missione?
R.
- L’ignoranza religiosa lo rattristava e fece nascere in lui forte la vocazione di
insegnare al Popolo di Dio. Soleva ripetere che l’insegnamento è la fonte di ogni
bene. Don Giorgio si è dedicato alla predicazione, alla direzione spirituale e alla
stesura di libri di catechesi. Viene riconosciuto come “uomo di fede” e “apostolo
della fede”. D. - Vuole ricordarci un episodio significativo
della sua vita?
R. - Raccontava che una volta, verso
il 1910, mentre viaggiava a piedi, vicino a Croce Marsa, non lontano da La Valletta,
incontrò un ragazzo sui dodici anni che trascinava una carretta alla quale era attaccata,
con una fune, una cesta di concime. Il giovane, con voce autorevole, chiese a Don
Giorgio: “Aiutami a tirare la carretta”. Alla sua parola di comando don Giorgio -
raccontò poi - provò una dolce sensazione e si sentì immediatamente trasformato. Con
calma e senza curarsi della folla che gli stava intorno, si mise a spingere e a tener
ferma la cesta con le mani. Non sapeva spiegare cosa fosse successo dopo. Poi, condividendo
l’accaduto con i suoi catechisti venne illuminato sul significato della visione. La
carretta e la cesta simboleggiavano la Società per la Dottrina Cristiana sorretta
da Gesù all’età del suo intervento con i dottori nel tempio di Gerusalemme: era Gesù
che tirava avanti la Società e chi la spingeva poteva farlo ad occhi chiusi, perché
la missione d’insegnare era quella stessa del Divin Maestro!
D.
- Quale messaggio lascia al mondo d’oggi?
R. - La
figura del Beato Giorgio Preca è molto attuale. Don Giorgio Preca si pone in quella
scia di profeti suscitati nella Chiesa dallo Spirito per ribadire con dolce forza
il ruolo fondamentale della Parola di Dio nella formazione e nella vita cristiana,
nonché per palesare nella Chiesa il ruolo importante ed indispensabile dei laici come
operatori attivi dell'evangelizzazione.