La crisi umanitaria in Darfur, la libertà religiosa in Asia e il riconoscimento delle
radici cristiane in Europa tra i temi toccati dal Papa nell'udienza ai nuovi ambasciatori
di Sudan, Burundi, Pakistan, Estonia e Islanda
Le nazioni ricche non abusino delle ricchezze del pianeta ma aiutino gli Stati più
poveri ad avere il loro posto nello sviluppo economico mondiale. E le religioni collaborino
per formare i propri seguaci al rispetto di ogni fede e di ogni cultura. Sono i due
concetti principali attorno ai quali Benedetto XVI ha impostato il suo discorso comune
ai cinque nuovi ambasciatori presso la Santa Sede, ricevuti in udienza per la presentazione
delle Lettere credenziali e provenienti da Pakistan, Islanda, Estonia, Burundi e Sudan.
Ma molti altri, a cominciare dal dramma in Darfur, sono stati i temi che hanno riscosso
l’attenzione del Papa. Il servizio di Alessandro De Carolis:
Due
Stati africani, uno asiatico, due europei. Una “mappa” di situazioni e problematiche
diverse - dal dramma del Darfur al rispetto delle minoranze religiose in Asia, dalla
difesa delle radici cristiane in Europa alla tutela della famiglia e del matrimonio
- ma anche un’occasione per riflettere su valori e impegni che nel mondo globalizzato
non consentono più a nessuno Stato di fare parte per se stesso. Il Papa ha subito
sollecitato, nel suo intervento comune, in lingua francese, rivolto ai nuovi ambasciatori
l’importanza del sostegno tra nord e sud del mondo:
“En
effet, dans le monde actuel… In effetti, nel mondo attuale, occorre
più che mai rafforzare i legami che uniscono gli Stati, ponendo un’attenzione molto
particolare alle nazioni più povere. Infatti, non è possibile utilizzare impunemente
le ricchezze dei Paesi più poveri, senza che questi ultimi possano avere la loro parte
nella crescita mondiale. È dovere delle autorità di tutti i Paesi lavorare insieme
per una migliore ripartizione delle ricchezze e dei beni del pianeta. Tale collaborazione
avrà anche ripercussioni sulla solidarietà, la pace e la vita fraterna all’interno
degli Stati e fra di loro”.
Nel soffermarsi sulle
situazioni particolari dei cinque Paesi, Benedetto XVI ha espresso inquietudine e
partecipazione umana per la tragedia in corso da lungo tempo nella regione sudanese
del Darfur. In un conflitto che ha colpito soprattutto la popolazione civile, chiunque
sa - ha sottolineato il Papa all’ambasciatore del Sudan, Ahmed Hamid Elfaki Hamid
- che “la pace non può essere attuata con la forza delle armi, ma con quella che passa
al contrario per la cultura del dialogo e del negoziato”. Mi “appello dunque a tutte
le persone che hanno una responsabilità in materia - ha scandito Benedetto XVI - perché
proseguano negli sforzi e assumano le decisioni che s’impongono”.
Anche
al nuovo ambasciatore del Burundi, la sig.ra Domitille Barancira, il Papa ha sottolineato
la necessità del “coraggio della pace” perché nel Paese si possa costruire “una società
sempre più fraterna e più solidale” dopo tanti anni di un conflitto che continua a
far sentire le sue conseguenze. Le ferite della guerra - ha notato il Pontefice -
possono essere guarite nella “ricerca paziente e ostinata della verità” ma anche col
perdono “che non esclude la giustizia”. Inoltre, Benedetto XVI ha ricordato il “pesante
tributo” pagato dalla Chiesa per il suo impegno per la pace e ha rievocato la figura
di mons. Michael Courtney, il nunzio apostolico in Burundi, assassinato il 29 dicembre
2003 proprio per la sua opera di riconciliazione. In questo contesto, il Papa ha invitato
le autorità burundesi a “non risparmiare i loro sforzi perché sia fatta luce su questo
assassinio e perché i responsabili siano portati davanti alla giustizia”.
Con
l’ambasciatore del Pakistan, la sig.ra Ayesha Riyaz, Benedetto XVI ha affrontato il
nodo della libertà di credo. “Una solida società democratica - ha asserito - si basa
sulla sua capacità di sostenere e proteggere la libertà religiosa, un diritto basilare
che fa parte della stessa dignità della persona umana”. “In un'epoca in cui le minacce
alla libertà religiosa si fanno sempre più gravi nel mondo, incoraggio il Pakistan
– ha ripetuto Benedetto XVI - a incrementare il suo sforzo nell’assicurare alle persone
il diritto alla vita, la libertà di fede e di compiere opere di carità secondo la
loro coscienza e libere da ogni intimidazione”.
E
qui, Benedetto XVI ha lanciato un appello collettivo per un “impegno rinnovato da
parte di tutte le nazioni, in particolare delle più ricche, perché tutti gli uomini
– ha detto - prendano coscienza della loro responsabilità in materia e accettino di
trasformare il loro modo di vivere secondo una ripartizione sempre più equa”. “Qu’il me soit permis aussi de souligner ... Mi sia permesso
anche sottolineare il ruolo che le religioni assumono in questo ambito. Esse hanno
il dovere di formare i loro membri in uno spirito di rapporto fraterno fra tutti gli
abitanti di uno stesso Paese, con un'attenzione rispettosa verso tutti gli uomini.
D'altra parte, una vera pratica religiosa non può essere fonte di divisione o di violenza
tra persone e tra comunità. Al contrario, essa è alla base della consapevolezza che
ogni persona è un fratello da proteggere e aiutare a crescere”.
Quindi
l’Europa, con due realtà geograficamente piccole - l'Estonia e l’Islanda - ma emblematiche
di questioni alle quali da tempo il Papa sta dando grande risalto. Parlando del “valore
della libertà” con il giovane ambasciatore della Repubblica baltica, il 37.enne Juri
Seilenthal, Benedetto XVI ha rilevato che “la grande rivoluzione che ha attraversato
l’Est Europa nell’ultima decade del secolo” dimostra sia “l’innato e insopprimibile
desiderio di libertà presente tra gli individui e i popoli”, sia “l’inseparabilità
di una libertà autentica dall’esercizio della verità, dal rispetto della dignità trascendente
di ogni persona umana e da un impegno di mutuo rispetto e solidarietà”. In particolare,
ha confermato il Pontefice, i cattolici in Estonia intendono collaborare, “in spirito
di rispettosa cooperazione con gli altri credenti cristiani”, per promuovere “la santità
del matrimonio, il ruolo e la missione fondamentali della famiglia, l’educazione dei
bambini e il rispetto del dono di Dio della vita”.
Il
tema dell’eredità cristiana del Vecchio continente è emerso infine con l’ambasciatore
dell’Islanda, Stefán Lárus Stefánsson. Il Papa ha parlato delle radici del Vangelo
che hanno forgiato la cultura islandese, accomunandola, come “fermento” di civilizzazione,
a quella europea. E lodando l’impegno dell’Isola nella protezione dell’ambiente e
nell’uso sostenibile delle risorse, Benedetto XVI ha concluso facendo risaltare il
“legame inscindibile” che esiste “tra la pace con la creazione e la pace tra i popoli”.
(Con la collaborazione di Sergio Centofanti, Roberta Gisotti, Roberta Moretti)