Libero, dopo oltre 8 mesi di prigionia, l’allevatore sardo Giovanni Battista Pinna
Un momento atteso con trepidazione da 250 giorni: è tornato in libertà l’allevatore
sardo Giovanni Battista Pinna, rapito vicino al suo podere, a Bonorva nel sassarese,
nel settembre scorso. Stanco e provato, ma in buone condizioni, Pinna è ora in ospedale
ad Oristano, dove è stato raggiunto dai suoi familiari. Pinna avrebbe riferito di
essersi liberato da solo. Il 29 ottobre scorso, all’Angelus, Benedetto XVI aveva lanciato
un vibrante appello contro i sequestri di persona, chiedendo la scarcerazione di Giovanni
Battista Pinna:
Mentre
ribadisco la più ferma condanna di questo crimine, assicuro il mio ricordo nella preghiera
per tutte le vittime e per i loro familiari e amici. In particolare, mi unisco al
pressante appello recentemente rivoltomi dall’arcivescovo e dalla comunità di Sassari
in favore del signor Giovanni Battista Pinna ... perché sia presto restituito ai suoi
cari”.
E’ grande, dunque, la gioia dell’arcivescovo di Sassari, PaoloMario Virgilio Atzei, che aveva chiesto al Santo Padre di rivolgere un appello
per la liberazione di Pinna. Raggiunto telefonicamente in Sardegna da Alessandro
Gisotti, mons. Atzei esprime tutta la sua soddisfazione:
R. – E’
una bellissima notizia. Io penso alla bella notizia che tocca la famiglia, li abbraccio
tutti perché gli siamo stati molto vicini. Una bella notizia che tocca il parroco
di Bonorva, la comunità bonorvese. Penso soprattutto al Santo Padre. Nell’incontro
con lui, nella visita ad Limina, gli ho parlato di Pinna e mi ha chiesto con
molta attenzione paterna quale fosse l’evoluzione del caso. Gli ho detto che eravamo
ancora speranzosi anche se non si avevano più notizie.
D.
– Che cosa hanno significato le parole del Papa, quell’appello del 29 ottobre scorso?
R.
– Dico semplicemente che l’hanno sentito più volte, la famiglia ne ha fatto una registrazione,
delle cassette per tutto il paese di Bonorva. Lei deve capire che è la voce del Papa,
e il Papa è per noi, in Sardegna, la voce stessa di Cristo! Quindi ha significato
una voce profetica ed una coscienza critica, anche, un dito puntato alla coscienza
di questi rapitori.
Tra le prime dichiarazioni rilasciate, il 37enne Giovanni
Battista Pinna ha affermato che, durante la prigionia, ha sempre pregato. Dal canto
suo, la comunità di fedeli di Bonorva, il paese di Pinna, è stata molto vicina alla
famiglia del sequestrato in questi lunghi mesi. Ecco la testimonianza del parroco
della parrocchia della Natività di Maria Vergine di Bonorva, don Salvatore Ruzzu,
intervistato da Alessandro Gisotti:
R. - C’è
tanta gioia e tanta commozione. C’è stato subito movimento, una serie di telefonate
di tante persone ed abbiamo fatto suonare le campane. Noi avevamo previsto per giovedì
prossimo – il 31 maggio – a conclusione del mese mariano, come è da noi tradizione,
una fiaccolata. Una fiaccolata organizzata per pregare la Madonna per la liberazione
di Giovanni Battista e per protestare e per denunciare l’immoralità del sequestro
di persona. Questa circostanza sarà invece trasformata in una festa di ringraziamento
alla Madonna, ma anche certamente una manifestazione di condanna dell’immoralità del
crimine del sequestro.
D. – Lei è sempre stato vicino
alla famiglia Pinna. Come ha vissuto questi mesi?
R.
– Hanno vissuto momenti di angoscia. All’inizio, direi anche di molta preoccupazione
perché purtroppo in famiglia c’era il precedente del 1980, quando è stato sequestrato
lo zio, anche lui con lo stesso nome e cognome, anche lui Giovanni Battista Pinna.
Poi però, incoraggiati dagli investigatori, incoraggiati dalla comunità, dal vescovo,
hanno continuato a sperare e non hanno mai perso la speranza.
D.
– Sicuramente di conforto saranno state anche le parole del Santo Padre?
R.
– Decisamente. Quello è stato un momento veramente molto forte e molto significativo.
Si sono, infatti, anche premurati di ringraziare il Santo Padre per questo suo intervento.
Quello è stato un momento determinante, perché credo che anche i sequestratori abbiano
sentito la condanna morale del Papa e forse hanno sentito anche lo scrupolo di coscienza.