Si è svolto a Bari la scorsa settimana il XV Colloquio cattolico-ortodosso, promosso
dalla Facoltà Teologica Pugliese, sul tema “Il Primato del Vescovo di Roma. Colloquio
tra Teologi”. Il Colloquio è stato organizzato in vista della ripresa, nel prossimo
autunno a Ravenna, dei lavori della Commissione mista internazionale per il dialogo
teologico cattolico-ortodosso, che tratterà proprio della questione del ruolo del
Vescovo di Roma nella comunione fra le Chiese. Con noi a parlarcene uno dei partecipanti,
padre Dimitri Salakas, consultore del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità
dei cristiani, nonché docente presso la Pontificia Università Urbaniana e presso il
Pontificio Istituto Orientale:
D. – Precisiamo meglio le finalità di questo
incontro di Bari …
R. – Questo Colloquio si inserisce nella linea di quei colloqui
organizzati ogni anno, da più di 15 anni, da questo Istituto di teologia ecumenica
“San Nicola di Bari”, per trattare questioni che riguardano il dialogo teologico tra
cattolici e ortodossi. Certamente, è stato – come lei ha detto – questo Colloquio
centrato sulla questione del primato, in vista anche della tematica che sarà trattata
nella prossima riunione della Commissione mista a Ravenna; ma è stata anche volontà
dell’Istituto di rispondere all’invito dell’enciclica “Ut unum sint” a tutti i teologi,
cattolici e non cattolici, a indicare, a trovare le forme nuove di esercizio del primato,
accettabili dagli uni e dagli altri. Quindi, questo era lo scopo di questo convegno.
Hanno partecipato, quindi, cattolici ed ortodossi di diverse Chiese.
D. – Quali
i frutti scaturiti da questo Colloquio?
R. – Certo, il tema del primato è centrale
in questo momento, e tutti sappiamo – siamo tutti convinti – bene delle problematiche
che si pongono tra cattolici e ortodossi a questo punto. Però, dal colloquio di Bari
è emersa una cosa particolarmente incoraggiante. Trattando la questione dal punto
di vista storico, ecclesiologico ma anche canonico, tutti siamo stati d’accordo –
cattolici e ortodossi – che il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione universale
della Chiesa è già accentuato e vissuto sin dal primo millennio, con diverse forme:
le forme cambiano, ovviamente. Quindi, anche gli ortodossi hanno sottolineato, malgrado
le divergenze circa i fondamenti del primato dal punto di vista teologico, sicuramente
tutti hanno testimoniato, hanno affermato che il “protos” nella comunione universale
non è altri che il Vescovo di Roma. Si è trattato anche storicamente di diversi interventi
del vescovo di Roma nell’antichità. Per esempio, una delle conferenze è stata quella
che ha trattato il diritto di appello a Roma, durante il primo millennio ... Quindi,
non si può avere sinodalità, conciliarità e unità senza la funzione e la diaconia
del “protos”, che nella Chiesa universale nessuno dubita essere quella che compete
al Vescovo di Roma. Questa è una conclusione molto positiva. Cioè, tutti sentono il
bisogno che non ci può essere l’unità della Chiesa senza la funzione del ministero
del Vescovo di Roma.
D. – Qual è l’atteggiamento da parte ortodossa circa il
tema del Primato del Vescovo di Roma?
R. – Penso che, da quanto abbiamo sentito
a Bari, praticamente si vorrebbe una riforma dell’esercizio del Primato; ma anche
noi cattolici, se il Papa ci invita a indicare con molto rispetto nuove forme, si
può dire che il Primato, la dottrina del Primato, è irreformabile, ma le modalità
sono riformabili, possono essere cambiate. Quindi, anche da parte ortodossa aspettano
da parte di Roma un esercizio che tenga conto maggiormente della sinodalità dei vescovi,
delle varie strutture sinodali. E anche qui, si è trattato pure delle Chiese cattoliche
orientali e si è notato un fatto interessante, che l’esercizio del Primato si esercita
in modo diverso nelle Chiese cattoliche orientali rispetto alla Chiesa latina. Questo
per gli ortodossi è importante, per dire che il Papa – essendo capo della Chiesa universale
– verso le Chiese orientali lascia ampio spazio di sinodalità – e questo si è auspicato
anche per la Chiesa latina; quindi, per gli ortodossi, più l’esercizio del Papa diventa
“sinodale” – possiamo dire, salva restando la sua prerogativa personale – più è credibile,
più è accettabile.