2007-05-27 08:57:00

LE CONCLUSIONI DELL’INCONTRO ECUMENICO DI BARI


Si è svolto a Bari la scorsa settimana il XV Colloquio cattolico-ortodosso, promosso dalla Facoltà Teologica Pugliese, sul tema “Il Primato del Vescovo di Roma. Colloquio tra Teologi”. Il Colloquio è stato organizzato in vista della ripresa, nel prossimo autunno a Ravenna, dei lavori della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico cattolico-ortodosso, che tratterà proprio della questione del ruolo del Vescovo di Roma nella comunione fra le Chiese. Con noi a parlarcene uno dei partecipanti, padre Dimitri Salakas, consultore del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, nonché docente presso la Pontificia Università Urbaniana e presso il Pontificio Istituto Orientale:

D. – Precisiamo meglio le finalità di questo incontro di Bari …

R. – Questo Colloquio si inserisce nella linea di quei colloqui organizzati ogni anno, da più di 15 anni, da questo Istituto di teologia ecumenica “San Nicola di Bari”, per trattare questioni che riguardano il dialogo teologico tra cattolici e ortodossi. Certamente, è stato – come lei ha detto – questo Colloquio centrato sulla questione del primato, in vista anche della tematica che sarà trattata nella prossima riunione della Commissione mista a Ravenna; ma è stata anche volontà dell’Istituto di rispondere all’invito dell’enciclica “Ut unum sint” a tutti i teologi, cattolici e non cattolici, a indicare, a trovare le forme nuove di esercizio del primato, accettabili dagli uni e dagli altri. Quindi, questo era lo scopo di questo convegno. Hanno partecipato, quindi, cattolici ed ortodossi di diverse Chiese.

D. – Quali i frutti scaturiti da questo Colloquio?

R. – Certo, il tema del primato è centrale in questo momento, e tutti sappiamo – siamo tutti convinti – bene delle problematiche che si pongono tra cattolici e ortodossi a questo punto. Però, dal colloquio di Bari è emersa una cosa particolarmente incoraggiante. Trattando la questione dal punto di vista storico, ecclesiologico ma anche canonico, tutti siamo stati d’accordo – cattolici e ortodossi – che il ruolo del Vescovo di Roma nella comunione universale della Chiesa è già accentuato e vissuto sin dal primo millennio, con diverse forme: le forme cambiano, ovviamente. Quindi, anche gli ortodossi hanno sottolineato, malgrado le divergenze circa i fondamenti del primato dal punto di vista teologico, sicuramente tutti hanno testimoniato, hanno affermato che il “protos” nella comunione universale non è altri che il Vescovo di Roma. Si è trattato anche storicamente di diversi interventi del vescovo di Roma nell’antichità. Per esempio, una delle conferenze è stata quella che ha trattato il diritto di appello a Roma, durante il primo millennio ... Quindi, non si può avere sinodalità, conciliarità e unità senza la funzione e la diaconia del “protos”, che nella Chiesa universale nessuno dubita essere quella che compete al Vescovo di Roma. Questa è una conclusione molto positiva. Cioè, tutti sentono il bisogno che non ci può essere l’unità della Chiesa senza la funzione del ministero del Vescovo di Roma.

D. – Qual è l’atteggiamento da parte ortodossa circa il tema del Primato del Vescovo di Roma?

R. – Penso che, da quanto abbiamo sentito a Bari, praticamente si vorrebbe una riforma dell’esercizio del Primato; ma anche noi cattolici, se il Papa ci invita a indicare con molto rispetto nuove forme, si può dire che il Primato, la dottrina del Primato, è irreformabile, ma le modalità sono riformabili, possono essere cambiate. Quindi, anche da parte ortodossa aspettano da parte di Roma un esercizio che tenga conto maggiormente della sinodalità dei vescovi, delle varie strutture sinodali. E anche qui, si è trattato pure delle Chiese cattoliche orientali e si è notato un fatto interessante, che l’esercizio del Primato si esercita in modo diverso nelle Chiese cattoliche orientali rispetto alla Chiesa latina. Questo per gli ortodossi è importante, per dire che il Papa – essendo capo della Chiesa universale – verso le Chiese orientali lascia ampio spazio di sinodalità – e questo si è auspicato anche per la Chiesa latina; quindi, per gli ortodossi, più l’esercizio del Papa diventa “sinodale” – possiamo dire, salva restando la sua prerogativa personale – più è credibile, più è accettabile.








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