2007-05-27 09:05:52

Al Seminario Romano Maggiore, il I Convegno del “Movimento Gruppi di preghiera Figli Spirituali di Giovanni Paolo II” incentrato sul legame tra Maria e Karol Wojtyla


Ha festeggiato, ieri, il suo primo anno di vita con un convegno al Seminario Romano Maggiore, il “Movimento Gruppi di preghiera Figli Spirituali di Giovanni Paolo II”. L’associazione, già riconosciuta a livello diocesano e che organizza incontri di preghiera e di formazione nella Basilica romana di Santa Maria degli Angeli, ha proposto una riflessione sulla figura di Maria nella vita di Giovanni Paolo II. Sul legame particolare fra Karol Wojtyla e la Madonna, Tiziana Campisi ha intervistato mons. Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, che ha preso parte al convegno: RealAudioMP3

R. – Giovanni Paolo II ha avuto un rapporto di devozione, un rapporto di affetto verso la Madonna che è stato un grande insegnamento per tutta la Chiesa. Per certi aspetti ci ha aiutato a riscoprire Maria. Giovanni Paolo II ci ha aiutato a riscoprire la Madonna a partire dalla Scrittura. Pensiamo alla pagina dell’Annunciazione, l’Angelo che viene mandato da Dio a bussare alla porta della libertà di Maria, per chiedere a Lei: “Offrimi il tuo cuore, il tuo grembo, come culla per il più grande avvenimento di tutta la storia”. Pensiamo poi al viaggio di Maria verso Elisabetta e il Magnificat. Il Magnificat è la più bella profezia contenuta nella Scrittura, una profezia di quello che accadrà fino al ritorno di Gesù. Maria dice: “Dio rovescia i potenti dai troni e innalza gli umili”. Pensiamo ancora a Maria a Betlemme, prima adoratrice di Dio fatto uomo. Pensiamo ancora a Maria nella presenza silenziosa a Nazareth. E pensiamo ancora a Maria all’inizio della vita pubblica di Gesù a Cana. Gesù inizia il suo ministero, inizia con un grande miracolo, e Maria è Colei che intercede. Pensiamo ancora a Maria presente accanto alla Croce. Gesù coinvolge Maria e dice: “Donna, ecco tuo figlio”. Vuol dire: “Tu che raccogli tutta la bellezza della femminilità, ecco tuo Figlio. Io, la tua maternità, che è la maternità più bella e, quindi, è un dono che io posso fare all’umanità, la dono a Giovanni, la dono alla Chiesa, la dono all’umanità. Attraverso la tua maternità fai sentire l’amore di Dio. Attraverso la tua maternità, traduci all’umanità l’amore di Dio”. Ed è quell’atto che fonda la devozione nei confronti di Maria.

 
D. – Ci può spiegare il significato dell’affidamento a Maria, compiuto da Giovanni Paolo II?

 
R. – L’affidamento a Maria che Giovanni Paolo II volle fare in modo straordinario e anche corale nel 1984 fu quell’atto che poi ha preparato alla caduta del Muro di Berlino e alla caduta anche dei regimi atei nell’est dell’Europa. Tutti sappiamo cosa è accaduto dopo il 1984 fino al 1991. E’ stato un cadere di un muro dietro l’altro fino a quando si è ammainata, il 25 dicembre del 1991, la bandiera rossa sul Cremlino. L’affidamento a Maria non è demandare a lei quello che spetta a noi, non significa dire: “Maria, affidiamo a te il problema, pensaci tu, noi ci mettiamo da parte”. No, affidarsi a Maria vuol dire: “Noi ti riconosciamo come il modello della fede, come Colei che ha detto il più bel sì, come Colei che sa, conosce tutta la strada della fede, perché l’ha percorsa. Ci affidiamo a te. Aiutaci a fare con te il cammino della fede”. L’atto di affidamento, quindi, ha un valore dinamico. E’ un mettersi a disposizione per camminare. E’ un consegnarsi, perché si possa crescere nella fede, perché Maria ci aiuti a diventare fedeli discepoli come lo è stata Lei.







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