Gravi ritardi nell’informare le popolazioni su come prevenire l’Aids e gravi disuguaglianze
tra ricchi e poveri nell’accesso alle cure: la denuncia di mons. Migliore, in sede
ONU
Maggiori informazioni su come prevenire l’infezione dell’Aids, maggiori risorse per
curare la malattia e maggiore collaborazione tra i Paesi: le richieste della Santa
Sede rivolte per voce dell’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente
presso le Nazioni Unite, intervenuto ieri ai lavori dell’Assemblea generale dell’ONU,
a New York. Il servizio di Roberta Gisotti:
“Non può
esservi scusa” per il fatto che, dopo 25 anni dall’insorgere di questa epidemia, “tutti
i popoli in ogni Paese non abbiano ancora informazioni giuste, accurate e affidabili
su come educarsi e vivere una vita più sicura”: il monito del rappresentante vaticano,
nell’incontro convocato nel Palazzo di Vetro per fare il punto rispetto all’obiettivo
di garantire entro il 2010 l’accesso universale ai programmi di prevenzione, cura
e sostegno per l’AIDS. Richiamando il dettagliato rapporto in materia del segretario
generale, l’arcivescovo Migliore ha sottolineato le più grandi sfide da affrontare,
ovvero “assistere 39 milioni e mezzo di persone che vivono attualmente con l’HIV;
ridurre il numero di persone che muoiono ogni anno di AIDS, che nel 2006 sono state
2 milioni e 900 mila; prevenire nuove infezioni, oggi circa 4 milioni all’anno; prendersi
cura soprattutto dei giovani, interessati l’anno scorso dal 40 per cento di nuovi
casi”. Ma “se i numeri parlano da soli – ha avvertito il
presule - non catturano l’intera realtà”. Infatti su 7 milioni e 100 mila persone
che necessitano di farmaci retrovirali solo 2 milioni li ricevono, ha denunciato,
aggiungendo che “quantificando le risorse richieste a livello globale”, si stima che
per far fronte all’HIV siano necessari ai Paesi a basso e medio reddito 18 e 22 miliardi
di dollari per il 2007 e il 2008. “Nell’insieme i numeri sembrano schiaccianti, -
ha osservato l’arcivescovo Migliore - ma considerati nel loro contesto, persona per
persona, sono solo una frazione di ciò che noi come comunità internazionale possiamo
e dobbiamo fare”. Quindi “tutti noi dobbiamo chiaramente intensificare i nostri sforzi”,
ha chiesto il presule, riaffermando l’impegno” della Santa Sede nella lotta alla
malattia attraverso “una rete globale di circa 1.600 ospedali, 6 mila cliniche e 12
mila iniziative di natura caritativa e sociale nei Paesi in via di sviluppo”. Il presule
ha espresso la convinzione che “fornire informazioni e opportunità per un’educazione
rispettosa dei valori naturalmente basati sia fondamentale sia per lo sviluppo dei
progressi scientifici che per la prevenzione personale”. Infine l’esortazione a tutti
gli Stati perché forniscano “numeri accurati”, “per quanto possa essere difficile”,
al fine di monitorare e valutare la situazione a livello globale.