Vampata di violenza in Libano. Mons. Raї: c'è qualche Paese che non vuole la stabilità
Un cessate il fuoco per l’evacuazione dei feriti è stato concordato in Libano tra
l’esercito e i miliziani di Fatah Al Islam, gruppo islamico considerato vicino ad
Al Qaeda che, per il secondo giorno consecutivo, si stanno dando battaglia attorno
al campo profughi palestinese di Nahr al-Bared, alla periferia di Tripoli. Stamani,
almeno 8 civili palestinesi sono morti e circa 70 sono rimasti feriti, mentre ieri
erano morte più di 50 persone, tra soldati, miliziani e civili. Intanto, i miliziani
di Fatah al-Isla hanno minacciato di estendere la battaglia fuori da Tripoli, se l'esercito
non cesserà i bombardamenti. E vengono segnalate tensioni anche nel principale campo
profughi palestinese del Libano, situato a sud di Beirut, alla periferia di Sidone.
Nella capitale, infine, ieri sera hanno perso la vita due civili per l’esplosione
di un ordigno nel quartiere cristiano di Ashrafiyeh. Ma come hanno reagito a queste
violenze le principali autorità politiche e religiose del Libano? Stefano Leszczynski
lo ha chiesto a mons. Béchara Raї, vescovo di Byblos dei Maroniti:
R. – La
cosa importante è che tutte le istanze islamiche del Libano, religiose e civili, hanno
denunciato questa azione del gruppo Fatah al Islam ed hanno sostenuto
che non ha niente a che fare con l’Islam. Si sono, quindi, tutti pronunciati in favore
del governo libanese, così come si sono pronunciati in favore dell’esercito libanese
e delle forze di sicurezza interna. Purtroppo questo Fatah al Islam è manipolato
da qualche Paese che non vuole la stabilità in Libano.
D.
– Si può dire, quindi, che di fronte ad attacchi di questo tipo il Libano ha trovato
nuovamente una sorta di unità nazionale?
R. – Sì,
certo. E questo sia da parte della Comunità occidentale, sia anche da parte della
Comunità araba, islamica e palestinese: tutti quanti hanno denunciato, condannato
ed hanno detto che il gruppo Fatah al Islam non ha niente a che fare né con i palestinesi
né con l’Islam. Il problema è che qualche Paese sta, però, manipolando questo gruppo.
D.
– In questo momento, com’è la situazione nelle zone in cui ci sono stati gli scontri?
R.
– Adesso c’è il coprifuoco, imposto dall’esercito libanese. Finora non è stato sentito
niente di nuovo, eccetto le notizie relative alle vittime ieri, tra i quali 23 soldati
ed una trentina di vittime innocenti. A Beirut, questa mattina, una esplosione ha
ucciso anche una donna ed ha causato una dozzina di feriti. C’è il coprifuoco soltanto
nella regione di Tripoli, perché questi agenti di Fatah al Islam si
sono rifugiati nel campo dei palestinesi del nord, chiamato del Baret.
D.
– E’ circondato dall’esercito?
R. – Adesso, è circondato
dall’esercito. Loro, però, sono fuggiti all’interno per farsi scudo con i civili.
Purtroppo è così.
D. – Quindi la situazione è complicata,
anche perché si fanno scudo con i profughi palestinesi?
R.
– Si fanno scudo con i palestinesi, dei civili. Vorrei però dire anche un’altra cosa:
purtroppo si approfittano della situazione che sta vivendo il Libano e di questa divisione
tra unionisti ed oppositori. Ma il problema, in fondo, è legato al conflitto in Iraq
tra sciiti e sunniti, che si ripercuote in Libano, perché il conflitto è tra sunniti
e sciiti. C’è purtroppo da dire che questi leader politici sono “teleguidati” da altri
Paesi.