L’appello del Papa per la pace in Terra Santa sia raccolto dalla comunità internazionale:
così il Patriarca di Gerusalemme Michel Sabbah
“In nome di Dio, supplico che si ponga termine” alla “tragica violenza” che scuote
il Medio Oriente. Ha destato ampia eco l’accorato appello di Benedetto XVI, al Regina
Caeli di ieri. Il Papa si è rivolto alle autorità palestinesi ed israeliane, affinché
rafforzino l’impegno per rilanciare il negoziato di pace. Le parole del Santo Padre
sono state accolte con gioia dalla comunità cristiana di Terra Santa. Ecco la testimonianza
del Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, raccolta da Alessandro
Gisotti:
R. – Ogni
intervento del Santo Padre ridona sempre una nuova speranza, perché siamo in una situazione
per la quale non si vede nessuna uscita. I leader israeliani non hanno il coraggio
di cambiare le cose, di rischiare la pace. E i palestinesi sono tra di loro in disputa,
in lotta anche sanguinosa. Non si vede un’uscita, perciò ogni intervento del Santo
Padre dà nuova speranza a tutti noi. Poi, io credo che la sua voce sarà ascoltata
dalla comunità internazionale, perché questo nostro conflitto è internazionale, non
è locale. Non è palestinese, non è israeliano, è internazionale. E tocca alla comunità
internazionale fare uno sforzo per cambiare le cose, per far muovere le cose.
D.
– Quale ruolo può svolgere la comunità cristiana per favorire il dialogo tra i popoli
in Terra Santa?
R. – La comunità cristiana in Terra
Santa è piccola. Stiamo facendo il possibile nel dialogo interreligioso per invitare
i capi religiosi ad avere una visione comune su tutte le cause del conflitto e semmai
arriveremo a questo, sarà certo un aiuto per i capi politici, per la popolazione.
E’ questo il ruolo che possiamo svolgere: un ruolo di dialogo interreligioso e di
appello alla pace, alla verità, ai diritti, senza la violenza, ma con le trattative
e il dialogo.
D. – Lei ha avuto modo di incontrare,
confrontarsi con i fratelli nell’episcopato. Cosa è emerso? Qual è il sentimento che
prevale tra i pastori della Terra Santa?
R. – Abbiamo
tutti la stessa posizione, che l’occupazione non può durare. L’occupazione è sorgente
di ogni male, perciò non si può continuare in questa situazione. C’è bisogno di una
nuova iniziativa. L’occupazione dura ormai da 40 anni e bisogna che tutto questo cambi.