Arriva in tv la fiction su don Luigi Di Liegro, l'uomo della carità della diocesi
di Roma
Va in onda su Canale 5 in prima serata, oggi e domani, il film televisivo in due puntate
"L’uomo della carità – Don Luigi Di Liegro", una biografia del sacerdote scomparso
dieci anni fa, fondatore della Caritas diocesana di Roma ed infaticabile apostolo
dell'amore verso i più poveri. Il servizio di Luca Pellegrini:
(Voce di
Giulio Scarpati nella parte di don Luigi): “Senti, l’ho detto anche a lui,
noi stiamo per aprire una casa di accoglienza, c’è anche una grande mensa e un sacco
di posti letto. Tu di solito dove stai? Questo è l’ufficio del Vicariato, casa, tutto
quanto… chiamami! Ciao”.
Si spese fino all’ultimo,
don Luigi, per i suoi poveri. Si spese fino all’ultimo per gli ultimi di Roma. “Missionario
in terra cattolica” lo ha definito il cardinale vicario, Camillo Ruini. Missionario
in quelle terre dolorose e difficili abitate dagli indigenti, dai senza tetto, dagli
emarginati, dai diversi per etnia e ceto, dagli ammalati che non si vogliono vedere,
dai carcerati che non si vogliono visitare, dagli affamati che non si vogliono sfamare.
Un apostolo della carità carismatico e concreto, appassionato e volitivo, non avvezzo
ai compromessi e alle ipocrisie, perché capace soltanto di un amore autenticamente
cristiano ed evangelico. Il film televisivo diretto da Alessandro Di Robilant prende
le mosse dagli anni Cinquanta, in Belgio: qui conosciamo Di Liegro nelle insolite
vesti di minatore mentre lavora a fianco degli immigrati italiani. La loro sofferenza
diventa luce per il futuro di quest’uomo, e destino: alleviare quella di un’umanità
affaticata e stanca per incarnare le Beatitudini. Spendendosi fino al 12 ottobre
1997, quando scomparve prematuramente, lasciando un grande vuoto ed una commossa memoria,
testimoniata dalle immagini finali del film, quelle dei suoi funerali nella cattedrale
romana di San Giovanni in Laterano. Don Luigi è interpretato in modo sincero e credibile
da Giulio Scarpati, che ne ha messo in luce il carattere caparbio
insieme all’illuminata dimensione pastorale. All’attore, Benedetta Rinaldi,
ha chiesto quale memoria e quale ritratto di uomo scaturiscano dalla sua interpretazione:
R.
- Un uomo instancabile che camminava. Roma la faceva in lungo e in largo, proprio
perché aveva tremila appuntamenti. Ma quella dell’ostello della Caritas, per esempio,
era proprio il passaggio da un tipo di carità ottocentesca ad un tipo di carità più
moderna: come restituire dignità alle persone e riattivare in loro dei meccanismi
di coscienza di sé. Lui raccontava di barboni che perdevano qualunque dignità e voleva
riuscire a restituirgliela, e quindi restituire loro il valore di essere uomini. Questa
della dignità è una costante. Era una persona tenace, forte, instancabile nel suo
spendersi per e con gli altri, con le persone che sono ai margini. Cercava in tutti
i modi di far fare loro un salto in avanti, di riuscire a strapparli alla loro condizione
di emarginazione. Ha usato anche i media, ha usato anche la stampa, ha cercato di
forzare in certi casi anche la politica. Teneva sempre il fiato sul collo su tutte
le amministrazioni comunali di Roma, proprio perché sentiva il dovere di difendere
i diritti delle persone che non hanno voce.