La solidarietà dei vescovi africani ai partecipanti alla V Conferenza generale degli
episcopati latinoamericani. Intervista col il cardinale Peter Erdő
"Vorrei suggerirvi di fare tutti gli sforzi possibili per approfondire le diverse
questioni dell’agenda della nostra Conferenza, tenendo sempre presente il tema centrale:
discepoli e missionari di Gesù Cristo perché i nostri popoli abbiano vita". Sono le
parole del cardinale Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione per i Vescovi
e della Pontificia Commissione per l’America Latina, indirizzate ai partecipanti alla
grande conferenza degli episcopati latinoamericani in corso ad Aparecida. L’intervento
del cardinale Re ha introdotto i lavori dell’incontro, inaugurato da Benedetto XVI.
Il servizio di Luis Badilla Morales:
"Il documento
cosiddetto "Sintesis" - ha spiegato il cardinale Re - che raccoglie i contributi delle
chiese latinoamericane e caraibiche, sotto la guida dei pastori, contiene un’ampia
gamma di riflessioni, di analisi e di idee. Si tratta ovviamente di una grande ricchezza,
ma c’è anche il rischio di voler toccare tutti i temi e, dunque, possiamo perderci
nella vastità dell’analisi a scapito di una sintesi efficace che ci conduca a conclusioni
condivise e pratiche, che possano veramente incidere nel futuro" delle chiese particolari
della regione. Oltre a questo intervento del cardinale Re, ci sono stati tra ieri
e oggi anche quelli di numerosi presidenti di Conferenze episcopali, tra i quali quelli
di Messico, Brasile, Colombia, Costa Rica, Porto Rico e altri. Ciascuno, come prevede
il metodo di lavoro, ha avuto 15 minuti per dare una prima opinione sul documento
sintesi, che poi sarà analizzato capitolo per capitolo. Inoltre, i vescovi partecipanti
hanno potuto ascoltare mons. Francisco João Silota, vescovo di di Chimoio, in Mozambico,
e secondo vicepresidente delle Conferenze episcopali dell’Africa e del Madagascar
(SCEAM/ SELAM), che nel suo saluto si augurato che i frutti di questa Conferenza possano
essere utili anche per le Chiese del resto del mondo e, naturalmente, quelle africane
a nome delle quali ha espresso grande affetto e solidarietà. Mons. Francisco João
Silota ha voluto anche ricordare l’incontro, nel 2000, tra il Celam e SCEAM/ SELAM
tenutosi a Maputo e durante il quale furono stabiliti meccanismo di coordinamento
e scambio di esperienze. “Perciò, ha sottolineato, tutto quanto accada qui in questi
giorni sarà per noi molto importante e, in certo modo, ci sentiamo anche noi parte
di questo incontro di fede e comunione”.
Tra i relatori intervenuti ieri,
alla prima Giornata della V Conferenza degli episcopati latinoamericani e caraibici,
c'era anche l'arcivescovo di Esztergom-Budapest, cardianle Peter Erdö, intervistato
da Davide Dionisi:
R. - Sentiamo
il bisogno di questo scambio di esperienze. La parte orientale del continente europeo,
per esempio, adesso ha tanti problemi riguardo alla giustizia sociale, problemi che
esistevano anche cento anni fa. Nel frattempo, però, ci sono stati due tentativi abbastanza
violenti di risolvere tali problemi. Ambedue cercavano una soluzione senza Dio, contro
la tradizione cristiana del continente e ne conosciamo i risultati. Nessuno dei due
grandi sistemi poteva risolvere il problema dell’uomo, il problema del peccato e del
peso della natura umana. Dopo il crollo del comunismo, invece, non è arrivato il paradiso
terrestre, ma è tornato il vecchio problema tradizionale del libero mercato, del bisogno
della giustizia e tutti gli altri problemi umani. Quindi, dobbiamo conoscere meglio
la reazione attuale della Chiesa in America Latina a simili sfide, che si trovano
sempre nelle regioni periferiche del mondo occidentale. Dall’altra parte, l’occidente
europeo sta cercando nuove vie, soprattutto dietro l’incoraggiamento di Giovanni Paolo
II, per quanto riguarda la nuova evangelizzazione dell’Europa.
D.
- Quali sono le sfide comuni tra il continente latinoamericano e l’Europa?
R.
- Prima di tutto, esiste la secolarizzazione come ovunque nel mondo: la perdita del
senso di alcuni valori, non soltanto cristiani, ma che anche all’epoca dell’Illuminismo
erano considerati valori umani naturali. La cosiddetta "terza generazione" dei diritti
umani sembra a volte cambiare la prima generazione di questi diritti fondamentali,
oppure sembra cambiare il senso di questi diritti. Per esempio, il diritto alla vita
o tutte le questioni della famiglia. Soprattutto, a livello dei progetti della Costituzione
europea, c’è un cambiamento antropologico in corso e questo cambiamento da una parte
significa che la cultura della parola scritta e detta sembra cedere il suo posto alla
cultura, al linguaggio comunicativo delle immagini, della visualità, dei simboli.
E per questo, dobbiamo anche noi nella nostra missione usare largamente tutte queste
possibilità offerte dai mass media e offerte attraverso i grandi incontri internazionali,
come per esempio le GMG. Queste esperienze rispondono già in una certa maniera a questo
cambiamento antropologico. Ma d'altra parte, noi dobbiamo combattere per una cultura
della parola. Noi portiamo la Parola di Gesù Cristo e Lui ci ha dato non soltanto
alcuni segni simbolici, ma ha spiegato anche il senso di questi segni, ha dato anche
un insegnamento verbale e noi dobbiamo trasmettere fedelmente questo insegnamento
e dobbiamo usare anche la capacità umana di ragionare logicamente.