2007-05-10 15:44:21

I Fidei donum preziosa ricchezza per la missione della Chiesa: il loro ministero ha permesso di rafforzare la comunione fra le comunità cristiane nel mondo


L’esperienza dei sacerdoti Fidei Donum, nell’arco di 50 anni, ha aiutato le comunità cattoliche a vivere la comunione fra le Chiese e ha rafforzato la dimensione missionaria delle diocesi. E’ quanto ha sottolineato stamani il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, mons. Giuseppe Betori, al Convegno sui Fidei Donum dal tema “Tutte le Chiese per tutto il mondo”. L’incontro, che si sta svolgendo alla Fraterna Domus di Sacrofano, alle porte di Roma, è stato promosso dalla Pontificia Unione Missionaria per ricordare il 50.mo anniversario dell’Enciclica di Pio XII “Fidei Donum”. Il servizio di Tiziana Campisi: RealAudioMP3


Fra i missionari sparsi in tutto il mondo, i Fidei Donum, oggi, non sono più del 3-4 per cento. Eppure, grazie a loro, parrocchie e famiglie hanno imparato a conoscere la vera dimensione della missione della Chiesa: quella di un annuncio evangelico in cui si sperimenta la comunione, la cooperazione fra diocesi, la ricchezza delle diverse etnie. “Nella Chiesa oggi c’è grande passione per l’evangelizzazione, anche se non riesce a esprimersi con tutte le potenzialità necessarie – ha detto mons. Giuseppe Betori – dove è in gioco l’annuncio del Vangelo, o la salvezza delle anime … dovrebbero scomparire le ragioni umane giustificative di individualismi e interessi, anche istituzionali. Solo così l’annuncio avrà il volto e la forza della Chiesa”. Il presule ha ricordato poi le nuove figure nate con l’esperienza dei Fidei Donum, quelle dei cristiani laici in servizio missionario: singoli, e non di rado anche famiglie, che hanno vissuto periodi di servizio apostolico in missione. Ne sono scaturiti: rapporti di reale fraternità fra pastori, preti, comunità; scambi di notizie; sostegno a svariati progetti. Ma oggi, la diminuzione del clero, ha sottolineato il segretario generale della Conferenza episcopale italiana, sta facendo registrare meno invii da parte delle Chiese di antica tradizione, e la presenza di non cristiani e il diffondersi di un’ampia secolarizzazione e scristianizzazione porta alcuni ad affermare che anche in queste sono necessarie missioni. Ciò, ha osservato il presule, non deve far perdere di vista l’universalità della Chiesa e la destinazione del Vangelo. “Non solo le Chiese del sud del mondo hanno bisogno della nostra cooperazione – ha affermato mons. Betori – ma noi abbiamo bisogno di loro per crescere nell’universalità e nella cattolicità, nello slancio missionario da spendere su tutti i fronti”. Per il presule “davanti ai cambiamenti che vive la nostra società”, c’è molto da “imparare dalla scuola della missione, dalle scelte e dalle esperienze delle Chiese sorelle, che già da tempo si confrontano con le dinamiche del dialogo interreligioso, della multiculturalità”. Per questo occorrono progetti pastorali missionari che esplicitino criteri e modalità delle partenze dei preti e dei laici, uffici di animazione della missionarietà nelle diocesi ed un ampio coinvolgimento delle Chiese che accolgono i Fidei Donum. In conclusione, poi, mons. Giuseppe Betori ha evidenziato la necessità di valorizzare l’esperienza dei Fidei Donum rientrati, di formare quanti si preparano ad andare in missione e di migliorare la cooperazione fra le diocesi. E nel ricordare i 50 anni dell’Enciclica Fidei Donum di Pio XII, il presule ha rilevato che se i tempi sono mutati restano ancora validi ed urgenti gli obiettivi di carità pastorale e che oggi, in particolare, gli orizzonti vanno allargati verso l’Asia, per portare la buona novella fino agli estremi confini della terra.







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