2007-05-09 15:26:45

L’arcivescovo Marchetto: rispettare dignità e diritti degli immigrati, anche se irregolari


Le migrazioni al centro del Colloquio organizzato dalla Conferenza episcopale regionale dell’Africa occidentale francofona (CERAO). All’incontro svoltosi ieri ad Abijan, in Costa d’Avorio, ha partecipato l’arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti. Il servizio di Roberta Gisotti: RealAudioMP3


 “Luci ed ombre” nella gestione del fenomeno migratorio, collegato alla miseria e al sottosviluppo di popoli e Paesi, nel contesto della globalizzazione: ne ha parlato l’arcivescovo Marchetto, richiamandosi in particolare all’Istruzione “La Carità di Cristo verso gli immigrati”, pubblicato nel 2004 dal Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, dove si prospetta “una visione globale del fenomeno migratorio”, sottolineandone “soprattutto gli aspetti religiosi e socioculturali, pure incoraggiando l’impegno per un ordine mondiale, etico, economico e politico più giusto”.

 
Nel corso degli ultimi 20 anni – ha ricordato il presule – si è dimezzata dal 40 al 20 per cento la percentuale di chi vive con meno di un dollaro al giorno. “Questo è un buon risultato”. Ma ancora oggi oltre un miliardo di persone versa in povertà estrema e la metà della popolazione sopravvive con meno di due dollari al giorno.

 
Allora, “molto resta da fare – ha ribadito l’arcivescovo - per distribuire in modo più equo i benefici della mondializzazione e per affrontare in maniera più adeguata le sfide dell’emigrazione, interna ed internazionale, volontaria o forzata, che è divenuta un fenomeno strutturale”.

 
Sul piano pastorale, mons. Marchetto, ha insistito che per la Chiesa la “persona con i suoi diritti e i suoi doveri deve essere rispettata pure se in una posizione irregolare”. “E’ qui entra in gioco – ha detto - la carità cristiana per gli altri”. Ha sollecitato quindi “un buon coordinamento tra la Chiesa d’arrivo e quella di partenza”, che resta “la Chiesa madre che non può abbandonare a se stessi i suoi figli che partono, verso i quali deve continuare a mostrare la sua sollecitudine attiva e la sua carità pastorale”. Necessari dunque “lo scambio regolare di informazioni tra Chiese, gli incontri bilaterali dei vescovi e le visite periodiche e reciproche dei responsabili delle Chiese per mantenere vivi i legami della memoria e la conoscenza del patrimonio culturale e religioso degli immigrati”.







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