Trentotto nuove reclute della Guardia Svizzera hanno giurato fedeltà al Papa e alla
Chiesa
Tre dita della mano destra sollevate in alto, a simboleggiare la Trinità: con questo
gesto, ieri pomeriggio, 38 nuove reclute della Guardia Svizzera hanno prestato giuramento
al Papa e alla Chiesa. La solenne cerimonia è avvenuta nell’anniversario del Sacco
di Roma, compiuto dai Lanzichenecchi di Carlo V il 6 maggio del 1527. In quell’occasione,
147 guardie svizzere sacrificarono la loro vita per difendere Papa Clemente VII. Il
servizio di Isabella Piro: (rullo
di tamburi)
“Giuro di servire fedelmente, lealmente
e onorevolmente il Sommo Pontefice Benedetto XVI e i suoi legittimi successori, come
pure di dedicarmi a loro con tutte le forze, sacrificando, ove occorra, anche la vita
per la loro difesa. Assumo del pari questi impegni riguardo al Sacro Collegio dei
Cardinali per la durata della Sede vacante. Prometto inoltre al Capitano Comandante
e agli altri miei Superiori rispetto, fedeltà e ubbidienza. Lo giuro. Che Iddio e
i nostri Santi Patroni mi assistano.”
(musica)
Con
questa formula solenne, pronunciata dal cappellano, mons. Alain de Raemy, e ripetuta
da ogni singola recluta, 38 nuove Guardie Svizzere, ieri pomeriggio, hanno giurato
fedeltà al Sommo Pontefice e alla Chiesa. La mano sinistra protesa sulla bandiera
del Corpo e tre dita della mano destra sollevate ad indicare la Trinità, l’esercito
più piccolo del mondo, voluto nel 1506 da Giulio II, ha accolto le nuove leve nel
giorno che commemora il Sacco di Roma del 1527. “Cristo stesso sia la vostra corazza”,
ha ricordato il comandante del Corpo, il colonnello Elmar Theodor Mäder, presiedendo
la cerimonia nell’Aula Paolo VI, scelta al posto del tradizionale Cortile di San Damaso
a causa del maltempo. E poi ha aggiunto:
“Sacrificare,
ove occorra, anche la vita per la difesa del Sommo Pontefice, non significa semplicemente
affrontare la morte in un momento tragico. Occorre qui, con il nostro servizio, oggi
e giorno per giorno, dare la vita per il Santo Padre e per la Chiesa”.
Il
giuramento non è in contrasto con la Parola di Cristo, ha sottolineato mons. de Raemy,
poiché la tradizione cristiana, tra cui San Paolo, afferma che si può giurare per
un motivo “grave e giusto”:
“L’esempio che ci danno
oggi le Guardie Svizzere è quello dell’assoluta fedeltà, una fedeltà al ministero
del successore di Pietro che implica tutte le forze e, se necessario, anche il sacrificio
della vita. È veramente un sì eccezionale, un sì da giurare, che conferma e rafforza
i sì e i no quotidiani di verità che ci si aspetta da ogni discepolo di Gesù”.
E
ieri mattina, l’arcivescovo Dominique Mamberti, segretario vaticano per i Rapporti
con gli Stati, aveva presieduto, in San Pietro, una Messa in onore delle Guardie Svizzere.
Guardie definite “buoni cristiani e soldati esemplari” dallo stesso Benedetto XVI,
che sabato scorso le aveva ricevute nella Sala Clementina.