Nel Regno Unito, un nuovo test rivela il sesso del nascituro alla sesta settimana
di gestazione. Scoppia la polemica: “Non sostituitevi a Dio”
“Non giocate
a fare Dio”: è l’invito che alcune associazioni antiabortiste hanno rivolto nel Regno
Unito alle coppie in attesa di un figlio, in polemica con il nuovo test che permette
di scoprire il sesso del nascituro ad appena sei settimane di gestazione. Il kit si
chiama “Pink or Blue” e costa circa 280 euro. La sua accuratezza – sostengono i produttori
– è del 98% dopo sei settimane e non dopo le tradizionali 20, quando il sesso si può
scoprire tramite un’ecografia. Il funzionamento, concettualmente, è abbastanza semplice
e si fonda sull’analisi del DNA nel sangue della madre. Il DNA del feto è infatti
presente nel sangue materno a partire dalla sesta settimana: se il laboratorio identifica
il cromosoma Y, significa che il bambino sarà maschio. “I genitori sono sempre emozionati
dalla gravidanza – ha affermato il direttore della società produttrice, David Nicholson
– molti preparano una nuova stanza per il bambino e non vogliono aspettare per scoprire
se il figlio è maschio o femmina”. Ma secondo i gruppi contro l’aborto, il test è
pericoloso e rischia di indurre alcune coppie, soprattutto quelle di gruppi etnici
dove esiste una preferenza per i figli maschi, a decidere di disfarsi del feto perché
è “del sesso indesiderato”. Preoccupazione, in particolare, per il Regno Unito, che
già registra uno dei tassi più alti di interruzioni di gravidanza in Europa, con circa
185 mila interventi l’anno. “C’è un reale rischio che alcune persone sceglieranno
di abortire bambini di un determinato sesso – ha commentato Julia Millington, della
Prolife Alliance – Siamo già arrivati al punto che gli ospedali in certe parti del
Regno Unito non rivelano più il sesso del nascituro. Se gli ospedali adottano questa
politica – ha concluso – è perché esiste un vero problema”. (A cura di Roberta
Moretti)