2007-05-03 15:16:17

Israele: vacilla il governo Olmert per il rapporto sulla guerra in Libano: intervista con Antonio Ferrara


Sempre più difficile il futuro politico del premier Ehud Olmert. Dopo le accuse di cattiva gestione della guerra in Libano, nel luglio dello scorso anno, evidenziate dal rapporto parlamentare sulla conduzione del conflitto, aumentano le richieste di dimissioni, numerose anche dallo stesso Kadima, il partito del capo del governo. Ma che cosa potrebbe cambiare in Israele con le dimissioni di Olmert? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Marcella Emiliani, docente di Sviluppo Politico del Medio Oriente all’Università di Bologna:
 
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R. – Le eventuali dimissioni di Olmert non cambierebbero di molto il quadro politico in Israele. Cioè, in questo momento, ad essere molto, molto debole è il partito al governo, Kadima. L’attuale ministro egli esteri, signora Livni, non potrebbe che ristringere le stesse alleanze che ha stretto Olmert. Ci troviamo, quindi, ad una gravissima crisi di leadership in Israele.
Evidentemente la guerra in Libano non era neanche pienamente sentita dalla popolazione. Israele, in fin dei conti, la guerra non la ha tecnicamente persa, è stata fatta male. La cosa grave è che l’ha persa dal punto di vista morale, l’ha persa dal punto di vista della popolarità. E’ una guerra che ha rilanciato alla grande gli hezbollah ed è una guerra che ha minacciato da vicino Israele: i missili sono piovuti su Haifa, su Tel Aviv. La sicurezza, che è il primo comandamento di Israele, è stata violata nella maniera più assoluta. E’ quindi lo scacco politico grave: Israele che aveva fama di essere il Paese con il miglior esercito del Medio Oriente, in occasione della guerra in Libano ha dimostrato che questo esercito non è più all’altezza della sua fama.

 
D. – Questo potrebbe voler dire che in tempi brevi potremmo aspettarci un nuovo intervento militare israeliano nel sud del Libano proprio per mettere a posto le cose che sono state lasciate in sospeso?

 
R. – Dubito fortemente che con l’aria che tira in questo momento in Medio Oriente, Israele abbia bisogno di ricorrere ad una prova di forza come questa che, tra l’altro, non potrebbe essere fatta senza l’esplicito consenso degli Stati Uniti. Un’azione di nuovo di Israele nei confronti del Libano manderebbe all’aria un sacco di tavoli su cui, invece, le diplomazie internazionali stanno lavorando.

 
D. – Gli effetti sulla situazione israelo-palestinese?

 
R. – Il punto è proprio questo: per quanto debolissimo questo governo, anche se riluttante, è quello su cui si pensa sia più facile il dialogo con i palestinesi. Se questo governo dovesse crollare, se non riuscisse alla Livni di tenere in piedi il governo di Kadima, ci troveremmo al governo il Likud, Benjamin Netanyahu, che con i palestinesi ha certamente un approccio molto molto più difficile. Quindi Kadima è debole, ma rappresenta una delle poche speranze di dialogo con i palestinesi. Se torna Netanyahu ci ritroviamo in una situazione grave come quella che portò poi al fallimento degli accordi di Oslo.

 
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