Grande solidarietà per i ragazzi della cooperativa agricola Valle del Marro devastata
dagli uomini della 'ndrangheta
Messaggi di solidarietà da molte istituzioni sono arrivati alla cooperativa agricola
Valle del Marro, dell’associazione “Libera”, distrutta due notti fa a Gioia Tauro.
L’azienda produce derrate alimentari su terreni confiscati ai boss locali della ’ndrangheta,
e ora l’obiettivo è far ricominciare al più presto la produzione. Per evitare altri
atti intimidatori è stato deciso che la cooperativa sarà sottoposta a controlli ed
attività di vigilanza, da parte delle forze di polizia. Alessandro Guarasci
ha intervistato don Pino De Masi, coordinatore di Libera in Calabria:
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R.
– I ragazzi hanno ripreso l’attività, questa mattina, con uno spirito di serenità
e con maggiore determinatezza, perché noi riteniamo che questo episodio che è successo
a noi, ma anche gli episodi accaduti alle varie cooperative che si trovano nelle stesse
condizioni, sono il segnale di una debolezza della mafia. La mafia ha capito che lo
Stato ha imboccato la strada giusta, quella della confisca dei beni, e allora cerca
di utilizzare la strategia dello scoraggiamento dei ragazzi. Invece, i ragazzi sono
più motivati che mai.
D. – Ma vi erano state, comunque, delle avvisaglie?
R.
– No, delle avvisaglie, no. C’è stato un precedente nel mese di dicembre, quindi c’è
stato anche un altro atto intimidatorio, e nello stesso luogo dove era già stato rubato
un attrezzo agricolo.
D. – Lei ha detto che, in sostanza, la mafia, o meglio,
la ‘ndrangheta, ha capito a questo punto che lo Stato sta imboccando la via giusta,
dunque la confisca dei beni. Ma con quale spirito, però, la vostra attività viene
presa anche dalla comunità locale?
R. – La comunità locale è tutta con noi.
Io credo che i gesti di solidarietà che stiamo avendo in questi giorni, da ieri, sono
proprio ininterrotti. La gente comune è con noi e per fortuna abbiamo anche lo Stato
con noi, le istituzioni. Non dimentichiamoci che a Polistana il 21 marzo c’è stata
una manifestazione con oltre 30 mila persone, e tantissimi, moltissimi erano gente
del luogo. Quindi, la gente ha cambiato atteggiamento. Forse perché aveva ragione
quel santo prete che si chiamava don Italo Calabrò che diceva a noi preti giovani:
è nel coraggio dei pastori che la gente ritrova il proprio coraggio.