2007-04-22 10:08:52

La Chiesa di Palermo è in festa per la Beatificazione di padre Francesco Spoto della Congregazione dei Missionari Servi dei Poveri


Palermo ha un nuovo Beato. E’ padre Francesco Spoto della Congregazione dei Missionari Servi dei Poveri, fondata nel capoluogo siciliano nel 1887 dal padre Giacomo Cusmano, beatificato a sua volta nel 1983 da Giovanni Paolo II. Un avvenimento di particolare rilievo, perché per la prima volta si celebra una Beatificazione nell’arcidiocesi di Palermo. Dal capoluogo siciliano, il servizio di Alessandra Zaffiro: RealAudioMP3

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La toccante, commovente celebrazione Eucaristica che ha avuto luogo in una cattedrale gremita, è stata presieduta dall'arcivescovo emerito di Palermo, cardinale Salvatore De Giorgi, in qualità di delegato di Papa Benedetto XVI: presenti l'arcivescovo del capoluogo siciliano, mons. Paolo Romeo e tutti i vescovi dell’isola. Padre Spoto, siciliano, nato a Raffadali nel 1924, dichiarato martire da Benedetto XVI il 26 giugno 2006, morì nel 1964, a soli 40 anni, perseguitato come missionario e come bianco dai guerriglieri nell’ex Congo belga, dove, come ha recitato il cardinale De Giorgi nell’omelia, “vive la drammatica esperienza di chi è costretto a sottrarsi ai continui agguati degli aggressori, pieno di preoccupazioni per la salute e la vita dei confratelli". "Pestato a sangue e colpito selvaggiamente al torace l’11 dicembre - ha ricordato il porporato - sopporta per sedici giorni una estenuante agonia perdonando i suoi uccisori. A Natale entra in coma e due giorni dopo raggiunge l’Apostolo prediletto nel cielo”.

 
“L’ubbidienza della fede – ha proseguito il cardinale De Giorgi - ecco il segreto della santità del Beato Spoto che si è abbandonato alla volontà del Signore, senza riserve. Ora che padre Spoto è stato elevato all’onore degli altari, rivolge a noi l’invito alla santità, non compiendo necessariamente cose straordinarie, ma svolgendo i doveri di ogni giorno in famiglia, sul posto di lavoro, nella Chiesa e nella società, con amore grande e sincero a Dio, nell’osservanza della sua legge, e al prossimo mettendo in pratica il comandamento dell’amore vicendevole che Gesù ha lasciato come unica tessera di riconoscimento di noi cristiani”.

 
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