La Chiesa di Palermo è in festa per la Beatificazione di padre Francesco Spoto della
Congregazione dei Missionari Servi dei Poveri
Palermo ha un nuovo Beato. E’ padre Francesco Spoto della Congregazione dei Missionari
Servi dei Poveri, fondata nel capoluogo siciliano nel 1887 dal padre Giacomo Cusmano,
beatificato a sua volta nel 1983 da Giovanni Paolo II. Un avvenimento di particolare
rilievo, perché per la prima volta si celebra una Beatificazione nell’arcidiocesi
di Palermo. Dal capoluogo siciliano, il servizio di Alessandra Zaffiro:
********** La
toccante, commovente celebrazione Eucaristica che ha avuto luogo in una cattedrale
gremita, è stata presieduta dall'arcivescovo emerito di Palermo, cardinale Salvatore
De Giorgi, in qualità di delegato di Papa Benedetto XVI: presenti l'arcivescovo del
capoluogo siciliano, mons. Paolo Romeo e tutti i vescovi dell’isola. Padre Spoto,
siciliano, nato a Raffadali nel 1924, dichiarato martire da Benedetto XVI il 26 giugno
2006, morì nel 1964, a soli 40 anni, perseguitato come missionario e come bianco dai
guerriglieri nell’ex Congo belga, dove, come ha recitato il cardinale De Giorgi nell’omelia,
“vive la drammatica esperienza di chi è costretto a sottrarsi ai continui agguati
degli aggressori, pieno di preoccupazioni per la salute e la vita dei confratelli".
"Pestato a sangue e colpito selvaggiamente al torace l’11 dicembre - ha ricordato
il porporato - sopporta per sedici giorni una estenuante agonia perdonando i suoi
uccisori. A Natale entra in coma e due giorni dopo raggiunge l’Apostolo prediletto
nel cielo”.
“L’ubbidienza della fede – ha proseguito
il cardinale De Giorgi - ecco il segreto della santità del Beato Spoto che si è abbandonato
alla volontà del Signore, senza riserve. Ora che padre Spoto è stato elevato all’onore
degli altari, rivolge a noi l’invito alla santità, non compiendo necessariamente cose
straordinarie, ma svolgendo i doveri di ogni giorno in famiglia, sul posto di lavoro,
nella Chiesa e nella società, con amore grande e sincero a Dio, nell’osservanza della
sua legge, e al prossimo mettendo in pratica il comandamento dell’amore vicendevole
che Gesù ha lasciato come unica tessera di riconoscimento di noi cristiani”.