La cristianità della Terra Santa in festa per la Pasqua celebrata in comune tra cattolici,
ortodossi e protestanti
E' una coincidenza poco frequente, ma quando si verifica - come quest'anno - conferisce
alla festa quella dimensione unitaria perduta con lo scisma. Nel 2007, cattolici e
ortodossi festeggiano la Pasqua nello stesso giorno. Come è noto, le Chiese d'Occidente,
comprese quelle protestanti, fissano la data della Pasqua secondo il calendario "gregoriano",
risalente alla riforma di Papa Gregorio XIII del 1582. Le Chiese d'Oriente, invece,
si rifanno al più antico calendario "giuliano", fissato da Giulio Cesare nel 46 a.
C. La convergenza delle due date assume un particolare significato in Terra Santa:
in questi giorni una folla di cattolici e ortodossi ha riempito i Luoghi Santi nei
quali, per via delle norme che regolano lo status di Gerusalemme, questa mattina ha
già avuto luogo la Veglia pasquale. La cronaca della cerimonia nel servizio di Graziano
Motta: **********
Una marea di fedeli,
in gran parte pellegrini venuti da ogni parte del mondo, in particolare dalla Russia,
ma quest’anno anche molti cristiani palestinesi, giunti con il permesso delle autorità
israeliane dai Territori occupati della Cisgiordania, ha invaso la città vecchia accalcandosi
nel piazzale antistante e nelle viuzze attorno alla Basilica del Santo Sepolcro, per
la cerimonia più sentita del Triduo Pasquale, che vi si svolge: cioè, l’accensione
del fuoco nuovo all’interno della cappella dell’Anastasi, accanto al Sepolcro vuoto
di Gesù, per testimoniare che con la sua Risurrezione una luce nuova da Gerusalemme
si propaga nell’universo. Una cerimonia liturgica delle Chiese ortodosse nei vari
riti, alla quale partecipano non solo loro fedeli, ma anche i cattolici. E’ così il
momento ecumenico più alto della Chiesa madre di Gerusalemme: il fuoco nuovo viene
trasferito dall’interno dell’edicola attraverso degli oblò a ceri e candele di fedeli
al suo esterno e da questi passato ad altri anche fuori della Basilica. Raggiungerà
poi località cristiane vicine e lontane, trasportato anche in aereo, a cominciare
da Atene, grazie a due euzoni, guardie della presidenza della Repubblica greca, inviate
appositamente a Gerusalemme. Prima di questo evento centrale nella giornata del Sabato
Santo nella Basilica, davanti alla Cappella dell’Anastasi, la Chiesa latina di Gerusalemme
ha celebrato la Risurrezione del Signore. La Messa è stata presieduta dal vescovo
Fouad Twal, coadiutore del patriarca Michel Sabbah. Dopo la settima lettura della
liturgia della Parola, il presule ha intonato l’inno del “Gloria in excelsis Deo”
e al canto sono state sciolte le campane e l’organo ha innalzato altissime le sue
note. Al momento di tripudio della proclamazione della Risurrezione del Signore, fatta
proprio sul luogo dell’avvenimento, hanno assistito i tantissimi fedeli ortodossi
presenti. Ha fatto seguito la liturgia di benedizione dell’acqua battesimale e la
liturgia eucaristica, conclusa da un triplice “Alleluia”.
********** Nonostante
le ultime, drammatiche notizie di cronaca - oggi elicotteri israeliani hanno provocato
un morto fra i palestinesi, durante un attacco nella Striscia di Gaza - la tregua
che sostanzialmente regge dopo sei anni di violenze ha permesso ai fedeli di tornare
in massa a celebrare la Pasqua tra le strade della Citta' Santa. Secondo le autorità
israeliane, ottomila palestinesi cristiani dalla Cisgiordania e 500 dalla Striscia
di Gaza hanno avuto il permesso di raggiungere Gerusalemme, nonostante il blocco della
circolazione imposto per la Pasqua ebraica. Lo conferma mons. Fouad Twal, coadiutore
del Patriarcato Latino di Gerusalemme, intervistato da Luca Collodi: **********
R.
- Abbiamo una folla di gente, davvero enorme, in particolare ortodossi provenienti
dalla Russia ma anche pellegrini italiani. Le piccole e le strette strade di Gerusalemme
sono piene ed è difficoltoso anche camminare, c'è bisogno talvolta dell'aiuto della
Polizia. In questi giorni, poi, è stata celebrata anche la Pasqua ebraica: immaginate
tutta questa marea di gente sparsa per le piccole strade di Gerusalemme. E’ una grande
gioia vedere tutta questa gente che viene a pregare, ma è certamente complicato riuscire
a raggiungere i Luoghi Santi.
D. - Mons. Twal, le
autorità israeliane hanno dimostrato disponibilità nei confronti delle cerimonie cristiane?
R.
- Sì, quest’anno, come è avvenuto anche a Natale, hanno dato permessi ai nostri fedeli
per raggiungere Gerusalemme. Ma noi non vogliamo delle eccezioni o dei permessi di
tanto in tanto, per raggiungere Gerusalemme o Betlemme. Ci auguriamo di riuscire ad
arrivare ad una situazione di pace e di fiducia reciproca, cosicché tutti i cristiani
- e non soltanto gli stranieri, ma anche i nostri, quelli della Giordania e della
Siria - possano avere il privilegio, la gioia di venire a pregare con noi al Santo
Sepolcro.
D. - La situazione del Medio Oriente,
in questa Pasqua 2007, qual è realmente sul terreno?
R.
- Ci sono maggiori segni di speranza, ma a livello nazionale e locale la situazione
è sempre la stessa ed i check point sono sempre lì. Non è cambiato molto. C’è solamente
una maggiore speranza. A livello internazionale - ringraziamo il Signore - sembra
che qualcosa si muova: il governo israeliano, attraverso il premier Olmert, ha offerto
più di una volta la disponibilità ad incontrare le controparti. Noi saremmo certamente
più felici di vedere i fatti: i discorsi sono sì belli e danno speranza, ma nessuno
di noi - né arabi, né israeliani - può vivere solo di discorsi.
D.
- Mons. Twal, un ultimo segnale ed anche questo di speranza, è l’aumento dei pellegrini
in Terra Santa in queste ore...
R. - E' fantastico.
La loro presenza significa molto, veramente molto per noi. Rappresenta la comunione
ecclesiale fra noi tutti. Dimostra anche che non siamo soli, non siamo abbandonati.
Con alcuni preghiamo insieme, con altri facciamo gemellaggi, con altri ancora facciamo
progetti. Spero che questa Pasqua sia una festa di Risurrezione per tutti, per tutto
il Medio Oriente, così che anche il Medio Oriente possa avere la sua gioia e possa
cantare “Alleluia” con pace e con rispetto reciproco.
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L'occasione della Pasqua celebrata comunemente l'8 aprile viene molto
sottolineata anche in ambito ortodosso. Il Patriarca ortodosso russo, Alessio II,
ha inviato un messaggio di auguri a Benedetto XVI, e anche il Patriarcato Ecumenico
di Costantinopoli vede in questa circostanza un segno di quella piena comunione cui
aspirano cattolici e ortodossi, come sottolineato nel novembre scorso durante il viaggio
del Papa in Turchia. Ecco il commento di Sua Eminenza Gennadios Zervos, arcivescovo
ortodosso di Italia e di Malta del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ed Esarca
patriarcale per l’Europa meridionale, al microfono di Giovanni Peduto:
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R.
- Dalla spiritualità della Settimana Santa proviene la forza spirituale e morale che
permette alla nostra Chiesa di essere forte per celebrare la grande festa fra le feste,
la grande solennità fra le solennità: la Pasqua, con la presentazione dello Sposo
della Chiesa che è Cristo. Ecco l’uomo di cui celebriamo la Crocifissione, con gli
inni che elevano l’anima del fedele ortodosso per prepararsi bene, per essere fedele
a Dio, per essere pieno di speranza e di amore così da poter poi celebrare la grande
festività della Risurrezione.
D. - Eminenza, come
viene rappresentata dagli artisti ortodossi la Pasqua?
R.
- Gli artisti ortodossi rappresentano la Pasqua con una grande figura vittoriosa:
Cristo che tiene in una mano Adamo ed Eva nell’altra. Cristo esce dalla tomba della
morte per passare alla vittoria, al Regno eterno, alla vita eterna. Questa è la grande
icona che dà a tutti noi la gioia, la pace e la speranza: sono i messaggi della Risurrezione,
insieme all’unità e alla convivenza fra tutte le creature di Dio.
D.
- Eminenza, i cristiani come possono testimoniare al mondo Gesù Risorto?
R.
- La grande importanza della nostra testimonianza agli altri è la nostra unità. Unità
che in questa grande festa di Pasqua invochiamo continuamente, affinché tutti - e
non soltanto i cristiani - possiamo essere uniti e fedeli in Cristo nostro Salvatore.
Lo stesso Gesù Cristo ci dice di essere uniti affinché il mondo creda.
D.
- Cristiani ed ortodossi si sforzano di camminare sulla via dell’unità. Quali sono
le sue speranze, eminenza?
R. - Io credo che le speranze
siano molto concrete. A noi rimane il dovere e la responsabilità di collaborare fraternamente
fra di noi, di soffrire anche per questa divisione. Questo è, forse, il più grande
peccato che dobbiamo patire noi cristiani sulla strada che ci porta alla realizzazione
della volontà di Dio, di non essere cioè tutti una sola cosa. Dall’altra parte lo
dimostra lo storico incontro fra Papa Benedetto XVI e il Patriarca di Costantinopoli,
Bartolomeo I: io ho avuto l’onore e la gioia di vedere e condividere questo abbraccio
storico. Un gesto che ha rappresentato veramente una grande speranza per arrivare
a realizzare la volontà di Dio. Ognuno di noi deve prestare la propria attenzione,
il proprio interessamento, la propria dedizione e il proprio sacrificio per riuscire
a realizzare la volontà di Dio. Io sono tanti anni che sono qui in Italia e posso
dire che sono molti i passi in avanti compiuti. Oggi, abbiamo scoperto di essere veramente
fratelli, di essere Chiese sorelle, figli dello stesso Dio. Ora, dobbiamo collaborare
insieme per realizzare la volontà di Dio. Poco prima della sua Passione, Gesù ha pregato
perchè fossimo una cosa sola affinché il mondo creda.