La soddisfazione della comunità internazionale per la decisione dell'Eritrea di
vietare la mutilazione genitale femminile
Grande soddisfazione nella comunità internazionale per la decisione del governo eritreo
di proibire la pratica della mutilazione genitale femminile. La misura è retroattiva,
essendo entrata in vigore il 31 marzo. I contravventori andranno incontro a multe
e anche alla prigione. Si calcola che nel mondo ogni anno circa 3 milioni di bambine
e adolescenti subiscano tale pratica barbara e che in totale siano circa 140 milioni
le donne che l’hanno già subita. Debora Donnini ha chiesto a Riccardo Noury,
portavoce di Amnesty International Italia, quanto è importante nella lotta alle mutilazioni
genitali femminili questo provvedimento adottato in Eritrea:
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R. – E’ un provvedimento importantissimo, perché avviene in un Paese nel
quale le mutilazioni genitali femminili sono state e sono largamente praticate. Quindi,
non c’è modo migliore per fermare una pratica così brutale che avere una legge che
la proibisca. E’ importante che avvenga in Africa, perchè è un continente piagato
da questa terribile pratica, ma è il continente nel quale negli ultimi decenni sono
stati fatti passi avanti, sia in termini di mobilitazione di gruppi femminili, di
organizzazioni non governative e di governi, fino ad arrivare pochi anni fa al protocollo
di Maputo, che è uno strumento giuridico molto importante, a tutela delle vittime
delle mutilazioni genitali femminili.
D. – Questa
legge è un passo importante, anche se sicuramente è necessario intervenire, anche
a livello di istruzione…
R. – Sì, bisogna aggirare
questo fenomeno per reprimerlo in maniera netta da più parti. Intanto, c’è bisogno
di una legge, perché senza una legge, che è un riferimento normativo che vieta questa
pratica definendola illegale, non si può fare nessun passo avanti. Quello che la legge
non prevede, perché forse non è neanche compito suo, è quello di una formazione della
sensibilizzazione dell’opinione pubblica, delle donne in particolare, e di tutti i
gruppi che possono sul piano professionale – penso in primo luogo ai medici – fare
qualcosa per convincere chi pratica le mutilazioni e poi chi le subisce che si tratta
di violazioni di un diritto fondamentale, che è quello all’integrità fisica della
persona umana.
D. – Questa pratica è più legata alla
cultura…
R. – Sì, sono pratiche tradizionali, che,
tra l’altro, si muovono anche con i flussi migratori. Quindi, acquistano una dimensione
abbastanza globale. Molto spesso le bambine subiscono questa pratica contro la propria
volontà ed hanno, in qualunque modo siano praticate, in qualunque forma, delle conseguenze
fisiche e psicologiche devastanti e spesso permanenti. Insorgono complicazioni fisiologiche,
disfunzioni, infezioni, complicazioni psicologiche e sessuali, che hanno un impatto
permanente sulla vita di migliaia di donne ogni anno.