2007-04-06 14:20:51

Il commento di mons. Comastri sul Venerdì Santo


Per una riflessione sul Venerdì Santo ascoltiamo l’arcivescovo Angelo Comastri, vicario del Papa per lo Stato del Vaticano e arciprete della Basilica di San Pietro, intervistato da Giovanni Peduto: RealAudioMP3

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R. – Il Venerdì Santo è la giornata nella quale noi dobbiamo rimetterci davanti alla Croce di Gesù per prendere due lezioni. La prima lezione è la serietà del peccato: guardando il Crocifisso si capisce che dramma si nasconde dietro il peccato. Il peccato rende il figlio di Dio fatto uomo una vittima perché quando il santo, il giusto, il buono, il puro, entra dentro questa storia è inchiodato alla croce, allora questa storia è malata, è infetta, è segnata da una tragedia e questa tragedia è il peccato. La Croce, il Crocifisso, ci gridano la serietà del peccato. Il peccato è la vera malattia dell’umanità. Il peccato è la causa di tutte le sofferenze, è la causa di tutte gli squilibri, perché il peccato ci stacca da Dio e Dio soltanto è il punto di equilibrio della storia della creazione. Il Venerdì Santo ce lo ricorda. Dall’altra parte, il Venerdì Santo ci dice anche che in questa storia segnata dal peccato Dio si è reso presente, Dio ci è entrato dentro e ha messo dentro questa storia un infinito atto di amore. Gesù ha detto sulla croce: “Padre perdonali perché non sanno quello che fanno” e come ultima parola, l’evangelista Giovanni che era presente sul Calvario ha raccolto: “Tutto è compiuto”. Cosa vuol dire? Ho amato fino all’ultima briciola, ho raccontato l’amore di Dio e ho collocato l’amore di Dio dentro la storia. Da quell’atto d’amore, dall’atto di amore della croce parte tutto il fiume di carità che attraversa la storia e che è il mistero stesso della Chiesa. Da quell’atto di amore un persecutore come Saulo diventa un apostolo, un apostolo innamorato come Paolo; da quell’atto di amore, un uomo come Agostino, un uomo segnato dal peccato come Agostino, diventa un grande santo, Sant’Agostino di Ippona. Da quell’atto di amore nasce il cambiamento di un giovane buontempone, gaudente, come Francesco di Assisi, che diventa uno dei più grandi santi di tutti i tempi. Perché? Perché è stato lambito dalla forza della Croce. Da quell’atto di amore nasce il cambiamento di un sacerdote mediocre come Vincenzo de’ Paoli che diventa un apostolo meraviglioso della carità in un secolo difficilissimo, diventa San Vincenzo de’ Paoli. Nella Chiesa tutto il fiume della carità, tutto il fiume dell’impegno parte dalla Croce e il Venerdì Santo ce lo ricorda: è il giorno che ci dice che cos’è il male, ma anche ci dice che Dio ha messo dentro il male della storia e del peccato un infinito atto di amore che è la redenzione.

 
D. – Il Venerdì Santo la Chiesa ci pone davanti il Cristo che soffre e muore sulla Croce: tuttavia il cristianesimo non è una religione dolorista …

 
R. – Non è una religione dolorista ma è la religione che affronta il dolore: è già una risposta al dolore, perché il dolore c’è, il dolore non c’è bisogno di inventarlo, il dolore ormai è nella storia ed è presente nella storia perchè la storia è malata, perché la storia si è staccata da Dio, perché l’uomo ha peccato, perché la libertà umana è diventata orgoglio ed è diventata quindi una libertà che si è crocifissa, che si è mutilata, che si è in qualche modo condannata alla sofferenza, perché perdere Dio non è come perdere il cappello, perdere Dio vuol dire perdere tutto, vuol dire perdere l’infinito, perdere il senso di tutto; quindi il dolore c’è, il dolore non l’ha inventato la Chiesa, il dolore non l’ha inventato il cristianesimo; il cristianesimo ha portato la Salvezza del dolore, ricordandoci che dentro il dolore Dio è entrato, quindi Dio abita anche nel dolore, quindi il dolore è vinto, quindi il dolore può acquistare una finalità, il dolore può diventare un’occasione per amare di più, perché a noi interessa il dolore nella misura in cui può diventare l’occasione per crescere nella carità e per uscire dall’egoismo.

 
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