2007-04-04 15:02:18

La partecipazione del Papa al dramma della popolazione somala: ce ne parla mons. Giorgio Bertin


La cessazione immediata delle ostilità da parte di tutte le forze coinvolte. È l’appello lanciato ieri al Cairo dal Gruppo di Contatto per la Somalia, riunitosi presso la Lega Araba. L'organismo, costituito tra l’altro anche da rappresentati di ONU e Unione Africana, ha invocato la fine degli scontri tra truppe governative appoggiate dall’Etiopia e miliziani delle Corti islamiche. Anche il Papa ha espresso la sua profonda preoccupazione per quanto sta succedendo nel Paese africano. Benedetto XVI ha disposto che la colletta della Messa in Coena Domini, che celebrerà domani, Giovedì Santo, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, venga destinata alla Caritas Somalia di Baidoa. Giancarlo la Vella ne ha parlato con mons. Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio:
 
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R. – Quando il Santo Padre ha scelto quest’opera caritativa si è pensato fosse un segnale mandato al mondo, perchè ci fosse una maggiore attenzione per quanto stava succedendo in Somalia e per quanto è successo in questi ultimi 16 anni. Noi viviamo questa attenzione con senso di gratitudine e vorremmo che la comunità internazionale esercitasse di più il suo potere per riportare una pace sicura in Somalia. Bisogna tener conto che la Somalia è un Paese in questo momento in totale anarchia. Sarà soprattutto nei prossimi giorni, dopo questo gesto molto significativo del Giovedì Santo, che questa vicinanza del Santo Padre sarà percepita maggiormente.

 
D. – Mons. Bertin, c’è poi anche l’emergenza umanitaria che comincia a farsi pressante, la gente fugge in massa dalle violenze…

 
R. – Certamente la gente sta fuggendo in massa da Mogadiscio. Quindi, il problema sarà come poter raggiungere queste persone nelle regioni limitrofe a Mogadiscio. E’ un compito estremamente difficile. Bisognerà appunto sapere per lo meno circoscrivere i combattimenti e l’insicurezza e poi si potranno trovare altre vie per poter raggiungere tutti questi sfollati.

 
D. - Quali speranze ci sono in questa Pasqua, affinché si ricominci a dialogare, a parlare di pace?

 
R. – Le speranze non sono tantissime, devo dire onestamente. In questo momento ci troviamo in una specie di Venerdì Santo. Io spero che la luce della Risurrezione dia speranza a tutti noi che viviamo questa situazione tragica. Io continuo a dire che quanto avviene in questo momento a Mogadiscio deve essere accompagnato da un dialogo politico e, nello stesso tempo, da una fermezza, che riguarda il concetto di autorità, chi rappresenta in questo momento la popolazione somala, e anche evitare soprattutto che individui o gruppi sfruttino questo dialogo per riarmarsi e per continuare ad operare in modo da sabotare qualsiasi rinascita dello Stato somalo.

 
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