Benedetto XVI all'udienza generale: la vera fede non è un artificio intellettuale
ma è quella trasmessa pubblicamente dai vescovi. Il Papa esorta i siciliani a testimoniare
la pace nella legalità e nell'amore
La fede contenuta nel Vangelo non è privilegio di pochi intellettuali, ma è raggiungibile
attraverso la predicazione dei vescovi, successori degli Apostoli, a partire dal Papa.
Ai ventimila fedeli presenti questa mattina in Piazza San Pietro per l’udienza generale,
Benedetto XVI ha parlato dell’unicità, dell’universalità e dell’ispirazione divina
del cristianesimo così come difesi e trasmessi da Sant’Ireneo di Lione già nel 200
dopo Cristo, al tempo dell’eresia gnostica. Il servizio di Alessandro De Carolis:
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“Il
vero insegnamento è quello impartito dai vescovi, che possono provare di averlo ricevuto
per mezzo di una tradizione ininterrotta dagli Apostoli”. La fermezza di queste parole
permise poco meno di duemila anni fa al vescovo Ireneo di Lione di confutare il pensiero
settario degli gnostici che andavano predicando un cristianesimo di tipo “elitario,
intellettualistico”, che permetteva di cogliere a pochi le verità del Vangelo, lasciando
alle masse insegnamenti di scarsa importanza. Benedetto XVI ha ricordato e celebrato
le doti di questo antico presule francese, definito dal Papa “campione della lotta
contro le eresie” e capace di riaffermare “il genuino concetto di tradizione apostolica”:
“La
tradizione apostolica è pubblica, non privata o segreta. Per Ireneo non c’è alcun
dubbio che il contenuto della fede trasmessa dalla Chiesa è quello ricevuto dagli
apostoli e da Gesù, dal Figlio di Dio. Non esiste altro insegnamento che questo. Pertanto,
chi vuol conoscere la vera dottrina basta che conosca la tradizione che viene dagli
apostoli e la fede annunciata agli uomini, tradizione e fede – così dice verbalmente
– sono giunte fino a noi attraverso la successione dei vescovi”.
In
questa tradizione, ha ribadito Benedetto XVI, “occorre considerare in modo speciale
l’insegnamento della Chiesa di Roma, preminente e antichissima, che - ha detto - ha
‘maggiore apostolicità’ perché trae origine dalle ‘colonne’ del Collegio apostolico:
Pietro e Paolo”. E da costoro, fino ai vescovi di oggi, la Tradizione apostolica mostra
anche un altro carattere: quello dell’“unicità”. Per descriverla, il Papa si è servito
delle stesse parole pensate da Ireneo per contrastare gli eretici:
“La
Chiesa, benché disseminata in tutto il mondo, custodisce con cura la fede degli apostoli,
come se abitasse una casa sola. Allo stesso modo, crede in queste verità come se avesse
una sola anima e lo stesso cuore. In pieno accordo, queste verità proclama, insegna
e trasmette come se avesse una sola bocca”.
La
Tradizione apostolica, infine, ha una terza caratteristica fondamentale: è “ispirata
dallo Spirito Santo”:
“Non si tratta, infatti,
di una trasmissione affidata all’abilità di uomini più o meno dotti, ma lo Spirito
di Dio che garantisce la fedeltà della trasmissione della fede. E’ questa la vita
della Chiesa, ciò che rende la Chiesa sempre fresca e giovane, feconda di molteplici
carismi”. Dopo la catechesi e i
saluti ai pellegrini, oggi pronunciati in dieci lingue, Benedetto XVI ha concluso
l’udienza con un pensiero particolare alla Chiesa siciliana, i cui vescovi sono in
questi giorni a Roma per la visita ad Limina. Nell’invitare i presuli dell'isola,
sulla scorta del celebre passo di San Timoteo, ad annunziare integralmente la Parola
di Dio, “in ogni occasione opportuna e non opportuna” e con “rinnovato slancio e fervore”,
il Papa ha aggiunto: “Nessun timore sorprenda mai
e agiti il cuore di tutti voi, cari fratelli e sorelle. Chi segue Cristo non si spaventa
delle difficoltà; chi confida in Lui va avanti sicuro. Siate costruttori di pace nella
legalità e nell’amore, offrendo luce agli uomini del nostro tempo, i quali pur presi
dagli affanni della vita quotidiana, avvertono il richiamo delle realtà eterne”.