Giornata mondiale per la lotta alla Tubercolosi: un milione e 600 mila i morti ogni
anno
E’ la malattia della povertà per eccellenza ed è essa stessa causa di povertà, tanto
che Benedetto XVI, in occasione della Giornata mondiale, che si celebra oggi, ha lanciato
un appello “affinché si sostenga chi ne soffre”. Stiamo parlando della tubercolosi,
patologia concentrata soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, che però non risparmia
anche i Paesi industrializzati, tanto che lo slogan scelto dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità, l'OMS, è: “Ovunque sia, la tubercolosi è dappertutto”. Nel suo messaggio
per la Giornata, il cardinale Javier Lozano Barragán, presidente del Pontificio Consiglio
per la Pastorale della Salute, ha ricordato che la Chiesa è in prima linea nella cura
dei malati di tubercolosi con i suoi numerosi centri sanitari sparsi per il mondo;
il porporato afferma inoltre che “la collaborazione tra lo Stato e la società civile
deve avere sempre come proprio centro di gravità il bene della persona che soffre
e necessita di scelte improntate alla sussidiarietà nel rapporto tra Stato, famiglia
e persona”. Antonella Villani ha chiesto a Mario Raviglione, direttore
del dipartimento dell’OMS per la lotta alla tubercolosi, quale sia la situazione della
malattia nel mondo: **********
R. – La tubercolosi colpisce tutti i Paesi, soprattutto
i giovani adulti, cioè le fasce economicamente più importanti. E se poi andiamo a
vedere il peso relativo, allora vedremo che nei Paesi in via di sviluppo abbiamo praticamente
oltre il 90 per cento dei casi. Inoltre, noi stimiamo che vi siano ogni anno un milione
e 600 mila morti da tubercolosi, malattia, tra l’altro, perfettamente guaribile.
D.
– Quali sono i Paesi più a rischio?
R. – I Paesi
in via di sviluppo sono tutti a rischio. I due terzi di tutti i casi di tubercolosi
al mondo, su questi 8,8 milioni di nuovi casi all’anno, sono in Asia; un 28 per cento
sono in Africa e il resto è distribuito tra Nord Africa, Medio Oriente, Europa ed
America Latina. I tassi più elevati per cento mila abitanti sono di gran lunga quelli
presenti in Africa.
D. – Ha accennato anche all’Europa,
quindi la situazione nel nostro continente qual è?
R.
– Nella Comunità Europea ci sono quasi centomila casi di tubercolosi ogni anno. La
situazione più seria, però, è quella dell’Europa dell’Est, cioè i Paesi dell’ex Unione
Sovietica, dove i tassi sono estremamente elevati e dove è comparsa una forma di tubercolosi
ai massimi livelli al mondo e resistente ai farmaci di prima linea. Più recentemente,
è comparsa una nuova forma di tubercolosi, multifarmaco resistente, che, in più, ha
anche resistenza ai farmaci cosiddetti di seconda linea, e cioè a quelle che erano
in pratica le ultime speranze per il trattamento dei malati multiresistenti.
D.
– Altro problema è che AIDS e tubercolosi sono due malattie che spesso si associano
nel mietere vittime…
R. – Questo è stato visto soprattutto
nel continente africano, dove l’epidemia di AIDS è molto frequente e questo ha contribuito
ad un aumento drastico dei casi in Africa, soprattutto negli ultimi 15-20 anni, cosa
che probabilmente si sta livellando. Se questo avviene, allora ci sarà qualche speranza
anche in Africa. L’epidemia africana è, dunque, trainata da quella dovuta all'HIV.
D.
– A questo punto che fare per sconfiggere questa malattia?
R.
– Esiste una strategia che l’OMS ha propagato a partire dall’anno scorso, che si chiama
“Stop Tb”, che guarda anche all’interazione tubercolosi-AIDS, alla presenza della
multifarmaco resistenza e la resistenza estrema, al coinvolgimento del settore privato,
al coinvolgimento delle comunità affette da tubercolosi, e guarda pure alla ricerca.
Il posto di messa a punto di questa strategia in tutti i Paesi è stato stimato come
parte di un piano globale 2006-2015, il quale richiederà 5 miliardi di dollari all’anno,
di cui oltre la metà sono quelli che, noi prevediamo, i Paesi in via di sviluppo soprattutto
debbano mettere a disposizione. Il resto deve venire per forza di cose dalla comunità
internazionale, perché questo è un problema globale.
D.
– Il piano globale tubercolosi prevede l’eliminazione di questa malattia nel 2050,
ce la faremo?
R. – Fino al 2015 il piano è preciso.
In questo piano ci sono 9 miliardi di dollari che sono previsti per la ricerca in
questo decennio. Se la ricerca produrrà nuovi mezzi diagnostici che permettano di
diagnosticare la malattia molto più rapidamente di quello che si può fare attualmente,
nuovi farmaci che permettano il trattamento anche delle forme resistenti, ma soprattutto
l’accorciamento dei sei mesi di terapia attuali e soprattutto un nuovo vaccino, che
permetta di vaccinare la popolazione mondiale, allora si potrà sperare di arrivare
al 2050 con una situazione di tubercolosi molto meno importante di quella che abbiamo
attualmente.