Costruire un’Europa dei valori, unita e radicata nella sua tradizione cristiana: aperto
a Roma il Congresso degli Episcopati europei per il 50.mo anniversario del Trattato
di Roma
Gli Episcopati europei celebrano il 50.mo anniversario del Trattato di Roma con un
grande convegno aperto stamani all’hotel Ergife. Un incontro che vede la partecipazione
di 400 persone, con le delegazioni di 23 Conferenze episcopali dell’Unione, ma anche
di europarlamentari e rappresentanti di diverse realtà e movimenti del laicato cattolico.
Il presidente della CEI, mons. Angelo Bagnasco, ha ribadito che riconoscere le radici
cristiane dell’Europa non vuol dire negare le giuste esigenze della laicità. Ai partecipanti
è giunto anche il messaggio del presidente della Repubblica italiana, Giorgio Napolitano.
Dall’Hotel Ergife in Roma, il nostro inviato, Alessandro Gisotti:
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Per
rimettere l’Europa a contatto con i suoi cittadini è necessario tornare ai principi
originari, a quella tradizione cristiana che rappresenta la sua più grande ricchezza:
è questo l’appello lanciato dal Congresso europeo della COMECE, incentrato sui valori
e le prospettive per l’Europa di domani. I lavori sono iniziati con un momento di
preghiera del vescovo di Rotterdam, Adrianus van Luyn, presidente della COMECE. Mons.
Van Luyn ha, quindi, affermato che a volte la politica dell’Unione Europea “sembra
ridurre la persona a produttore o consumatore”. Ma l’uomo, ha avvertito, “è anche
un essere spirituale e religioso”. Un principio che i cristiani e gli Episcopati europei
devono sempre rammentare alle istituzioni del Vecchio Continente. Quindi, è stata
data lettura del messaggio inviato al Congresso dal presidente della Repubblica Italiana,
Giorgio Napolitano. “Da queste celebrazioni – scrive Napolitano – può venire un importante
impulso e contributo al rilancio del processo di integrazione europea. Ed essenziale
è a tal fine riaffermare, con impegno e passione, le ragioni dell’unità tra i popoli
e gli Stati del continente”. Il presidente italiano ribadisce “l’urgenza di realizzare
le riforme istituzionali che si rendono necessarie per attuare politiche comuni sempre
più efficaci ed in grado di rispondere alle aspettative dei nostri cittadini”. Napolitano
evidenzia, poi, che “la Chiesa e le associazioni di ispirazione religiosa – il cui
status e il cui apporto al dialogo con le istituzioni europee hanno trovato solenne
riconoscimento nel Trattato costituzionale – sono chiamate a concorrere al rilancio
dell’Unione Europea testimoniando i più profondi valori posti a base della costruzione
di una Europa unita”. E’ stata, dunque, la volta dell’atteso intervento del nuovo
presidente della CEI, Angelo Bagnasco. “L’Europa - ha affermato – è chiamata a superare
l’originaria vocazione economica per aprirsi a una più ampia dimensione anche politica
e istituzionale”:
“Perché il processo di integrazione avviato sia veramente
fecondo occorre che l’Europa riconosca le proprie radici cristiane, dando spazio ai
principi etici che costituiscono parte integrante e fondamentale del suo patrimonio
spirituale, dal quale la modernità europea stessa attinge i propri valori”.
“Consapevolezza
delle proprie radici cristiane – ha proseguito l’arcivescovo di Genova – non significa
in alcun modo negare le esigenze di una giusta e sana laicità delle istituzioni europee,
da non confondere con il laicismo ideologico”, ma “affermare prima di tutto un fatto
storico che nessuno può seriamente contestare, perché il cristianesimo appartiene
in modo radicale e determinante ai fondamenti dell’identità europea”. Quattro i campi
privilegiati in cui si deve manifestare l’intervento della Chiesa, secondo mons. Bagnasco.
Innanzitutto “la tutela della vita umana”, poi “il riconoscimento e la promozione
della famiglia”, ancora “la tutela del diritto dei genitori ad educare i propri figli”,
infine “il fondamentale diritto alla libertà religiosa, nella sua dimensione non solo
individuale ma anche propriamente istituzionale”. Il ministro degli Interni tedesco,
Wolfgang Schäuble, ha affermato che “occorre essere aperti al futuro”, senza disconoscere
però “il pericolo di perdere se stessi, la propria cultura, la propria storia, la
propria identità”. Dal canto suo, il vicepresidente della Commissione Europea, Franco
Frattini ha sottolineato che la laicità degli Stati e la religiosità dei popoli non
devono essere viste in contrasto tra loro. Quindi, ha esortato le istituzioni europee
ad inserire nella loro agenda il tema delle radici cristiane dell’Europa:
“Ed
ecco infine che il tema delle radici mette in primo piano il tema di un cristianesimo
che non è la nostalgia di un passato, ma è un pensiero vivente. Un cristianesimo che
nel porre con Papa Wojtyla il tema dei diritti e con Papa Ratzinger il tema delle
libertà, come via del dialogo, è parte costitutiva di questa promessa, di questo sogno
europeo e, quindi, del nostro futuro”.
All’Ergife è stato anche illustrato,
dall’ex commissario europeo Marcelino Oreja, il rapporto “Un’Europa di valori”, redatto
da un comitato di saggi, che richiama l’importanza della dimensione etica della costruzione
europea. L’Unione, si legge nel documento, dovrà sempre “rispettare i valori fondamentali
che essa rappresenta a partire dalla dignità umana”. Un’Europa dei valori, dunque,
e non solo degli interessi economici e politici. Infine, pochi minuti fa, è stata
presentata la bozza del “Messaggio di Roma” il cui testo definitivo verrà consegnato
al Consiglio europeo di domenica 25, a Berlino. Nel documento, articolato in 10 punti,
si esortano i leader dell’Unione a riconoscere quei valori e principi che hanno “motivato
l’unificazione europea sin dal suo inizio”, dalla difesa della vita alla tutela della
famiglia. Si chiede inoltre il rispetto dei diritti delle Chiese e delle comunità
religiose. Il Messaggio di Roma si chiude con un forte appello a tutti i cristiani
europei affinché rafforzino il loro impegno in favore della pace, della libertà e
della solidarietà.
Dall’Hotel Ergife, Alessandro Gisotti, Radio Vaticana.
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50
anni di pace e di storia comune: questo festeggiano i Paesi dell’Unione Europea, ricordando
la firma a Roma, il 25 marzo del 1957, dei due Trattati che istituivano la CEE, la
Comunità Economica Europea. Sulle tappe dell’integrazione e sulle sfide ancora da
affrontare il servizio di Fausta Speranza:
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La
storia dell’integrazione europea è storia a tappe che prende il via con l’obiettivo
di una collaborazione tra i Paesi dell’Europa occidentale per assicurare la pace.
Nel 1949, nasce il Consiglio d’Europa, non ancora istituzione, difende diritti umani,
dialogo interreligioso e pace. Nel 1951 nasce la CECA, prima entità comunitaria a
sei Paesi. Mette in comune la produzione di carbone e acciaio ma lo spirito è ben
più profondo: trae origine dalla storica Dichiarazione Schuman, del 1950, con la quale
Robert Schuman, illustre politico franco-tedesco, chiede collaborazione e pace:
"L'Europe
ne se fera pas d'un coup, ....".
Sono sue parole, conservate con quelle
degli altri “padri fondatori”. Tra questi il politico francese Jean Monnet che esprime
la sua volontà di costruire nel senso della pace:
"Contribuer essentiellement
à orienter l'action des hommes d'Europe dans le sens de la paix".
Parla
tedesco, ma il contenuto di Konrad Adenauer é analogo.
(Voce di Adenauer)
Il
nome dello statista cattolico della Germania viene più spesso affiancato a quello
illustre di Alcide De Gasperi. Ma tra gli italiani ai quali l’Europa resterà sempre
debitrice c’è anche Altiero Spinelli con il suo Manifesto di Ventotene, altro progetto
europeo ispiratore di collaborazione e pace. Può essere difficile capire oggi la
portata di questo ritornello costante sulla pace: si dovrebbe sedere di nuovo tra
le macerie della sanguinosa e devastante II Guerra Mondiale. In ogni caso, per la
pace e sul terreno dell’economia, l’obiettivo di mettere insieme diverse sovranità
nazionali è politico.
Nei 50 anni che oggi festeggiamo, che ricordano i due
Trattati istitutivi della Comunità Economica Europea nel 1957, questo obiettivo non
è stato pienamente compiuto. L’Europa dal 1992 si chiama Unione europea e non più
Comunità economica; dal 2000 ha la Carta europea dei diritti fondamentali; dal 2002
ha una moneta unica e forte; ha costruito un tessuto di scambi di persone oltre che
di cose, ma la struttura delle istituzioni non ha l’adeguato spessore politico.
(musica)
La
guerra dei Balcani, nei primi anni ’90, rappresenta un duro smacco: non si riesce
ad assicurare la pace appena al di là dei confini. Si capisce che ci vorrebbe più
forza politica. Nel 2003 la guerra in Iraq mette i Paesi membri di fronte a un bivio.
L’opinione pubblica marcia per la pace con numeri impressionanti, e all’unisono, nelle
principali capitali d’Europa, l’Europa dei governi si spacca: la Spagna del popolare
Aznar, l’Italia di Berlusconi, la Gran Bretagna di Tony Blair sposano la linea di
intervento statunitense. La Francia e la Germania si dissociano in un clima di alta
tensione. Anche lì matura lo scollamento tra popoli e leader che, nutrito di altre
questioni come il rischio di un eccessivo allargamento o la scarsa informazione, porta
nel 2005 ai ‘no’ delle popolazioni di Francia e Olanda al Trattato costituzionale.
Arriva come una doccia fredda sui capi di Stato e di governo e di fatto congela in
una pausa di riflessione di due anni quello che nel frattempo è diventato il gigante
europeo a 27.
Nel 2004 sono entrati 10 Paesi e altri due a inizio 2007. Raggruppa
485 milioni di persone e può essere presenza significativa nel mondo. Lo ha sottolineato
in questi giorni il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, che è stato presidente
della Commissione europea:
Siamo la più grande struttura economica del mondo
e abbiamo una grande responsabilità per il futuro della politica e dell’economia mondiale.
Finora non abbiamo potuto esercitare a sufficienza a causa delle nostre divisioni:
adesso comincia un periodo in cui l’Europa dovrà inserirsi in modo organico e stabile
tra i leader della politica e dell’economia mondiale. Nella politica estera ci si
è resi conto che questo è arrivato a livello popolare, che la mancanza della presenza
europea è stato un danno oggettivo per la pace.
Da qui la chiarezza del presidente
del parlamento europeo, Hans Poettering:
(Voce Hans Poettering)
L’Unione
europea è in una fase decisiva – ha spiegato Poettering – annunciando in questi giorni
la Dichiarazione solenne che il vertice del 25 marzo 2007 consegna come base di lavoro
per far ripartire il processo costituzionale. Perché la pace non si nutra solo di
economia ma anche di politica.