2007-03-20 15:11:30

L’Europa unita, un’idea cristiana. I Pontefici e il cammino dell’Unione Europea, nel 50.mo anniversario della firma del Trattato di Roma


Nella settimana in cui si celebra il 50.mo anniversario dei Trattati di Roma, ripercorriamo, seppur per sommi capi, il magistero europeistico dei Pontefici, da Pio XII a Benedetto XVI. Un percorso che evidenzia la cura attenta e appassionata che i Papi hanno sempre avuto per la costruzione della casa comune europea. Un edificio che ha, nel suo patrimonio cristiano di valori, solide fondamenta. Il servizio di Alessandro Gisotti: RealAudioMP3

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(Inno alla gioia)

“Nulla è perduto con la pace. Tutto può esserlo con la guerra”: è il 24 agosto del 1939 quando Pio XII pronuncia questo accorato appello. Spirano venti di guerra sul Vecchio Continente, Papa Pacelli si rivolge a tutta l’umanità, ma è soprattutto al cuore degli europei che chiede ascolto. Il Pontefice fa appello “alla forza della ragione”, all’anima dell’Europa, “che fu opera della fede e del genio cristiano”. La drammatica esperienza della Seconda Guerra Mondiale segna profondamente la visione di Papa Pacelli sull’unificazione europea. Un traguardo che incoraggerà con entusiasmo e per il quale chiederà l’impegno dei cristiani, chiamati ad essere protagonisti della costruzione di una nuova Europa. Ecco il suo appello nel radiomessaggio per il Natale del 1953:

“Noi esortiamo altresì gli uomini politici cristiani all’azione nell’interno dei loro Paesi. Se l’ordine non regna nella vita interna dei popoli è vano attendere l’unione dell’Europa e la sicurezza di pace nel mondo”.

Pio XII mostra interesse per la scelta federalista, tanto da scrivere nel 1948 che “tutto un complesso di ragioni” invita “le nazioni europee a unirsi realmente in una federazione”. Papa Pacelli accompagna e incoraggia i primi passi del processo economico e politico che porterà alla Comunità Europea. Tuttavia, non manca di sottolineare che questo percorso non deve fondarsi sul materialismo. Nel 1957, anno della firma del Trattato di Roma, Pio XII ribadisce che l’avvenimento cristiano già fermento per l’Europa è ancora oggi “il messaggio più prezioso dei valori di cui essa è depositaria”.

Di taglio spiccatamente pastorale sono gli interventi di Giovanni XXIII, che si pone in continuità con il Magistero del suo predecessore sulle istituzioni europee. Negli anni difficili in cui viene costruito il Muro di Berlino e si sfiora un conflitto nucleare con la crisi di Cuba, Papa Roncalli afferma con vigore di non essere d’accordo con chi ritiene impossibile la pace. L’Enciclica Pacem in terris, pubblicata nel 1963, richiama il valore assoluto della persona umana e l’irragionevolezza della guerra. Nell’Europa divisa dalla Cortina di Ferro, Giovanni XXIII invita i fedeli a superare le dolorose divisioni del passato e del presente. E chiede all’Europa di non isolarsi, ma piuttosto di essere solidale verso i popoli degli altri continenti. L’afflato europeo di Papa Roncalli si coglie anche nel suo convinto impegno per l’ecumenismo. Forte della sua esperienza di Visitatore e Delegato Apostolico in Bulgaria, Turchia e Grecia e poi di Patriarca di Venezia, Papa Roncalli cercò sempre nel rapporto con le Chiese orientali di trovare “ciò che unisce più di quello che separa e suscita contrasti”. Se, dunque, Pio XII pone l’accento sul cristianesimo quale forza trainante per l’unificazione europea, Giovanni XXIII indica i principi della comune convivenza, che nel messaggio cristiano trovano la loro linfa.

Gli insegnamenti europeistici di Pio XII e Giovanni XXIII sono ripresi e sviluppati da Paolo VI, eletto al soglio pontificio nel 1963, nel pieno della stagione conciliare. Tra i suoi primi atti magisteriali, spicca – nel 1964 - la proclamazione di San Benedetto da Norcia Patrono d’Europa. Papa Montini vuole così ribadire le radici cristiane di un continente che, con il trascorrere degli anni, sembra allontanarsi dai principi “distintivi e vivificanti della sua civiltà”. Ecco le parole di Paolo VI, nell’ottobre 1964, ai padri benedettini di Montecassino:
 
“Il fatto è così grande ed importante che tocca l’esistenza e la consistenza di questa nostra vecchia e sempre vitale società ma oggi tanto bisognosa di attingere linfa nuova alle radici, donde trasse il suo vigore ed il suo splendore, le radici cristiane, che S. Benedetto per tanta parte le diede e del suo spirito alimentò”.

Sono gli anni del boom economico, ma anche di un consumismo che assurge quasi a stile di vita. Paolo VI non si scoraggia pur riconoscendo che sono lontani i tempi in cui, sotto Pio XII, la Chiesa poteva contare su un cattolicesimo di massa o quantomeno maggioritario. Papa Montini, come il suo predecessore, è convinto che l’unificazione europea sia lo strumento più efficace per garantire al continente pace e sviluppo. Concetti, questi, che accosta, anzi assimila nella Populorum Progressio. Durante il suo Pontificato, la Santa Sede coglie dei risultati particolarmente significativi. Grazie alla Ostpolitik promossa da Agostino Casaroli, allaccia relazioni diplomatiche con i Paesi comunisti e partecipa alla Conferenza per la Sicurezza e la Cooperazione Europea di Helsinki. Nell’Atto finale, merito della delegazione vaticana, viene inserito il principio della libertà religiosa. Paolo VI ripropone la centralità del messaggio cristiano quale “patrimonio ideale” dell’Europa e chiede al Vecchio Continente di aprirsi all’Africa in vista di una “collaborazione disinteressata”.

Il Pontificato di Giovanni Paolo II appare dirompente per i destini dell’Europa fin dal suo atto di nascita. Il 16 ottobre del 1978 risulta evidente a tutti la straordinarietà dell’evento: Successore di Pietro viene eletto un cardinale della cattolica Polonia, da trent’anni sotto il giogo del regime comunista. Anche sull’Europa, la sua è una visione profetica. Quando nessuno crede alla caduta dei muri, Karol Wojtyla guarda già ad un continente riunificato politicamente e soprattutto spiritualmente. Un’Europa che possa finalmente tornare a respirare a due polmoni. E’ un obiettivo che il Papa polacco cerca con coraggio attraverso gesti forti e simbolici: i viaggi nella sua terra natale, la proclamazione dei Santi Cirillo e Metodio compatroni d’Europa, e ancora l’appoggio al sindacato Solidarnosc e lo storico incontro con il premier russo Gorbaciov nel 1989. Proprio l’anno della caduta del Muro di Berlino appare a Giovanni Paolo II come uno spartiacque, un momento di svolta per riaffermare l’identità cristiana dell’Europa e puntare alla riconciliazione tra cattolici e ortodossi. Con entusiasmo, il Pontefice convoca un Sinodo per l’Europa. La Chiesa deve ora affrontare nuove sfide: crollato il comunismo, il materialismo ed il consumismo minano le fondamenta cristiane dei popoli europei. Il Papa lamenta l’affermarsi della scristianizzazione. Fenomeno che va contrastato con una nuova convinta evangelizzazione. D’altro canto, Papa Wojtyla sottolinea che solo riscoprendo il patrimonio spirituale del Vecchio Continente si possono sconfiggere quei rigurgiti di nazionalismo, che, come il conflitto nei Balcani dimostra, rappresentano una forza distruttiva con cui l’Europa deve ancora fare i conti.
Intanto, procede il processo di integrazione fino all’adozione di una moneta unica. Un passaggio salutato con soddisfazione dal Papa, che chiede però innanzitutto un’unificazione ancorata ai valori, paventando lo smarrimento della memoria cristiana:

“La Santa Sede è sempre stata favorevole alla promozione di un’Europa unita sulla base di quei comuni valori che fanno parte della sua storia”.

“Non si tagliano le radici da cui si è nati”, è dunque l’amaro commento di Papa Wojtyla dopo l’approvazione del Preambolo della Carta Costituzionale continentale, che non menziona le radici cristiane della civiltà europea. Il Cristianesimo, avverte, ha contribuito alla formazione della coscienza dei popoli europei, “un dato innegabile che nessuno storico potrà dimenticare”.

Evento davvero provvidenziale per l’Europa, ad un Pontefice polacco ne succede uno tedesco. Sin dalla scelta del nome, Benedetto XVI sottolinea quanto gli stia a cuore il patrimonio spirituale del Vecchio Continente. Un tesoro da riscoprire e valorizzare di fronte alle spinte della secolarizzazione, di una laicità che si trasforma in lacismo e quindi in ideologia protesa a cancellare l’elemento religioso dalla vita pubblica. La Chiesa, invece, è la convinzione del Papa, ha pieno diritto di partecipare al dibattito culturale, perché tutto ciò che riguarda l’uomo interessa naturalmente la Chiesa.
 
“By valuing its Christian roots, Europe will be able to give a secure direction to the choices of its citizens and peoples…”

Nell’incontro con i parlamentari del Partito Popolare Europeo, nel marzo 2006, il Papa enumera quei “principi non negoziabili” – vita, famiglia, educazione – che l’Europa non può violare, pena lo snaturamento della sua stessa civiltà. Contro “la dittatura del relativismo”, Benedetto XVI ripropone con forza un rinnovato umanesimo radicato nell’incontro tra fede e ragione. E’ questo il nucleo del mirabile discorso di Ratisbona, nel quale il Papa ricorda ai popoli europei che l’Europa nasce proprio da “un incontro tra il messaggio biblico e il pensiero greco”. Il Cristianesimo nasce in Oriente, ma, spiega Papa Benedetto, trova “la sua impronta storicamente decisiva in Europa”, perché qui l’habitus mentale rende più facile l’accoglienza del messaggio evangelico. Come i suoi predecessori, anche Benedetto XVI sta dando un’impronta ecumenica al suo Pontificato. Il cammino verso l’unità visibile dei Cristiani è per il Papa uno strumento efficace per rinnovare la consapevolezza dell’Europa sulle proprie radici. L’Europa unita, un’idea cristiana.

(Musica)
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