Una vita senza Dio non funziona, perché priva di luce: così, Benedetto XVI nella
Messa celebrata nel carcere minorile romano di Casal del Marmo
“Abbandonare il peccato e scegliere di tornare a Dio. Facciamo insieme questo cammino
di liberazione interiore”. Così, il Papa durante l’omelia della Messa celebrata questa
mattina nell’Istituto penale per i minori “Casal del Marmo” di Roma. Nella sua prima
visita ad un carcere, Benedetto XVI ha scelto dunque gli adolescenti, soli, per lo
più stranieri ed emarginati. Ha voluto ascoltarli, pregare con loro e soprattutto
essere testimone dell’amore di Dio, che, ha ricordato, è “Padre misericordioso e fedele,
nonostante gli errori dei figli”. Ad accogliere il Pontefice c’erano il cardinale
Camillo Ruini, vicario generale per la diocesi di Roma, il vescovo ausiliare Benedetto
Tùzia, l’ispettore generale dei cappellani, mons. Giorgio Caniato, e padre Gaetano
Greco cappellano del carcere. In rappresentanza del governo italiano, era presente
il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Con lui i dirigenti e il personale
dell’Istituto, ma anche i familiari dei ragazzi. La visita del Papa è stata seguita
per noi da Gabriella Ceraso:
********** (Musica)
“Questo
mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Sono
state queste parole del Vangelo di Luca il filo conduttore del “primo contatto con
il mondo delle carceri” di Benedetto XVI, per usare le sue stese parole.
(Canto)
Un
clima di attesa colmo di emozione e di sguardi felici e un po’ curiosi accoglie il
Papa nella piccola cappella del Padre Misericordioso all’interno dell’Istituto penale,
immerso nel verde di una silenziosa periferia romana. I ragazzi ci sono tutti, una
cinquantina: le loro voci forti, nei canti preparati a lungo, i loro lineamenti che
svelano le loro origini non italiane. Sono tutti uniti nel momento più importante
dell’incontro con il Papa:
“Sono venuto volentieri a farvi visita, e
il momento più importante del nostro incontro è la Santa Messa, nella quale si rinnova
il dono dell’amore di Dio: amore che ci consola e dà pace, specialmente nei momenti
difficili della vita. In questo clima di preghiera vorrei rivolgere il mio saluto
a ciascuno di voi”.
Quell’amore che Cristo stesso ci insegna, dice
il Papa, facendosi presente nella celebrazione eucaristica. “Ma quanto è difficile
amare sul serio”, domanda il Pontefice ai ragazzi. E per questo a loro si rivolge
in modo accorato e familiare per spiegare la parabola del figliol prodigo, una storia
di famiglia. Un padre e due figli, con alle spalle “due progetti di vita abbastanza
diversi”. “Ambedue”, spiega il Papa, “vivono in pace” e nel benessere, tuttavia un
disagio interiore che si trasformerà in un vero e proprio percorso, coglie il figlio
più piccolo, il più simile forse ai tanti ragazzi presenti. Ed è su questo che il
Papa si sofferma:
“Ma no, la vita è di più, devo trovare un’altra vita
in cui io sono realmente libero, posso fare quanto mi piace, una vita libera da queste
discipline e norme dei comandamenti di Dio, del padre; vorrei essere solo io e avere
la vita tutta totalmente per me con tutte le sue bellezze. Adesso è soltanto lavoro”.
“E così decide di prendere il suo patrimonio e di avviarsi in un paese
molto lontano” alla ricerca, continua il Papa, di un cambiamento anche interiore,
che crede sia la libertà cioè fare quel si vuole, avere una vita piena. Nonostante
tutto “man mano sente anche qui la noia”, il “vuoto interiore inquietante”, i soldi
finiscono e anche questo diventa una routine che non soddisfa:
“E così
comincia a riflettere se era questa realmente la strada della vita: libertà interpretata
come il fare quanto voglio io, vivere, avere la vita solo per me e se non sarebbe
forse più vita vivere per gli altri, contribuire alla costruzione del mondo, alla
comunità umana...”
E così “comincia un nuovo cammino interiore che
lo porta a riconsiderare tutti questi concetti”, spiega il Papa ai ragazzi. Cammino
che diventa presto anche esteriore. Il giovane, infatti, decide di ripartire con la
sua vita e di ritornare dal padre, che, rispettandone la libertà lo aveva lasciato
andare perché capisse cosa è vivere e cosa è non vivere. Il ritorno a casa è all’insegna
della festa, la vita ricomincia da qui.
“Egli capisce che proprio il
lavoro, l’umiltà, la disciplina di ogni giorno crea la vera festa e la vera libertà”.
Le
“tentazioni torneranno”, aggiunge il Papa, ma ormai il giovane ha capito che “una
vita senza Dio non funziona: manca l’essenziale, la luce, manca il grande senso dell’essere
uomo”. “Capisce che i Comandamenti di Dio non sono ostacoli
per la libertà e per una bella vita, ma sono gli indicatori della strada dove andare
per trovare la vita. Capisce che anche il lavoro, la disciplina, l’impegnarsi non
per sé, ma per gli altri allarga la vita. E proprio questa fatica di impegnarsi nel
lavoro dà profondità alla vita, perché abbiamo alla fine contribuito a fare crescere
questo mondo che diventa più libero e più bello”.
Cosa insegna dunque
questo Vangelo. Innanzitutto, spiega Benedetto XVI, a capire chi è veramente Dio.
“Egli è Padre misericordioso che in Gesù ci ha amato oltre ogni misura, Lui ci accoglie
e ci restituisce la dignità di figli suoi”. “Inoltre questa parabola ci aiuta a capire
anche chi è l’uomo”, immagine di Dio, ma anche “creatura fragile, esposta al male
e capace del bene”. Di qui, l’invito del Papa alla “conversione”, in questo periodo
di Quaresima, conversione che non è solo” sforzo di cambiare i propri comportamenti”. “E’
un’opportunità per decidere di “alzarsi e partire”, abbandonare cioè il peccato e
scegliere di tornare a Dio. Facciamo insieme questo cammino di liberazione interiore”.
Il
Papa, dunque, con i giovani per mostrare loro il volto del Padre misericordioso che
perdona, che permette a ciascuno il proprio rinnovamento. E’ questo il clima che accompagna
l’intera celebrazione e che non cambia nel passaggio al secondo momento forte della
visita all’Istituto di pena. Il Papa raggiunge la palestra e dopo i saluti e i ringraziamenti
dei dirigenti, ascolta i giovani. A ciascuno di loro, che porge doni frutto dei laboratori
di falegnameria, ceramica e pittura, il Papa risponde, e prima di abbracciarli, rammenta
di stare nella gioia anche se “privi della libertà”. Come farlo, è il segreto che
lascia loro:
“Il segreto, dunque, sta qui: occorre che Dio occupi sempre
il primo posto nella nostra vita”.