2007-03-18 15:38:18

Una vita senza Dio non funziona, perché priva di luce: così, Benedetto XVI nella Messa celebrata nel carcere minorile romano di Casal del Marmo


“Abbandonare il peccato e scegliere di tornare a Dio. Facciamo insieme questo cammino di liberazione interiore”. Così, il Papa durante l’omelia della Messa celebrata questa mattina nell’Istituto penale per i minori “Casal del Marmo” di Roma. Nella sua prima visita ad un carcere, Benedetto XVI ha scelto dunque gli adolescenti, soli, per lo più stranieri ed emarginati. Ha voluto ascoltarli, pregare con loro e soprattutto essere testimone dell’amore di Dio, che, ha ricordato, è “Padre misericordioso e fedele, nonostante gli errori dei figli”. Ad accogliere il Pontefice c’erano il cardinale Camillo Ruini, vicario generale per la diocesi di Roma, il vescovo ausiliare Benedetto Tùzia, l’ispettore generale dei cappellani, mons. Giorgio Caniato, e padre Gaetano Greco cappellano del carcere. In rappresentanza del governo italiano, era presente il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Con lui i dirigenti e il personale dell’Istituto, ma anche i familiari dei ragazzi. La visita del Papa è stata seguita per noi da Gabriella Ceraso: RealAudioMP3

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(Musica)

“Questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. Sono state queste parole del Vangelo di Luca il filo conduttore del “primo contatto con il mondo delle carceri” di Benedetto XVI, per usare le sue stese parole.

(Canto)

Un clima di attesa colmo di emozione e di sguardi felici e un po’ curiosi accoglie il Papa nella piccola cappella del Padre Misericordioso all’interno dell’Istituto penale, immerso nel verde di una silenziosa periferia romana. I ragazzi ci sono tutti, una cinquantina: le loro voci forti, nei canti preparati a lungo, i loro lineamenti che svelano le loro origini non italiane. Sono tutti uniti nel momento più importante dell’incontro con il Papa:

“Sono venuto volentieri a farvi visita, e il momento più importante del nostro incontro è la Santa Messa, nella quale si rinnova il dono dell’amore di Dio: amore che ci consola e dà pace, specialmente nei momenti difficili della vita. In questo clima di preghiera vorrei rivolgere il mio saluto a ciascuno di voi”.

Quell’amore che Cristo stesso ci insegna, dice il Papa, facendosi presente nella celebrazione eucaristica. “Ma quanto è difficile amare sul serio”, domanda il Pontefice ai ragazzi. E per questo a loro si rivolge in modo accorato e familiare per spiegare la parabola del figliol prodigo, una storia di famiglia. Un padre e due figli, con alle spalle “due progetti di vita abbastanza diversi”. “Ambedue”, spiega il Papa, “vivono in pace” e nel benessere, tuttavia un disagio interiore che si trasformerà in un vero e proprio percorso, coglie il figlio più piccolo, il più simile forse ai tanti ragazzi presenti. Ed è su questo che il Papa si sofferma:

“Ma no, la vita è di più, devo trovare un’altra vita in cui io sono realmente libero, posso fare quanto mi piace, una vita libera da queste discipline e norme dei comandamenti di Dio, del padre; vorrei essere solo io e avere la vita tutta totalmente per me con tutte le sue bellezze. Adesso è soltanto lavoro”.

“E così decide di prendere il suo patrimonio e di avviarsi in un paese molto lontano” alla ricerca, continua il Papa, di un cambiamento anche interiore, che crede sia la libertà cioè fare quel si vuole, avere una vita piena. Nonostante tutto “man mano sente anche qui la noia”, il “vuoto interiore inquietante”, i soldi finiscono e anche questo diventa una routine che non soddisfa:

“E così comincia a riflettere se era questa realmente la strada della vita: libertà interpretata come il fare quanto voglio io, vivere, avere la vita solo per me e se non sarebbe forse più vita vivere per gli altri, contribuire alla costruzione del mondo, alla comunità umana...”

E così “comincia un nuovo cammino interiore che lo porta a riconsiderare tutti questi concetti”, spiega il Papa ai ragazzi. Cammino che diventa presto anche esteriore. Il giovane, infatti, decide di ripartire con la sua vita e di ritornare dal padre, che, rispettandone la libertà lo aveva lasciato andare perché capisse cosa è vivere e cosa è non vivere. Il ritorno a casa è all’insegna della festa, la vita ricomincia da qui.

“Egli capisce che proprio il lavoro, l’umiltà, la disciplina di ogni giorno crea la vera festa e la vera libertà”.

Le “tentazioni torneranno”, aggiunge il Papa, ma ormai il giovane ha capito che “una vita senza Dio non funziona: manca l’essenziale, la luce, manca il grande senso dell’essere uomo”.
 
“Capisce che i Comandamenti di Dio non sono ostacoli per la libertà e per una bella vita, ma sono gli indicatori della strada dove andare per trovare la vita. Capisce che anche il lavoro, la disciplina, l’impegnarsi non per sé, ma per gli altri allarga la vita. E proprio questa fatica di impegnarsi nel lavoro dà profondità alla vita, perché abbiamo alla fine contribuito a fare crescere questo mondo che diventa più libero e più bello”.

Cosa insegna dunque questo Vangelo. Innanzitutto, spiega Benedetto XVI, a capire chi è veramente Dio. “Egli è Padre misericordioso che in Gesù ci ha amato oltre ogni misura, Lui ci accoglie e ci restituisce la dignità di figli suoi”. “Inoltre questa parabola ci aiuta a capire anche chi è l’uomo”, immagine di Dio, ma anche “creatura fragile, esposta al male e capace del bene”. Di qui, l’invito del Papa alla “conversione”, in questo periodo di Quaresima, conversione che non è solo” sforzo di cambiare i propri comportamenti”.
 
“E’ un’opportunità per decidere di “alzarsi e partire”, abbandonare cioè il peccato e scegliere di tornare a Dio. Facciamo insieme questo cammino di liberazione interiore”.

Il Papa, dunque, con i giovani per mostrare loro il volto del Padre misericordioso che perdona, che permette a ciascuno il proprio rinnovamento. E’ questo il clima che accompagna l’intera celebrazione e che non cambia nel passaggio al secondo momento forte della visita all’Istituto di pena. Il Papa raggiunge la palestra e dopo i saluti e i ringraziamenti dei dirigenti, ascolta i giovani. A ciascuno di loro, che porge doni frutto dei laboratori di falegnameria, ceramica e pittura, il Papa risponde, e prima di abbracciarli, rammenta di stare nella gioia anche se “privi della libertà”. Come farlo, è il segreto che lascia loro:

“Il segreto, dunque, sta qui: occorre che Dio occupi sempre il primo posto nella nostra vita”.

(Musica)
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