Storica decisione in Cina, dove si è chiusa la X sessione dell'Assemblea nazionale
del popolo: il Parlamento ha approvato una legge che riconosce il diritto alla proprietà
privata. Resta invece esclusa quella della terra, confermata di proprietà dello Stato.
L’Assemblea ha anche votato e approvato la legge che elimina vantaggi fiscali per
gli investitori esteri. La norma prevede, infatti, l’istituzione di un unico livello
di imposte, fissato al 25 per cento, per le aziende cinesi e straniere. Su queste
novità legislative in Cina, Stefano Leszcynski ha intervistato il direttore dell’agenzia
del PIME ‘AsiaNews’, padre Bernardo Cervellera:
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R. – La
cosa più importante è questa votazione a larghissima maggioranza della legge sulla
proprietà privata. Era un po’ scontato, perché da tredici anni si prepara questa legge,
che ha subito tantissimi cambiamenti. Il fatto, però, che sia stata votata e che d’ora
in poi la legge difenderà allo stesso modo la proprietà pubblica e la proprietà privata,
dice che la Cina rispetta un po’ di più i diritti dell’uomo, essendo il diritto alla
proprietà un diritto dell’uomo. Certo, c’è ancora enfasi sulla proprietà pubblica
e sul senso del socialismo e così via. Un’altra cosa molto importante credo sia la
legge su un’unica tassa per le compagnie straniere e le compagnie locali.
D.
– Tuttavia, per quanto riguarda la proprietà privata, resta esclusa la terra agricola.
Quindi, i contadini non possono accedere alla proprietà privata ancora…
R.
– Tutta la terra appartiene allo Stato in Cina. Questa legge, però, garantisce gli
affitti delle terre che i contadini hanno preso e questi affitti possono essere contratti
anche dai loro figli. Quindi, in qualche modo, non c’è la difesa della proprietà della
terra, ma c’è la difesa dell’affitto della terra per i contadini.
D. - Ci
sono stati dei segnali di apertura anche nei confronti del Dalai Lama sulla questione
del Tibet. Sono attendibili?
R. – Non trovo che ci siano delle novità. La Cina
in generale ha sempre detto: “Noi parleremo con il Dalai Lama se il Dalai Lama cesserà
di fomentare, di volere un Tibet indipendente”. Il problema è che il Dalai Lama, già
da anni, ha detto che non vuole l’indipendenza del Tibet, ma almeno un’autonomia culturale
del Tibet, e i cinesi hanno fatto orecchie da mercante.