2007-03-16 09:34:10

Al canadese Charles Taylor, docente di Legge e Filosofia all''Università dell'Illinois, l'edizione 2007 del Premio Templeton


Un riconoscimento che premia 50 anni di docenza in campo filosofico e normativo, per dimostrare che i problemi della violenza nella società moderna possono essere risolti solamente se se ne affrontano le dimensioni secolare e spirituale. Sono i motivi che fanno da sfondo al Premio Templeton 2007, assegnato al filosofo e scrittore cattolico, Charles Taylor, canadese, docente di Legge e Filosofia all’Università “Northwest” dell’Illinois. Le sue ricerche nel campo delle realtà spirituali gli sono valse l'onorificenza che conta il più alto premio in denaro in assoluto, superiore addirittura al Nobel, proprio a sottolineare l’importanza attribuita al progresso nelle questioni a carattere spirituale. Philippa Hitchen, della nostra redazione inglese, ha chiesto a Charles Taylor se ritiene vi sia stato un cambiamento di rotta nell’opinione pubblica, che si avvicini quindi alle sue teorie: RealAudioMP3
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R. - There was a narrative, a secularisation narrative, that was there in the background ...
C’era un’impostazione mentale secolarizzata, in sottofondo, secondo la quale la religione apparteneva al passato e che la modernità, quasi in automatico, porta al declino se si appoggia alla religione, per cui non è grave se la si ignora sempre più. Credo però che negli ultimi anni, questa concezione abbia subìto gravi scossoni e le persone abbiano reagito in maniera diversa: alcuni sono molto contrari, pensano che sia spaventoso quello che stia succedendo, ma in realtà non ci si può limitare ad ignorarlo. Ecco come è iniziato lo spostamento dell’opinione pubblica. Questo procedimento è molto lento, perché le discipline accademiche sono molto, molto conservatrici: ma sì, il cambiamento è iniziato.

 
D. - Lei direbbe che, negli ultimi tempi, la crescita del fondamentalismo islamico è forse la causa di questa profonda rivalutazione del ruolo della religione nella vita pubblica?

 
R. - Yes, it’s not the only thing, but I think it’s probably the most important one. …
Sì. Non è l’unica ragione, ma probabilmente la più importante. Ed in un certo senso, significa una vera e propria crisi culturale e spirituale per l’Occidente. Infatti, è possibile rispondere a tutto ciò in una maniera assolutamente ostile alla religione come tale, e in questo caso all’Islam, e attaccarsi ad una visione tremendamente semplicistica ed omogeneizzante dell’Islam, come essenzialmente alla base di questi attacchi terroristici, invece di tentare di comprendere la tremenda varietà e complessità interna del mondo islamico. Trovo molto preoccupante che una gran parte dell’opinione pubblica occidentale, la maggior parte dei media e molti studiosi che pure dovrebbero essere informati, in realtà in tal modo alimentino e incoraggiano questa sorta di “islamofobia”.

 
D. – Lei parla della necessità urgente di una nuova comprensione della propensione dell’Uomo alla violenza. Ma molti pensano che la religione – tutte le religioni! – siano state e siano ancora oggi parte del problema.

 
R. – Yes. I mean, for one thing it is clear that much religion has been behind a lot of violence ...
Sì. Certo, è evidente che in molti casi la religione è la causa della violenza, come in molti casi sono state le ideologie atee causa di violenza. Però, è vero anche che molti leader religiosi si sono impegnati decisamente per superare la violenza, per trovare soluzioni pacifiche ai problemi. Quindi, troviamo le due categorie di persone sui due fronti. Nell'ambito della fede cristiana, abbiamo una lunga tradizione di persone che hanno lavorato per la pace. Ecco perché dobbiamo fondarci su di loro e porli al centro di una comprensione profonda della nostra fede, e poi ripudiare quegli elementi del nostro passato che sono contrari a ciò. Credo che una delle più belle caratteristiche del Pontificato di Giovanni Paolo II sia stata il suo impegno per rendere questo concetto assolutamente evidente: che noi siamo profondamente dispiaciuti per quelle epoche del nostro passato che, in un certo senso, tradiscono il nostro impegno di cristiani per la pace.
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