Il vescovo di San Marino-Montefeltro, mons. Luigi Negri, sottolinea gli effetti del
legame tra Eucaristia e società, illustrati nell’esortazione del Papa "Sacramentum
Caritatis”
L’Esortazione apostolica postsinodale di Benedetto XVI Sacramentum Caritatis
è un insegnamento che il popolo cristiano si aspettava e in cui si riconoscerà con
una profondità immediata. E’ quanto sostiene il vescovo di San Marino-Montefeltro,
mons. Luigi Negri, sottolineando come la centralità dell’Eucaristia, in rapporto alla
Chiesa e ai Sacramenti, si riveli anche fondamento di un’esperienza umana vissuta
negli ambiti sociali, economici e politici della storia. Ascoltiamo lo stesso mons.
Luigi Negri al microfono di Luca Collodi:
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R. - L’Eucaristia è il fondamento dell’ecclesiologia, ma è anche il fondamento
di un’antropologia, di un’esperienza umana che non è vissuta fuori dal tempo ma nella
storia, nelle circostanze economiche, politiche, sociali, ambientali. E' vissuta dentro
la pressione di un’ideologia certamente anticristiana, che è particolarmente forte
e pervasiva in tutto il mondo. Ecco, allora, che da questo fulcro eucaristico nasce
una visione adeguata dell’uomo e della sua realtà e quindi c’è un legame fra l’Eucaristia
e la societas. C’è un legame fra l’Eucaristia e coloro che nella societas si assumono
la responsabilità molto impegnativa di portare questa antropologia adeguata, come
avrebbe detto Giovanni Paolo II, dentro la vita sociale. Ecco perché non c’è da gridare
allo scandalo se da questa centralità dell’Eucaristia vengono tirate conseguenze di
carattere sociale sulla vita della famiglia, sulla sua responsabilità, sui suoi diritti
educativi. Non c’è da scandalizzarsi se vengono tirate delle conseguenze sul fatto
che chi celebra l’Eucaristia non può poi tollerare e consentire leggi che sono evidentemente
eversive dell’antropologia personale e familiare che dall’Eucaristia scaturisce. Quindi,
io credo che dobbiamo essere grati al Papa di questo itinerario compiuto, che va dall’Eucaristia
alla vita sociale o, si potrebbe dire più tradizionalmente, dalla fede alle opere.
D.
- Mons. Negri, non c’è secondo lei il rischio che questa Esortazione apostolica sia
interpretata dalla gente comune come un Cristo che si allontana dalla gente, dalle
esigenze più semplici della persona umana, della vita quotidiana?
R.
- Io credo che sia un Cristo che non si allontani dalla vita della gente e da quella
nostra gente che - come il Papa ha detto al COngresso di Verona - è così legata alla
Chiesa. Questo è un insegnamento che il popolo cristiano si aspettava e si aspetta,
in cui si riconoscerà con una profondità immediata: il popolo cristiano deve poi essere
evidentemente educato dai pastori e dai sacerdoti. Credo invece si allontani da quella
gente da cui Cristo è già lontano o da coloro che si sono allontanati, e che quindi
cercano un’immagine della Chiesa e di Cristo che sia il più possibile corrispondente
alla mentalità dominante. Noi pastori, soprattutto noi, dobbiamo aver cura del popolo,
non della mentalità massmediatica. E’ scontato che la comunità massmediatica giudicherà
negativamente questo documento, come alcuni documenti della Chiesa di questo Papa
o dei predecessori. Ma la preoccupazione per noi è fare di questa esortazione il fulcro
di una vera catechesi e, quindi, di una vera pastorale.
D.
- Mons. Negri, la società civile potrebbe dare una lettura politica, ideologica, di
questa Esortazione di Papa Benedetto XVI…
R. - Certamente
la darà, ma anche a questo livello noi dobbiamo insistere con il Santo Padre che noi
non vogliamo imporre alla società nessuna visione. Noi poniamo nella società la nostra
visione. E’ dovere di coscienza porre nella società questo pensiero alto. Noi saremmo
infedeli a noi stessi e, soprattutto, non ameremmo la società se non mettessimo dentro
la società questo pensiero alto. E’ questo impatto con il pensiero alto della Chiesa
che ha poi fatto camminare non solo la Chiesa, ma tutta la società verso una visione
della umanità certamente meno barbara e meno involuta di quella di partenza. **********