Sulla beatitudine dei puri di cuore, la meditazione di Quaresima del predicatore
della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa
La prima meditazione di Quaresima, alla presenza del Papa e della Curia Romana, è
dedicata alla Beatitudine dei puri di cuore. Il predicatore della Casa Pontificia,
padre Raniero Cantalamessa, sottolinea come istintivamente si sia portati a pensare
che la virtù della purezza sia l’equivalente del sesto comandamento: “Non commettere
atti impuri”. “Ma la purezza del cuore - aggiunge padre Cantalamessa - non indica,
nel pensiero di Cristo, una virtù particolare, ma una qualità che deve accompagnare
tutte le virtù”. Il suo contrario più diretto non è quindi l’impurità, ma l’ipocrisia.
Il servizio di Amedeo Lomonaco:
************* L’ipocrisia
è il peccato denunciato con più forza da Dio nella Bibbia perché declassa Dio, lo
mette al secondo posto, collocando al primo le creature. “Coltivare l’apparenza più
che il cuore - ha avvertito padre Cantalamessa - significa dare più importanza all’uomo
che a Dio”. L’ipocrisia è dunque essenzialmente mancanza di fede ma è anche “mancanza
di carità verso il prossimo, nel senso che tende a ridurre le persone ad ammiratori”.
“Il giudizio di Cristo sull’ipocrisia - ha ricordato il predicatore - è senza appello”:
gli ipocriti hanno già ricevuto la loro ricompensa. Una ricompensa - aggiunge - che
si rivela illusoria anche sul piano umano perché “la gloria fugge chi la insegue e
insegue chi la fugge”:
“Da questo appare che il puro per eccellenza - ne
è esistito uno solo sulla faccia della Terra - è Lui stesso: è Gesù. Infatti, le Beatitudini
sono l’autoritratto di Gesù, quello che Lui era e che propone agli altri. Di Lui,
i suoi avversari sono costretti a dire: Sappiamo che sei veritiero, non ti curi di
nessuno, infatti non guardi in faccia gli uomini, ma secondo verità insegni la via
di Dio. Questo è il ritratto del puro di cuore”.
Le tre direzioni in cui
la Beatitudine dei puri di cuore è stata recepita dai Padri della Chiesa, sono l’interpretazione
morale, l’interpretazione mistica e quella ascetica. In chiave morale, la Beatitudine
dei puri di cuore è “schiettezza che si oppone all’ipocrisia”: consiste infatti nel
rifiuto di praticare la giustizia davanti agli uomini per essere ammirati. La Beatitudine
è interpretata anche in funzione della contemplazione: bisogna purificare il cuore
per renderlo specchio nel quale riflettere l’immagine di Dio. L’interpretazione ascetica
si riferisce alla castità interiore del cuore: essa chiude il cuore “alle cose terrene
e ai fallaci allettamenti, mentre lo apre alle cose celesti e alla verità”. Queste
interpretazioni - sottolinea padre Cantalamessa - rimangono fedeli all’impostazione
di Gesù e riconducono tutto il discorso al cuore, all’interiore. Dopo l’esegesi, il
predicatore della Casa Pontificia attualizza la Beatitudine dei poveri di spirito.
“L’ipocrisia - fa notare - è oggi il vizio più diffuso e meno confessato e questa
tendenza all’ipocrisia è accresciuta enormemente nella cultura dominata dai mass media”,
che rende difficile distinguere gli avvenimenti reali dalla loro rappresentazione.
Sentiamo padre Cantalamessa:
“Il fatto nuovo e inquietante di oggi è che
si tende ad annullare questo divario, trasformando la vita in uno spettacolo. E non
parliamo dei reality showche sembra che imperversino sulle televisioni
di tutto il mondo e stanno creando una mentalità, uno stile di vita. Lì si tende a
far coincidere la vita con lo spettacolo.
Il richiamo all’interiorità
- conclude padre Cantalamessa - “è un invito ai credenti a non lasciarsi travolgere
da questa tendenza”, che svuota la persona riducendola a un’immagine, a un simulacro. *************