2007-03-09 11:10:49

Approfondire i legami di amicizia del popolo cinese con il pensiero cristiano: l’auspicio del Papa in un telegramma al convegno su Matteo Ricci, all'Università di Macerata


Il convegno internazionale su Matteo Ricci in corso a Macerata “contribuisca ad approfondire i legami di amicizia del popolo cinese con il pensiero cristiano”: è l’auspicio di Benedetto XVI, che in un telegramma - a firma del cardinale segretario di Stato, Tarcisio Bertone - loda l’iniziativa culturale promossa dall’Università della città marchigiana e dall’Accademia Cinese delle Scienze Sociali di Pechino. Il gesuita Matteo Ricci, si legge nel telegramma, è stato un precursore del legame di amicizia tra Cina e cristianesimo, “favorendo un fecondo dialogo tra la cultura cinese e quella europea”. Tra i relatori al convegno, che si chiude stasera, anche il missionario del PIME, padre Angelo Lazzarotto, profondo conoscitore della realtà cinese, che nell’intervista di Alessandro Gisotti si sofferma sull’eredità di Matteo Ricci nella Cina del XXI secolo: RealAudioMP3
 

 **********R. - Direi che, tra gli intellettuali della Cina, Matteo Ricci è certamente una conoscenza molto affermata. Molti cercano le ragioni per cui l’Occidente si è affermato attraverso i secoli in una maniera così continua, e trovano che le ragioni siano nelle radici del cristianesimo, cosa che noi stiamo purtroppo dimenticando qui in Europa. Al centro di questa riflessione, scoprono che il cristianesimo era sconosciuto per tanto tempo o poco noto alla civiltà cinese, che era un po’ chiusa in se stessa. Poi, vi è venuta in contatto grazie alla figura di Matteo Ricci, che per questo motivo è molto conosciuto. E’ significativo che la tomba di Matteo Ricci a Pechino sia stata restaurata dopo le devastazioni da parte delle Guardie Rosse, e sia oggi conservata all’interno della Scuola centrale del Partito comunista cinese.

 
D. - Un recente studio dell’Università di Shangai ha messo in luce la rinascita del sentimento religioso in molti cinesi. Cosa ne pensa?

 
R. Credo che questa sia veramente una risposta alla devastazione che la corsa alla modernizzazione e quindi all’arricchimento ha portato in Cina in questi ultimi decenni. C’è un capitalismo selvaggio che ha svuotato l’anima di molti cinesi, specialmente dei giovani. Come reazione, ci si accorge che il denaro non basta, che la vita è qualcosa d’altro. E allora, ci si interroga sul perché della vita e riemergono le religioni tradizionali - il buddismo, il taoismo - ma anche il cristianesimo. Tant’è vero che anche all’interno del Partito comunista cinese, che per statuto proibisce ai propri aderenti qualsiasi pratica e appartenenza religiosa, ci sono molti membri a cui non basta più l’ideologia marxista.

 
D. - In tale contesto, quali prospettive intravede per i cristiani in Cina, anche considerando le aperture manifestate più volte dalla Santa Sede?

 
R. - Direi che proprio perché il cristianesimo da sempre mette al centro della propria attenzione la persona umana, perché è il capolavoro di Dio, è interessante che - per esempio - tra quanti si sono convertiti, ci siano persone che si sono fatte campioni dei diritti umani, proprio in base a questa loro nuova fede che hanno riscoperto nel cristianesimo. Quindi, direi che la Chiesa, o comunque il cristianesimo, può portare una primavera nuova, una fase nuova alla civiltà cinese che si è arricchita in questo contesto della globalizzazione, e che sta diventando protagonista nel mondo. E qui si vede come sia stato lungimirante Giovanni Paolo II in tutti i messaggi che nei passati tre decenni ha rivolto alla Cina, al di là delle polemiche che emergevano dalle situazioni concrete. Papa Wojtyla ha sempre cercato di tendere la mano per dire: “Vogliamo lavorare insieme per il bene del popolo cinese e per il futuro del mondo”. E questa credo sia la strada che anche Papa Benedetto XVI sta percorrendo.
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