2007-03-02 20:13:04

Albania/Italia: Visita a Tirana di una delegazione CEI


TIRANA, 3mar07 - “Nonostante la crescente secolarizzazione e l’imporsi dei costumi occidentali, il senso religioso dei giovani in Albania è ancora forte”. È il parere di mons. George Frendo, vescovo ausiliare di Tirana-Durazzo, che ieri ha incontrato la delegazione della Conferenza episcopale italiana in visita nei Balcani per promuovere l’“Agorà dei giovani del Mediterraneo”. “A Tirana – ha spiegato mons. Frendo - arrivano studenti universitari da tutta l’Albania, vivono nei convitti e vanno nelle loro case solo nel fine settimana. Ma la domenica sera ritornano per partecipare all’incontro dei giovani”. Circa le necessità dei giovani vi è stato uno scambio di vedute anche con il direttore di Caritas Albania, Tom Preku. “Come Caritas stiamo lavorando sulla diffusione delle ‘buone pratiche’, soprattutto verso i giovani”, ha spiegato il direttore. “È molto importante – ha sottolineato Preku – far capire come funziona la democrazia: qui hanno ancora una mentalità del potere legata al passato e agli anni della dittatura. Trasferire ai giovani ‘buone pratiche’ può accelerare lo sviluppo e l’integrazione, anche in un’ottica europea”. Per questo il direttore della Caritas “apprezza” e offre “pieno sostegno” all’Agorà del mediterraneo, come occasione di “interazione tra giovani di diversi Paesi e differenti culture”. La delegazione della CEI ha incontrato anche il nunzio apostolico in Albania, mons. Giovanni Bulaitis. “In Albania manca il clero locale – ha osservato l’arcivescovo -, oltre 150 sacerdoti hanno perso la vita negli anni del regime e oggi i sacerdoti presenti sono per la maggior parte missionari”. Il presule si è poi soffermato sul rapporto tra lo stato albanese e le confessioni religiose. “Le istituzioni faticano a distinguere tra organizzazioni non governative, enti ecclesiastici, come pure tra confessioni religiose e sette. Non sanno riconoscere le peculiarità di ogni Chiesa, e così si arriva a dei paradossi”: i convitti e le case per gli indigenti gestite dalle suore “sono stati accomunati, a livello fiscale, agli alberghi, con la giustificazione che ‘producono business’, senza capire che si tratta di un servizio pubblico e non di un’attività lucrativa”. Vi è un accordo tra lo Stato e la Chiesa cattolica, ma la sua applicazione “è resa ancora difficile dai funzionari locali”.
(Sir –MANCINI)








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