2007-02-19 15:49:37

Messaggio del patriarca Sabbah per la Quaresima


(19 febbraio 2007 - RV) La Quaresima ricorda al cristiano che situazioni come l’occupazione militare, la limitazione della libertà, la mancanza di sicurezza, la violazione delle leggi possono essere trasformate in occasione di vita nuova. E’ in sintesi quanto scrive nel suo messaggio per la Quaresima 2007, il Patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, che indica anche un mezzo concreto di conversione: il digiuno. “Con Gesù – si legge nel messaggio, citato dall’agenzia Sir – andiamo nel deserto di Gerico (città che è una prigione, come tutte le città palestinesi, simbolo del conflitto diventato nostro ambiente di vita), digiuniamo per riconciliarci con Dio, con i nostri amici e nemici; digiuniamo per rinnovare l’accettazione della nostra fede. La fede autentica allontana la paura e rende il credente capace di costruire il bene comune”. Il Patriarca ribadisce che “la vocazione del cristiano, quella di essere lievito nella terra di Gesù, ci chiede di restare in questi luoghi santi e vivere il comandamento dell’amore, perdonare, reclamando i diritti perduti e condividere beni e sacrifici con tutti”, senza differenza di religione e nazionalità. Mons. Sabbah si sofferma poi sul conflitto in Palestina, che ha ripercussioni anche in Israele e Giordania. All’“occupazione, la limitazione della libertà, il muro, le barriere, i militari israeliani che entrano in ogni momento nelle città palestinesi, uccidono, fanno prigionieri, sradicano alberi e demoliscono case” – denuncia il Patriarca latino di Gerusalemme – vanno aggiunte “la mancanza di visione all’interno della società palestinese, la mancanza di sicurezza, sfruttata da alcuni per violare le leggi e opprimere i loro fratelli, l’incapacità della comunità internazionale di rispondere alle molteplici voci di pace che si levano dalla regione”. Davanti a ciò, “la Quaresima ricorda al cristiano che questa situazione può rivelarsi una condizione di morte o di vita nuova”. Di qui, l’invito a digiunare per “ricercare la volontà di Dio nelle prove attuali, rinnovare il nostro amore gli uni verso gli altri e per vedere il senso di questi avvenimenti e capire come convertirli in amore reciproco. Non per demolire l’avversario o nutrire rancore verso di lui – conclude mons. Sabbah – ma per mettere fine all’occupazione, all’oppressione e vivere una vita nuova”.







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