2007-02-09 15:20:01

Una ferita inferta al matrimonio: così mons. Menichelli all'indomani dell'approvazione dei DICO sulle coppie di fatto. Per il giurista D'Agostino il DICO appare alternativo al matrimonio. La posizione della CEI in una nota dell'agenzia SIR


(9 febbraio 2007 - RV) In Italia, via libera, ieri, del Consiglio dei Ministri al controverso disegno di legge Bindi-Pollastrini sulle coppie di fatto. Non si tratta degli annunciati PACS, ma dei cosiddetti DICO, cioè i “Diritti e doveri delle coppie di conviventi”. Alla riunione dell’esecutivo non ha partecipato il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, contrario al provvedimento. Soddisfatta la maggioranza. Dure critiche dall’opposizione di centro-destra. Il testo passa ora al Senato. Il servizio di Giampiero Guadagni: RealAudioMP3

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“Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”, si intitola così il disegno di legge varato ieri dal governo che tutela i diritti delle unioni di fatto sia di natura eterosessuale, sia di natura omosessuale. I conviventi non verranno registrati all’anagrafe come coppia, secondo quanto scritto nella prima bozza, ma ciascuno farà una dichiarazione di convivenza per certificare il suo stato. Saranno necessari tre anni di convivenza per la tutela del lavoro e per i contratti di affitto, nove anni invece per i diritti di successione. Al Consiglio dei Ministri non ha partecipato il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, in aperto dissenso sui contenuti del provvedimento. Soddisfazione nel resto della maggioranza, a partire dal premier Prodi. “E’ una legge di civiltà”, affermano i ministri Rosy Bindi e Barbara Pollastrini, estensori del provvedimento, per i quali non si dà vita a matrimoni di serie B. Durissime le critiche dell’opposizione di centro-destra, che accusa il governo Prodi di demolire la famiglia con una legge inutile e sbagliata, che sarà bocciata al Senato. Proprio a Palazzo Madama inizierà il rito parlamentare del provvedimento. Il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Chiti, assicura che non sarà posta la fiducia e ci sarà ampio spazio per il confronto.

Per la Radio Vaticana, Giampiero Guadagni.
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Giudizio “nettamente negativo” sui DICO viene espresso oggi dall’agenzia SIR, il Servizio di Informazione Religiosa della Conferenza Episcopale Italiana. I DICO, si legge in una nota, appaiono destinati a produrre “sul cruciale piano delle politiche sociali e di solidarietà problemi più gravi di quelli che ci si ripromette di affrontare”. Il testo normativo, prosegue la nota, minaccia di “incidere pesantemente” sul futuro della società italiana “sia dal punto di vista giuridico, sia a livello culturale e di costume sia, infine, nella concreta ricaduta sulla vita delle famiglie italiane”. D’altro canto, avverte l’agenzia SIR “non ci si può poi nascondere – persino prescindendo, per un momento, dagli aspetti lessicali e contenutistici del testo del DDL – il fortissimo impatto sull’opinione pubblica delle premesse ideologiche dell’iniziativa che è stata assunta”. In conclusione, per l’agenzia dei presuli italiani “si parla di DICO ma si pensa a PACS, e soprattutto si prefigura una escalation legislativa in questo senso”.

Le preoccupazioni espresse dall’agenzia SIR vengono ribadite dall’arcivescovo di Ancona-Osimo, Edoardo Menichelli, membro della Commissione episcopale della CEI per la Famiglia e la Vita, intervistato da Alessandro Gisotti: RealAudioMP3

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R. – Credo che la preoccupazione fondamentale possa essere riassunta con una parola, una specie di ferita che si percepisce nei confronti del matrimonio. Tutto questo può costituire una sorta di apertura verso progetti che non corrispondono minimamente né al nostro sentire cristiano, né al diritto naturale, né, posso anche dire, al dettato costituzionale.

D. – Mons. Menichelli, il Disegno di legge fa riferimento fin dalla prima riga dell’art. 1 a conviventi dello stesso sesso. Lei teme che questa legge sia un passo, in realtà, per arrivare ad una parificazione tra coppie omosessuali e coppie eterosessuali?

R. – Indubbiamente, il timore c’è. L’importante è essere capaci di non oltrepassare un certo tipo di limite. Il timore, la preoccupazione c’è, perché non vorrei che si stabilisse anche su questo fatto quanto purtroppo precedentemente abbiamo sopportato e sentito e cioè dire: “Non lo faccio per me, lo faccio per quanti...”. Tutto questo sarebbe veramente un grave pericolo!

D. – Lei in questo Disegno di legge intravede quel relativismo, tante volte denunciato da Benedetto XVI, ma anche, con forza, dal suo predecessore Giovanni Paolo II?

R. – Certamente! E’ un relativismo etico, che poi è figlio di un soggettivismo etico: vedere il tutto riferito a se stessi, ad una sorta di autonomia. Certamente ci vuole il rispetto della persona, ma occorre che la persona abbia anche una coscienza formata, retta e illuminata dalla ragione e dalla fede.

D. – C’è il rischio che una legge come questa incida sul sentire della gente, indebolendo la famiglia già in difficoltà?

R. – Il rischio c’è. Credo che sia necessario impegnarsi da parte di tutti, anche da parte delle persone che non hanno la fede cristiana, ma riconoscono nel matrimonio una sorta di vocazione naturale nel rapporto di un uomo e di una donna.

D. – Quali iniziative concrete può assumere la Chiesa italiana per promuovere il valore della famiglia nella società?

R. – Sulla famiglia, la pastorale non dico che si giochi tutto, ma molto di essa passa e incrocia la famiglia. Bisogna dare a questo soggetto tutti gli appoggi e tutti quei nutrimenti, quell’accompagnamento, che consenta alla realtà familiare di essere così, come Dio l’ha voluta, e come i tempi richiedono. Alla famiglia chiediamo tutto, ma non so se alla famiglia diamo tutto quello che dobbiamo dare! Questi progetti di legge, questi orientamenti politici, occorre che diventino essi stessi per i cristiani una sorta di forza in più per dire: “Vivete la santità del matrimonio”, perché spesso le ferite al matrimonio vengono, purtroppo, anche da quanti affermano di essere cristiani e poi, per motivi particolari, che io non giudico, portano delle ferite alla realtà del matrimonio. Portano a quel dissesto della famiglia, i cui frutti negativi poi li abbiamo sotto gli occhi di tutti.
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Dal canto suo, il ministro della Famiglia, Rosy Bindi, ha sottolineato che l’istituto del DICO è differente dal PACS. Quale dunque l’idea di fondo di questo disegno di legge? Alessandro Gisotti lo ha chiesto al prof. Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani: RealAudioMP3

 **********R. – L’idea di fondo di questo Disegno di legge, a mio avviso, la percepiamo non tanto nell’acronimo DICO che è stato utilizzato, direi anche in maniera piuttosto sottile, ma nel fatto che nell’art. 1 di questo Disegno di legge si parla di convivenze a base affettive. Questo è un punto molto ambiguo, perché c’è una normale affettività familiare, come quella che ci può essere anche tra genitori e figli, che evidentemente non è l’affettività cui si vuole riferire il legislatore con questo Disegno di legge. E’ evidente che questo disegno di legge vuole istituzionalizzare le convivenze sessuate ed è proprio per questo che l’Istituto del DICO appare concorrenziale e addirittura alternativo rispetto al matrimonio.

D. – Professore, è questo l’aspetto più controverso di questo disegno di legge?

R. – Con questo disegno di legge si vuole andare al di là della regolamentazione delle esigenze sociali delle convivenze. Si vuole, appunto, regolare un particolare tipo di convivenze, le convivenze affettive, le convivenze sessuate, quelle convivenze che implicano una autentica comunione di vita. Se questo è vero dobbiamo allora ricordare che il matrimonio è tradizionalmente l’istituto giuridico che assolve a questa esigenza. Porre accanto al matrimonio un altro istituto, che si prefigge di regolamentare convivenze affettive e sessuate, significa introdurre nell’ordinamento fortissimi elementi di squilibrio e alterazioni dell’istituto matrimoniale. In poche battute: d’ora in poi – se verrà approvato questo disegno di legge – le future coppie si porranno la domanda: “Ricorriamo al matrimonio o ricorriamo al DICO?”, perché questa diventerà una alternativa reale. Siccome il DICO è sicuramente molto più fluido, molto meno strutturato del vincolo matrimoniale, si può prevedere che colpirà non tanto il matrimonio religioso e sacramentale, che implica un disegno di vita che sicuramente non sarà scalfito dal riconoscimento del DICO, ma verrà colpito il matrimonio civile, che però è un‘istituzione sociale che merita rispetto e merita tutela.
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 Anche in Colombia si discute a livello politico su famiglia ed unioni civili. Con una sentenza del 7 febbraio scorso, la Corte costituzionale colombiana ha sancito i diritti patrimoniali delle persone dello stesso sesso che abbiano convissuto almeno due anni. “E’ pacifico che le persone omosessuali debbano avere gli stessi diritti di qualsiasi cittadino, ma ciò non deve avvenire tramite una sorta di matrimonio camuffato”. Questo il commento dell’arcivescovo di Tunja, e presidente della Conferenza episcopale della Colombia, mons. Luis Augusto Castro Quiroga. Il presule ha inoltre manifestato la sua sorpresa ricordando che “nel Parlamento si sta discutendo con spirito democratico la questione e, in questa sede, tutte le opinioni possono essere manifestate e ascoltate”. Dal canto suo, la stessa Corte ha voluto precisare che la sua sentenza non autorizza in alcun caso il cosiddetto “matrimonio omosessuale”.







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