La Thailandia intenzionata a costruire un muro al confine con la Malaysia
La Thailandia è intenzionata a costruire un muro nella zona della guerriglia musulmana
e separatista a sud del Paese, al confine con la Malaysia. Lungo 27 chilometri, dovrebbe
impedire il traffico delle armi che arrivano ai ribelli musulmani del luogo. Negli
ultimi tre anni sono morte in queste zone oltre 2 mila persone in una serie di agguati
e violente reazioni dell’esercito. Ma qual è la storia di questo muro? Salvatore Sabatino
lo ha chiesto a Francesco Sisci, corrispondente del quotidiano “La Stampa” da Pechino:
*********** R.
– L’idea pare sia venuta al premier precedente, quello deposto con il colpo di Stato
del settembre scorso. In tutta onesta, però, si trattava di una idea sempre ventilata,
ma che poi non è stata mai portata avanti. Adesso il nuovo governo instaurato dopo
il colpo di Stato e sostenuto dai militari, invece, sembra molto più determinato e
più deciso a costruirlo e a portare a termine questa opera.
D. – Non si rischia
con la costruzione di questo muro di rompere l’equilibrio tra i generali golpisti
e gli insorti del sud?
R. – Questo è senz’altro vero e credo che, in realtà,
questo equilibrio sia stato già rotto: i generali golpisti che pensavano di poter
trovare una soluzione alla questione del sud, stanno in realtà fallendo miseramente
e se costruiscono il muro – come pare sia loro intenzione – la situazione andrà soltanto
a peggiorare e non certo a migliorare.
D. – Ci puoi disegnare un po’ il quadro
sociale di questa parte della Thailandia? C’è davvero bisogno di questo muro?
R.
– I muri sono difficili da giudicare e l’utilità storica di questi muri è sempre stata
dubbia. Certo c’è un problema vero: c’era un traffico di armi che partiva, almeno
cinque o sei anni fa, dal sud della Thailandia per raggiungere i ribelli musulmani
di Aceh, che è la zona musulmana di Sumatra, in Indonesia. Con un accordo a tre e
cioè tra Thailandia, Malaysia ed Indonesia questo traffico è stato intercettato, interrotto
e quindi bloccato. In realtà quelle armi che non sono più arrivate in Indonesia sono
rimaste in Thailandia e sono finite, in parte, nelle mani di gruppi di ribelli locali.
D. – C’è il rischio di pesanti ricadute sul settore turistico, che è poi il
vero motore economico della Thailandia?
R. – Questo è certamente uno dei timori.
Ci sono stati, tra l’altro, attentati dinamitardi a Bangkok all’inizio del nuovo anno
e, in qualche modo, i terroristi sono sbarcati quindi nella capitale thailandese.
E’ possibile che nuovi attentati possano colpire anche i centri turistici della Thailandia.
E’ una situazione grave e delicata che se non viene ben gestita può rovinare economicamente
tutta la Thailandia, che si regge poi per larga parte proprio sul flusso turistico
che è presente tutto l’anno. **********