2007-02-07 15:54:26

La maschera di carnevale raffigurante Gesù: segno del sistematico dileggio culturale del sacro oggi di moda


(7 febbraio 2007 - RV) Ha suscitato numerose reazioni critiche, la settimana scorsa, la scoperta che in un negozio di Verona fossero in vendita maschere di carnevale che riproducevano il volto di Gesù con la corona di spine. L’episodio, stigmatizzato con amarezza da mons. Flavio Roberto Carraro, vescovo della città scaligera, ha portato poi la ditta distributrice a ritirare il prodotto dal mercato e a rivolgere le sue scuse alla Curia veronese. Ma un’inchiesta giornalistica apparsa su un quotidiano italiano ha dimostrato che la vendita di costumi simili è comunque diffusa da qualche anno in Italia e all’estero. Segno di quel cinismo intollerante, come ha più volte detto il Papa, che alimenta un “sistematico dileggio culturale” del sacro e che sembra essere sempre più di moda in questo tempo. Ma quale dovrebbe essere la reazione della comunità cristiana? Fabio Colagrande l’ha chiesto a mons. Velasio De Paolis, missionario scalabriniano, segretario del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica: RealAudioMP3


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R. – La prima reazione dovrebbe essere anzitutto, da parte di noi cattolici, quella di non lasciarci assolutamente coinvolgere nel discorso della superficialità, oppure, peggio ancora, nel discorso della cosiddetta tolleranza, perché stranamente questa tolleranza viene invocata sempre nei confronti dei cattolici quando vengono offesi. Allora si dice: “dovete avere tolleranza per coloro che non credono, tolleranza per tante cose. La società oggi è fatta così”. Noi cattolici, pur non pretendendo nulla, abbiamo però il dovere e il diritto che il rispetto, dovuto alle religioni in genere, e anche alla nostra fede, ci sia. Tolleranza non vuol dire libertà di offendere e libertà di schernire la religione, soprattutto di Colui che è alla base di tutto, di Gesù Cristo, Figlio di Dio.


D. – Quindi, eccellenza, in questo caso la mitezza cristiana come deve comportarsi?


R. – La mitezza è sempre necessaria, come pure l’amore. Ma la mitezza e l’amore hanno tanti volti. Anche Gesù nel Vangelo ha mostrato atteggiamenti che a prima vista possono apparire violenti, come quando ha cacciato i venditori dal Tempio, come quando ha reagito contro personaggi che si credevano intoccabili e quando c’era l’offesa verso i bambini. L’amore ha anche il volto della fermezza e della indignazione a certe situazioni offensive, scandalose e, peggio ancora, blasfeme.


D. – Lei valuta anche una differenza di comportamento, per il fatto che il bersaglio di certi gesti di scherno sia il simbolo di una religione o di un’altra?


R. – Il volto di Dio mite fa sì che lo si bestemmi, mentre il volto di un Dio accigliato o iroso incute paura. Quindi, umanamente parlando, nell’uomo soprattutto meschino, la misericordia presta facilmente il fianco al disprezzo, piuttosto che al rispetto. Ma questa è una componente che fa parte della debolezza dei mezzi divini, della grazia, del volto di Dio, fatto uomo, con cui noi dobbiamo fare i conti, perché purtroppo, l’uomo meschino approfitta della persona debole – basti pensare alla Passione del Signore e a cosa hanno fatto gli uomini nei confronti di Gesù sofferente – mentre ha paura di chi si difende in modo molto forte, con ira, con vendetta. Noi non possiamo avere la vendetta nel cuore, tanto meno l’odio, ma una certa fermezza dell’amore è pur necessaria.
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